In rotazione radiofonica dal 31 luglio, “Marcinelle” è il nuovo singolo di Nanco pubblicato a ridosso dell’anniversario del disastro di Marcinelle, avvenuto la mattina dell’8 agosto 1956 nella miniera di carbone belga Bois du Cazier.
«Penso sempre al mio bisnonno, al suo fiatone nel salire le scale, ai suoi occhi neri come il carbone che era andato a scavare in Belgio, tanti anni fa, quando gli immigrati eravamo noi. Questa canzone vuole ricordare la storia sua e degli altri minatori, compresi quelli che morirono nel disastro di “Marcinelle”».
È una storia senza lieto fine quella raccontata dal cantautore teramano: “Morivano sottoterra dove potevano anche lasciarli perché quando si è morti si va sottoterra in ogni modo. Per lo meno, quello era il loro posto: dove li aveva messi il destino e il governo che sono la stessa cosa”. “Marcinelle” non è un brano da ascoltare sotto la doccia: è una canzone impegnata che pretende un ascolto attento ed empatico. La scrittura di Nanco procede per immagini e si caratterizza per una schiettezza capace di scuotere le coscienze. E in questo richiama tantissimo il Guccini de “L’avvelenata”.
«Per ogni minatore un sacco di carbone;
il canarino è morto, non respira più».
Sorprendente in Nanco è la capacità di racconto. Potremmo definirlo, senza troppi indugi, un vero e proprio “cantastorie”: uno di quelli che ascolteresti per tutto il giorno senza mai stancarti. Il cantautore abruzzese è riuscito, infatti, a narrare il disastro di Marcinelle con estrema delicatezza, entrando in punta di piedi in una storia che in qualche modo è anche la sua. La pillola non è stata, dunque, addolcita; semplicemente non è stato posto l’obbligo di ingerirla. È la gentilezza d’animo di Nanco ad arrivare dritta al cuore insieme al ricordo di chi in quella miniera ha perso la vita.
«Mentre mi trovo qui e ho tutti gli occhiali neri
che il carbone non lo respiri,
poi salta tutto e muori»
La realizzazione del singolo annovera artisti di origine abruzzese. L’arrangiamento è stato, infatti, curato dal teramano Enrico Melozzi, fondatore e direttore dell’”Orchestra Notturna Clandestina”, mentre la cover grafica è opera di Massimo Carulli, originario di Scerni (CH).
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