CATANIA – Uno spettacolo intriso di poesia e musicalmente di alta qualità “Vincenzo e la luna” scritto e interpretato da Lina Maria Ugolini, figlia e nipote d’arte, scrittrice, poetessa, contafiabe e musicologa, che nella sua carriera ha lavorato con i maggiori compositori siciliani per i quali scrive libretti di teatro musicale e testi poetici per arie e songs.
Uno spettacolo, proposto nell’ambito del Bellininfest, a Palazzo Platamone, dall’alto valore sociale per la presenza dell’associazione Musicainsieme a Librino Ensemble, coordinata da Valentina Caiolo, con la preziosa collaborazione dell’Orchestra del Teatro Massimo Bellini. Musicainsieme, nasce alla periferia di Catania, da un progetto di inclusione sociale che aderisce al metodo di didattica musicale del “Sistema” di José Antonio Abreu, con l’intento di sottrarre i giovani dal degrado sociale attraverso un percorso di educazione musicale e di inserimento in un’orchestra. Una prospettiva di crescita umana e culturale per centinaia di bambini.
Realtà tra le più dinamiche e stimolanti del territorio etneo, ha eseguito trascrizioni per archi realizzate nell’Ottocento da Eugenio Cavallini, primo violinista dell’orchestra del Teatro alla Scala di Milano nel 1833, e Pietro Tonassi, compositore, violinista, violoncellista e direttore d’orchestra, fino a quelle odierne di Valentina Caiolo. Le sensazioni poetiche, i gesti e le visioni sono state affidate alla leggerezza dei fili delle marionette d’arte di Cartura con Alfredo Guglielmino, Elena Cantarella e Calogero La Bella.
«Ad ogni luna il palpito ineffabile della melodia.» E’ il segreto della drammaturgia belliniana declinato, sognato, carezzato da Lina Maria Ugolini, penna tra le più sensibili e raffinate della scena poetica e drammatica. Al musicista l’autrice catanese aveva già dedicato Bellini nella Musica delle carrozze nel 2019, racconto per l’infanzia e non solo, in cui la parabola biografica del Cigno veniva evocata, narrata, inseguita attraverso le migliaia di chilometri percorsi da Catania a Napoli, da Milano a Parigi, in una corsa contro il tempo fatta di disegni e pentagrammi, ruote e cavalli, note alla conquista dell’Europa.
Vincenzo e la luna nasce invece da un’idea poetica che diventa idea musicale, il rapporto con la luna, una costante vagheggiata dagli spiriti romantici, un dialogo con quell’«altrove del sogno, lente di privilegio per il cuore». Da qui un percorso artistico che precipita il dettato belliniano nel «dolce naufragio» cantato anche da Leopardi, che rinuncia alla voce per affidare il canto di Gualtiero e di Amina, di Norma e di Elvira alla tavolozza dell’orchestra, a strumenti solisti che ne sottolineano sentimenti nascosti, recondite sfumature.
Sono state eseguite le arie di alcune tra le più celebri opere del cigno catanese: da La sonnambula, Coro “In Elvezia non v’ha rosa”, ”A fosco cielo, a notte bruna” e la Scena e Aria di Amina “Ah! non credea mirarti”. Da Il pirata, Cavatina di Gualtiero “Nel furor delle tempeste” ancora su una trascrizione per archi di Eugenio Cavallini. Dalla Norma: Coro “Guerra, guerra! Le galliche selve” e Cavatina di Norma “Casta diva, che inargenti”. Da I Puritani, Largo maestoso dal Finale ultimo “Credeasi misera”.A completare il repertorio “Gratias agimus” in do maggiore, “Dolente immagine di Fille mia” e “Vaga luna, che inargenti”.