Cikis, società di consulenza milanese che aiuta le aziende e i brand della moda ad attuare strategie e piani operativi sostenibili, ha elaborato il Report Moda e Sostenibilità 2022, che raccoglie insight qualitativi e dati strutturati di 48 brand e 47 aziende della filiera, tutti italiani, con fatturato superiore a 1 milione di euro.
“Il primo dato che emerge è molto positivo – spiega Serena Moro, Founder di CIkis – secondo la nostra ricerca oggi in Italia il 99% delle aziende di moda investe in sostenibilità o ha intenzione di farlo, a conferma che una svolta green è sempre più richiesta e apprezzata: già l’anno scorso le aziende che investivano in sostenibilità erano l’89%, ben il 45% in più rispetto al 2020”.
Scelte green per essere più competitivi
La ragione che muove gli investimenti aziendali verso percorsi sempre più sostenibili è principalmente la competitività, che rappresenta un driver per il 57,7% delle aziende. La necessità di essere competitivi è inevitabilmente legata alla richiesta da parte del mercato: la crescente sensibilità dei consumatori nei confronti di scelte etiche e green è, infatti, un motivo sufficiente ad investire per il 32% delle aziende. Per un’azienda su 10, invece, la necessità di essere competitivi è legata all’ottimizzazione dei processi produttivi, a dimostrazione che esiste un forte legame tra sostenibilità, efficienza e vantaggi economici.
Calano le aziende ad un livello di sostenibilità avanzato (-15,2%)
Mentre la quasi totalità delle aziende di moda investe in sostenibilità, molte meno sono quelle che hanno davvero consapevolezza di quali siano le pratiche che, se messe in atto, hanno un peso importante sull’impatto ambientale e sociale. Cambiare packaging e fare la raccolta differenziata negli uffici, ad esempio, non è abbastanza per classificarsi ad un livello avanzato di sostenibilità. Se da una parte le aziende che si trovano a un livello base o intermedio stanno aumentando, come naturale conseguenza dell’ingresso di nuove aziende nell’ambito green, dall’altra è meno incoraggiante che, rispetto all’anno scorso, sia stato riscontrato un calo pari al 15,2% delle aziende che si trovano ad un livello avanzato di sostenibilità.
Rischio greenwashing: in aumento il numero di aziende che sopravvaluta il proprio impegno
Il fatto che meno aziende si trovino ad un livello avanzato di sostenibilità denota che molte di queste abbiano una percezione del proprio impegno green che non corrisponde alla realtà. Il livello di sostenibilità delle aziende è calcolato sia sulla quantità delle pratiche implementate, sia sulla rilevanza delle stesse. Dal report emerge che il 22,1% delle aziende di moda italiane si sopravvaluta: l’autovalutazione media delle aziende ad un livello base di sostenibilità l’anno scorso era di 4,5 su 10, mentre quest’anno è salita a 6 su 10. Per queste aziende, c’è un alto rischio greenwashing, dovuto alla sopravvalutazione della rilevanza delle pratiche implementate.
Un esempio virtuoso è rappresentato dalle grandi aziende, che registrano una maggiore percentuale di pratiche rilevanti. La ragione è semplice: per via di maggiori disponibilità finanziarie e di filiere molto più complesse, in queste aziende è presente un team dedicato alla transizione sostenibile, in grado di gestire un numero maggiore di pratiche sostenibili e con maggiore efficacia.
Quali sono le pratiche rilevanti?
Il settore moda, secondo Fashion on Climate, deve agire in modo sistemico lungo l’intera supply chain. Inizia ad emergere, per esempio, una parziale consapevolezza sull’importanza della scelta dei materiali: il 48% delle aziende ha dichiarato di aver introdotto o incrementato l’utilizzo di materiali preferred, ovvero materiali a ridotto impatto ambientale o che tutelano i diritti sociali. Solo il 16,8% di queste, però, li ha integrati per più del 75% sulla collezione totale. Il 47,4%, invece, li ha introdotti per meno del 25%. Ancora poco sentita è la l’importanza dell’economia circolare, citata come priorità solo dal 7,4% delle aziende, percentuale che investe in sistemi di vendita usato, riparazione o design circolare. Pochissime aziende (2%), inoltre, investono in compensazione delle emissioni. Se si parla di tutela dei lavoratori e di welfare aziendale, invece, la sensibilità è in aumento: gli investimenti in ambito sociale nel mondo della moda salgono al 40%, con un incremento del 66,7% rispetto al 2021.
Investire in sostenibilità conviene?
Dal report di Cikis emerge che gli investimenti in sostenibilità non sono auspicabili solo per motivi etici, competitivi e di compliance, ma anche per motivi economici. Il 63% delle aziende ha dichiarato che le scelte green non sono state un costo, ma un investimento che ha generato un ritorno positivo. Di queste, inoltre, ben il 59% ha dichiarato di aver ottenuto il ritorno economico entro tre anni dall’implementazione delle nuove norme.
Un dato interessante è che la percentuale di aziende che dichiara un ritorno positivo aumenta drasticamente fra quelle che hanno scelto di rivolgersi ad esperti e consulenti di sostenibilità: avere accesso a competenze esterne permette alle aziende di ottenere con maggiore probabilità benefici economici o di immagine che superano l’investimento effettuato. Ben l’81% delle aziende che si sono affidate a consulenti esterni dichiara di aver ottenuto un ritorno positivo dell’investimento, ma non solo. Le stesse aziende riescono anche a raggiungere alti livelli di sostenibilità con maggiore facilità: solo il 16,3% delle aziende che si affida a consulenti specializzati si trova a un livello base.
https://www.cikis.studio/it/report/moda-e-sostenibilita-2022