ROMA – Con le ministre Bonetti, Lamorgese, Cartabia e Carfagna stiamo valutando un pacchetto di misure che puntano, da un lato, alla tutela delle donne che subiscono violenza, dall’altro a rafforzare l’efficacia delle misure sanzionatorie e interdittive». Lo dice in un’intervista a “Repubblica” la ministra per gli Affari Regionali Mariastella Gelmini spiegando meglio le misure contro la violenza sulle donne annunciate ieri a Catania dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. «Il codice rosso è una misura di fondamentale importanza votata da tutto il Parlamento perché dispone una corsia preferenziale nelle indagini, prescrivendo tempi serrati per l’adozione dei provvedimenti. Ma sapevamo che, da sola, non sarebbe stata risolutiva anche perché presuppone che ci sia stata una denuncia». Nel concreto Gelmini parla di «misure di fermo più efficaci per gli autori delle violenze e una protezione per le vittime. Non possiamo lasciare sole le donne che denunciano». La proposta della scorta «è una misura di tutela per i casi estremi e con il consenso di chi subisce violenze: non c’è niente di peggio di una donna che abbia sporto denuncia e poi sia stata abbandonata alla ritorsione del suo carnefice. E poi potenzieremo gli aiuti economici per le vittime. È una priorità di tutto il governo, come ha detto il premier Draghi. Con la legge di bilancio abbiamo intanto stabilizzato le risorse per centri antiviolenza e case rifugio». Strutture che la ministra Carfagna propone di realizzare in beni sequestrati alla mafia, con un bando finanziato dal Pnrr. «Un’iniziativa che condivido in pieno». Obiettivo delle nuove misure sulla violenza sulle donne cui stanno lavorando le ministre di Interno e Giustizia, Lamorgese e Marta Cartabia, insieme alle colleghe Mariastella Gelmini, Elena Bonetti e Mara Carfagna, è quello di prevenire le violenze rendendo complicata la vita a chi maltratta con misure effettivamente incisive, più che isolare le donne per tutelarle meglio. Uno dei punti è la possibilità di procedere d’ufficio per i reati che rientrano nel perimetro della violenza domestica, senza la necessità che la persona offesa sporga querela. E il braccialetto elettronico per chi è destinatario dell’obbligo di allontanamento dalla casa familiare o del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa: se il braccialetto viene rifiutato scattano gli arresti domiciliari.