È vero che la storia, anche recente, non serve a niente. Ci confrontiamo con una pandemia da un anno e ancora, in tanti, non hanno preso ben coscienza di cosa significhi ammalarsi di Covid-19. Eppure più di 80 mila morti, sono in Italia e solo quelli censiti, non lasciano dubbio alcuno. No, non sembra bastare. La nostra “cultura” del sospetto (implementata da anni di terribili ed inimmaginabili verità nascoste o mai scoperte), la forma mentis ormai “deviata” dal retro-pensiero, dei complotti internazionali, delle multinazionali degli affari pronti ad uccidere tutti, ha compromesso definitivamente quello che si potrebbe, a ragion veduta, definire il buon senso. Non nego, attenzione, che da tempo i grossi centri di potere gestiscono cose, uomini, comportamenti, scelte e quant’altro, tuttavia ritengo che oggi, ora, adesso, non sia importante schierarsi con l’una o con l’altra tesi, il problema è definire i contorni, i margini di ciò che è scienza da ciò che è folklore, politica, posizioni di parte che, ovviamente, tendono a globalizzare anche il pensiero e a renderlo “unico”. Se un fatto è scientifico che cosa porta l’uomo comune a doverlo confutare? Semplicemente l’arroganza del pensiero. Il fatto di considerarsi più intelligente degli altri, il più preparato a “smascherare” ogni possibile messinscena da parte di una presumibile o tale oligarchia internazionale che vuole distruggere e annientare l’uomo o, certe volte, ancora peggio, desidera fare una “pulizia” dei “file peggiori” (gli uomini), come se fosse una sorta di pulizia globale dei virus dal PC, per lasciare un’umanità forte e pronta ad affrontare i prossimi secoli. Ad un certo punto anche i dati che chiaramente dimostrano come la curva pandemica è in continua crescita, che i morti ci sono e sono tanti ogni giorno (circa 400 ieri in Italia), che chi guarisce (fortunatamente) dal virus, spesso è costretto a rimanere sotto cura per altri e gravi problemi causati dallo stesso, non servono a nulla perché l’uomo, ha in sé, tutte le risposte anche rispetto alla realtà concreta dei fatti. Se poi ci mettiamo pure una classe dirigente di irresponsabili che, durante la più grande crisi pandemica ed economica, dal dopoguerra ad oggi, continua a litigare per qualche poltrona, la frittata è fatta e ben servita ad una popolazione che confusamente cerca di riprendere in mano la propria vita, senza certezza alcuna: chiusi, aperti, gialli, rossi, arancioni, verdi. A questo punto sarebbe davvero un bene primario, puntare a ristabilire il concetto di amor proprio per ben comprendere che amare gli altri, essere altruisti, essere solidali, non significa indietreggiare rispetto ad un’idea, per carità che la si può e la si deve continuare a discutere; bensì stabilire quel giusto compresso che porta a condividere il reciproco rispetto in una società che è bene definire, considerato questo catastrofico evento, del tutto incivile o, forse meglio, non in tutto civilizzata.
Consegneremo ai libri di storia, la rappresentazione di un’umanità schizofrenica, rappresentata dal litigio continuo e su tutto, patologicamente malata dalla contrapposizione degli uni sugli altri, anche sul sacro valore della vita.