Carlentini, il parroco della chiesa Santa Tecla don Alfredo Andronico nell’omelia: “la Speranza non delude…”

Carlentini, il parroco della chiesa Santa Tecla don Alfredo Andronico nell’omelia: “la Speranza non delude…”

CARLENTINI – Il parroco della chiesa di Santa Tecla don Afredo Andronico e il vice parroco don Daniele Baggieri, per la prima domenica dopo le disposizioni del Governo e della Conferenza Episcopale Italiana sul divieto della celebrazione eucaristica, hanno celebrato questa mattina, alle 11, la Messa, senza fedeli, ma  in diretta facebook sulla pagina di Radio Una Voce Vicina inBlu, per arrivare direttamente ai fedeli. Ecco il testo dell’omelia.

Cari Fratelli e care Sorelle,

la liturgia della III domenica di Quaresima ci permette di riflettere in maniera interessante sul momento di angoscia e di timore che stiamo vivendo a livello mondiale. Essa ci ricorda che non è cosa irriverente nei confronti di Dio porsi una domanda di senso circa la nostra esistenza e il nostro cammino su questa terra.

Gli Israeliti chiedono a Mosè: perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame? Essi hanno sperimentato l’ebbrezza della libertà, hanno sperimentato che Dio non li vuole schiavi, anzi! Egli li ha aiutati con segni prodigiosi a conquistare quello di cui avevano bisogno… tuttavia, adesso sperimentano nuovamente la piccolezza della loro natura… la sete si fa sentire; il deserto (metafora della vita terrena) si fa impervio, pericoloso… ciò fa sì che il loro cuore diventi incredulo… Ma questo non durerà per molto, Dio stesso fa scaturire per loro acqua dal luogo da cui meno se lo aspettano, la roccia. Oggi la nostra domanda di senso si fa imperante: Perché tutto questo? Dov’è Dio in questo momento? Badiamo bene a non lasciar spazio a coloro che cercano di dare una risposta frettolosa alla nostra domanda… ciò non appartiene alla pedagogia di Dio… lo stesso Mosè non sa che fare, gli Israeliti ci metteranno quarant’anni per comprendere che Dio è loro alleato e più volte si lasceranno travolgere dalla loro incredulità. Badiamo di non prestar fede a coloro che ci propinano “un castigo a buon mercato” o una visione politica della storia che porta solo “acqua al loro mulino”… sono dei mercenari, ladri e briganti, che tentano di speculare sulla sofferenza della gente e non hanno capito nulla dell’agire di Dio.

L’agire di Dio è ben espresso da Paolo nella seconda lettura: la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Sì, avete sentito bene: la speranza non delude… la domanda sorge spontanea: come possiamo parlare di speranza in tempo di pestilenza? Proprio in questo tempo in cui la nostra stessa via e quella dei nostri cari è minacciata dalla malattia e dalla morte? La risposta a questo la troviamo sempre in Paolo: Dio dimostra il suo amore verso di noi, perché mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. La morte e risurrezione di Cristo, il mistero pasquale che celebriamo oggi in giorno di domenica, ci ricorda due cose:

  1. Che Dio, in Gesù Cristo, è vicino alla nostra sofferenza e alle nostre fatiche, egli ha voluto prendere su di sé la problematicità dell’umana natura, farsi prossimo ad essa e redimerla: Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio dice la seconda lettera ai Corinzi;
  2. Che la sofferenza e la morte non possono essere l’ultima parola sulla nostra esistenza, che è opera delle mani di Dio: Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo dice la lettera ai Romani.

E arriviamo così al Vangelo di oggi, che in maniera magistrale esplicita questi concetti e in maniera, direi, esistenziale ci rimette in contatto con la Verità che è Gesù Cristo stesso.

Gesù è affaticato per il cammino e, nella calura di mezzogiorno, cerca un momento di frescura presso un pozzo. Si avvicina una donna samaritana ad attingere acqua. Notate: una donna e, per di più, samaritana. Potremmo parafrasare, usando le categorie dell’epoca: un essere che non ha diritti sociali e che appartiene a un popolo di scomunicati…  Proprio a questa donna egli restituisce speranza e consolazione: chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Che cos’è dunque quest’acqua? È il dono della fede, della speranza e della carità… tutte virtù che vengono da Dio e che ci permettono di vivere in pienezza la nostra vita, nell’attesa dell’incontro definitivo con il Signore. Fede, speranza e carità ci ricordano che perché il Signore ci doni il Paradiso, dobbiamo costruire già il Paradiso su questa terra, dove invece tante volte siamo tentati di vedere e costruire soltanto inferno… come è possibile questo, che cosa ci è chiesto? Almeno tre cose:

  1. Una purificazione dello sguardo, che ci faccia riconoscere che la nostra vita è dono Dio, di quel Dio che ha voluto redimere noi e gli altri; ciò in un momento di paura come questo, in cui facciamo fatica anche a salutare da lontano con un cenno della mano il nostro fratello, perché vediamo in lui solo un possibile portatore del virus e non una meraviglia del Creatore…
  2. L’uscire dai nostri legalismi per entrare in una logica del dono. È cosa indubbia che le prescrizioni del governo e dei vescovi, date per il nostro bene fisico, ci stanno facendo soffrire. Il non poter avere una vita sociale, e anche religiosa, piena sta facendo venir fuori tutte le nostre nevrosi… ma a questo punto sorge palese la domanda: quello che facciamo nella vita, lo facciamo in un’ottica di autoreferenzialità o lo facciamo per il bene nostro e del mondo intero? Questa Quaresima vissuta in maniera particolare, nella tragicità della situazione, può divenire un momento favorevole per farci riscoprire che la nostra vita è dono di Dio e che in quanto tale non può che farsi dono. Così come il cibo materiale, la stessa Eucaristia è dono e siamo chiamati a non dare mai nulla per scontato. Usciamo, dunque, dalla logica del fare ed entriamo nella logica dell’essere… dell’essere dono di Dio.
  3. L’accoglienza della provocazione: la samaritana, animata dal desiderio di risolvere il problema fisiologico della sete, dice a Gesù: Dammi subito di quest’acqua. E Gesù risponde che è lui stesso l’Acqua, la risposta alla sua sete: Sono io che ti parlo… Questa donna scopre così che c’è uno che conosce il suo cuore, le sue angosce e le sue gioie, e vuole salvarla. Il bisogno di quel momento diventa relazione, apertura alla trascendenza… l’accoglienza di Gesù fa sì che la sua storia, fatta di peccato, diventi storia di salvezza. Il desiderio che in questo momento sentiamo di cercare Dio, anche se per bisogno, ci apra ad una relazione che duri nel tempo, che ci faccia riconoscere che senza di lui non possiamo far nulla… perché è lui il Salvatore del mondo.

Cari fratelli, amati nel Signore, viviamo dunque questo momento con la consapevolezza che Dio non ci abbandona, facendoci forza e coraggio, prendendoci cura di noi stessi e della nostra salute, fisica e spirituale, perché questo tempo difficile passerà… la luce della Pasqua splenderà su di noi e avremo modo di vivere la nostra vita in una luce nuova che non ci farà più dare più nulla per scontato: la bellezza del creato, la ricchezza delle relazioni, la grandezza dell’amore di Dio…

Maria Santissima e tutti i Santi del Cielo intercedano per noi e ci ottengano protezione e salvezza.

Così sia

 

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