Palermo, Raccontare il riscatto dalle mafie, il percorso culturale  e di educazione, attraverso due figure: il beato don Pino Puglisi e don Peppe Diana. Iniziativa promosso dall’Odg Sicilia, dall’Ucsi Sicilia e dall’ufficio Comunicazioni sociali  dell’Arcidiocesi di Palermo

Palermo, Raccontare il riscatto dalle mafie, il percorso culturale e di educazione, attraverso due figure: il beato don Pino Puglisi e don Peppe Diana. Iniziativa promosso dall’Odg Sicilia, dall’Ucsi Sicilia e dall’ufficio Comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Palermo

PALERMO – Raccontare il riscatto dalle mafie, il percorso culturale e di educazione, attraverso due figure esemplari, quella del beato don Pino Puglisi e quella di don Peppe Diana, uccisi entrambi dalla criminalità organizzata.
È stato il tema scelto per il corso di formazione, che si è tenuto sabato 8 ottobre presso la sede dell’Ordine dei giornalisti a Palermo, dall’Ucsi Sicilia e condiviso dall’OdG Sicilia e dall’ufficio Comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Palermo. Un tema e un incontro che hanno simbolicamente aperto alle celebrazioni per il trentennale del beato Pino Puglisi e che hanno messo in relazione due figure di sacerdoti, don Pino Pu-glisi e don Peppe Diana, accomunati da una vita trascorsa in piena adesione al Vangelo contribuendo allo sviluppo di una cultura di emancipazione dalle mafie. L’incontro, moderato dalla vice presidente dell’Ucsi di Palermo Sandra Pizzurro, ha visto la partecipazione di tantissimi giornalisti. Poco prima di iniziare l’incontro il presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia Roberto Gueli accompagnato dal vice presidente Salvatore Li Castri, dal segretario Daniele Ditta, dal Tesoriere Salvatore Di Salvo e dalla consigliera Tiziana Martorana hanno accolto, all’ingresso della sede dell’Ordine in via Bernini, l’arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice che era accompagnato dal direttore dell’ufficio comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Palermo Luigi Perollo, dal Consulente ecclesiastico Pino Grasso. L’arcivescovo prima di partecipare al corso si è intrattenuto brevemente con il presidente Gueli e il consiglio. Poi l’inizio del corso di formazione per giornalisti.
“È un momento di confronto e di ricordo costruttivo”, ha sottolineato aprendo i lavori il presidente dell’OdG Roberto Gueli presente assieme al vicepresidente Salvatore Li Castri. “Dobbiamo prendere spunto, noi giornalisti, da queste due figure di sacerdoti – ha detto il segretario nazionale Ucsi e tesoriere dell’Odg Sicilia Salvatore Di Salvo – riscoprendo la nostra missione: ascoltare la gente, consumando le suole delle scarpe e raccontando la verità”. Un ricordo che diventa anche monito al rischio della retorica: “Un ri-schio – ha detto il presidente dell’Ucsi Palermo Michelangelo Nasca – che diventa concreto nel momento in cui l’immondizia dell’illegalità e della non testimonianza evangelica non vengono rimossi dai nostri palazzi civili e religiosi”. È stato un momento anche di sinergia, “che dà concretezza – ha sottolineato il direttore dell’ufficio Comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Palermo Luigi Perollo – a lavorare insieme per offrire temi di riflessione e confronto”.
Preziosa e incoraggiante la presenza dell’arcivescovo della diocesi di Palermo mons. Corrado Lorefice al quale l’OdG ha anche fatto dono di una targa per la sua presenza tra le strade di Palermo, voce di prossi-mità e speranza. “Voi giornalisti siete come i preti, oggi più che mai. – ha esordito – Si sceglie di fare il gior-nalista per amore, per vocazione, per amore del popolo. Ed avete una grande responsabilità verso il popo-lo”. Poi la lettura di un passo della lettera più nota di don Peppe Diana, “Per amore del mio popolo”, alla forania nella quale chiedeva un impegno civico contro la camorra e che fa da apripista nel dibattito al con-fronto tra i due martiri della giustizia e martiri della fede: “non vi è alcuna differenza tra i due termini – ha sottolineato l’arcivescovo – un martire di giustizia e un martire della fede sono la stessa cosa perché la fe-de non è altra cosa rispetto alla vita, la fede può essere solo una fede operante perché la fede, soprattutto cristiana, è una visione della storia riscatta dal male”. Analogie e differenze tra i due sacerdoti le cui vite sono state un percorso di educazione, sono state l’esempio di una Chiesa presente e impegnata in prima linea, viva e attiva ad aiutare i più deboli e le vittime più giovani delle mafie e della mafiosità, che sono sta-te messe in luce attraverso i racconti/testimonianze dei due relatori coinvolti: Francesco Deliziosi, capore-dattore del Giornale di Sicilia e autore dei libri Se ognuno fa qualcosa si può fare molto. Le parole del prete che fece paura alla mafia – Pino Puglisi, il prete che fece tremare la mafia con un sorriso, e Luigi Ferraiuolo, giornalista di Tv2000 e autore del libro Don Peppe Diana e la caduta di Gomorra. Don Pino Puglisi “si por-tava i giovani con lui e predicava tutto il giorno”: così lo descriveva il boss Bagarella. “Una descrizione che sintetizza perfettamente chi era, cosa faceva e perché dava fastidio 3P”, ha commentato Deliziosi nel suo lungo e affascinante ricordo del suo insegnante di scuola e di vita. “Il giornalismo ha avuto un ruolo nei suoi fondamentali, sia nella sera del delitto e nei giorni successivi, sia nella fase finale durante la causa di beatificazione. – ha aggiunto Deliziosi – Sapere ricercare le notizia, verificare le fonti, contrastare le fake news, sapere effettuare ricerche negli atti giudiziari, tutto questo ha costituito un elemento prezioso per indirizzare le indagini prima e avvalorare la tesi del martirio poi”. Don Pino Puglisi quando viene assassina-to ha 56 anni, don Peppe Diana 36. Vent’anni di differenza fanno si che i due sacerdoti abbiano risposte differenti agli stessi problemi portati dal mondo criminale: “non sono due eroi, questo li accomuna, – con-clude Ferraiuolo – sono “semplicemente” alla sequela di Cristo. L’uno, don Pino Puglisi, non rilasciava in-terviste, l’altro, don Peppe Diana, amava scrivere, catalizzava gli altri sacerdoti. Approcci diversi, ma iden-tico risultato: offrire l’alternativa all’illegalità, educare alla libertà. Noi giornalisti oggi abbiamo bisogno di conoscere e approfondire, vedere con mano e toccare con gli occhi, i luoghi che hanno abitato”.

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