Mi pare ovvio che, la scuola, senza le opportune precauzioni potrebbe essere considerata un luogo di sicura trasmissione del virus COVID-19. Non a caso gli ultimi fatti di cronaca dimostrano quanto affermato. La decisone dei sindaci di Lentini e Carlentini di chiudere tutti i plessi scolastici per l’opportuna sanificazione dei locali, nei prossimi giorni, è il timbro rispetto a quello appena affermato. La vera questione è ancora tutta lì ed è di difficile soluzione fino a quando non si metteranno in sicurezza gli studenti e tutti gli operatori. Per fare ciò, oltre alle regole sull’utilizzo dei dispositivi di protezione personale che, a dire il vero, nelle scuole sono scrupolosamente rispettate, è arrivato il momento di prevedere il tampone per tutti gli utenti o, comunque, i giusti accertamenti clinici, come i test rapidi, per scongiurare quanto fino ad ora avvenuto. In somma il tanto auspicato tracciamento. Questo potrebbe permettere di tenere le scuole aperte in serenità e sicurezza.
Mi pare fin troppo scontato che, con la chiusura dei locali pubblici e con la mancanza totale di luoghi di aggregazione non consentiti per le ovvie ragioni del momento, la scuola diventa l’unico luogo dove, per antonomasia, può avvenire il contatto e l’eventuale contagio.
Certo, la cosiddetta didattica a distanza non è sicuramente la panacea a tutti i mali (anzi non è affatto) e non può assolutamente sostituire le lezioni in presenza, proprio per le numerose implicazioni legate al rapporto con gli studenti e a quella interazione che può avvenire solo in classe, a scuola; tuttavia come molti continuano ad affermare, a partire dal vice ministro alla salute Pierpaolo Sileri: “siamo in guerra” e questo dovrebbe imporre quel tipico atteggiamento di salvaguardia della popolazione che è la prima forma di protezione che lo Stato dovrebbe avere nei confronti dei propri cittadini.
Continuare a tenere aperte le scuole senza la giusta diagnostica preventiva, presumibilmente comporterà un rischio in più che “pagheranno” gli addetti ai lavori.