Intervista a Francesco Morrone: “Grotte nasce da una tempesta interiore”

Intervista a Francesco Morrone: “Grotte nasce da una tempesta interiore”

Già disponibile in tutti i digital store, “Grotte” è il nuovo album del giovane cantautore cosentino Francesco Morrone, che lo ha registrato tra la Grotta delle Capre a San Felice Circeo e lo stesso garage dove provavano la mamma e gli zii.

Grotte è la mia parte più interna. Registrato tra una grotta e un garage, riesce a liberare le paure, le ansie, le insicurezze e le incertezze. Grotte è una consapevolezza, l’opera che più rappresenta l’anima dell’artista. Un album interamente suonato con la partecipazione di artisti grandiosi, di una verità umile”.

Il disco è segnato da temi seminali quali la natura, il viaggio, il sudore, l’amore e l’amicizia, tutto vissuto senza risparmiarsi. E, a proposito di amicizia, tanti sono gli amici di Francesco che hanno preso parte alla realizzazione dell’album: dall’inseparabile Paolo Pasqua ad Andre Principato, passando per Matteo Alieno, Rosita Brucoli, Rossana De Pace, Federica Siciliani e Bruna Angelico.

Intervista a Francesco Morrone, “Grotte”

Ciao Francesco, bentrovato su Radio Una Voce Vicina InBlu. Come stai?

In questo momento sono abbastanza provato, perché stiamo cercando di rendere al meglio la serata del 31 maggio all’Anfiteatro Vincenzo Tieri di Castrolibero, a Cosenza. Inoltre, ho un’associazione culturale. Quindi, seguo anche delle rassegne di concerti indipendenti. Dal punto di vista fisico invece sto bene, perché sto facendo tanto allenamento. L’allergia, però, mi sta mettendo KO.

Il 28 aprile è uscito il tuo nuovo album “Grotte”, che è stato registrato per metà nella Grotta delle Capre a San Felice Circeo. Cosa rappresenta per te quel luogo e com’è stato lavorare alle tracce del disco in un posto così particolare?

Negli ultimi anni la mia indole si è rivelata sempre più selvaggia. Entrare in un posto del genere – una grotta scavata dal mare e dalle intemperie – è stato dunque davvero emozionante. Lì c’è un riverbero naturale che, inizialmente, è stato anche abbastanza fastidioso. Dopo la registrazione delle prime tracce, però, abbiamo trovato una quadra con i microfoni. La cosa emozionante è stato il suono del mare che si sente in sottofondo, che è quasi catartico. Durante la registrazione delle tracce, ricordo che ero ipnotizzato dalle onde e dal suono che sentivamo ritornare da tutta la grotta. Uno spoiler? A breve uscirà una versione di “Grotte” interamente registrata in acustico all’interno della Grotta delle Capre.

Il secondo luogo a cui “Grotte” deve tanto è lo stesso garage dove in passato hanno provato tua mamma e i tuoi zii. Qual è il tuo primo ricordo legato alla musica?

Il mio primo ricordo legato alla musica è abbastanza orribile. Dai 9 ai 16/17 anni, infatti, ogni volta che sentivo un suono scappavo. Ricordo in particolare un concerto dei Liftiba, dal quale tornai a casa veramente terrorizzato dai suoni delle chitarre. Poi, con il passare del tempo, ho conosciuto diverse persone che mi hanno avvicinato alla chitarra. Inoltre, mia mamma cantava spesso ed io sono sempre stato circondato dalla musica.

Un ricordo felice? La prima volta che ho cantato un mio inedito. Avevo 17 anni ed ero di fronte al teatro Alfonso Rendano di Cosenza. Credo sia stato quel momento ad avermi sbloccato e ad avermi fatto capire che avrei potuto farcela!

Ma, torniamo a parlare di “Grotte”. Qual è stata la tempesta che ha poi fatto riversare l’inchiostro sullo spartito?

Credo che la prima tempesta sia stata quella interiore. Non ero pienamente soddisfatto. Con Honiro ho fatto la mia prima esperienza discografica, che mi ha permesso di conoscere tanti professionisti del settore. Non ero, però, ancora pronto ad intraprendere un viaggio del genere. Ovviamente, non me pento. Credo infatti che, se non avessi fatto uscire quel mio primo lavoro (“Ripartendo Adesso“, nda), oggi non sarei qui a parlare di “Grotte“.

Ripartendo Adesso” mi ha messo in crisi e mi ha posto davvero tante domande. Ed io ho risposto con la necessità di viaggiare e di scoprire la parte più interna di quello che sono. Credo sia uno dei lavori più difficili in assoluto. Ed ecco che, proprio durante questa scoperta di me stesso, sono riuscito a comprendere quello che volevo realmente dalla mia musica, dalla mia arte e da quelle che sono le mie emozioni, che ho poi inscatolato in “Grotte“, dove ogni brano rappresenta un momento della mia vita nell’arco di tempo che va dal 2019 al 2021.

In “Le Mani” canti: “È frutto di un dissidio interiore questo mio vagare e non darmi pace. E nella pace una guerra da sfamare”. Ci parli un po’ più nel dettaglio di questo concetto?

Se c’è una frase che racchiude al meglio il concept di “Grotte” è proprio questa! Con il passare del tempo ho capito che sono io il sabotatore di Francesco Morrone per eccellenza. La pace è un concetto che non mi è ancora del tutto chiaro e, soprattutto, è un concetto che è diventato parte integrante della mia esistenza. Di fatto, ogni volta che trovo un equilibrio, una sorta di pace interiore, sotto sotto ho sempre una guerra da sfamare, che non credo se ne andrà mai. Ecco, sotto certi punti di vista, io mi definisco una persona nostalgica malinconica, anche se non si direbbe. Cerco infatti di essere sempre positivo e di guardare il bello che c’è in ogni cosa.

In questo tuo vagare, cosa rappresenta Cosenza?

Inizialmente, Cosenza è stato un posto da cui scappare. A 18/19 anni ho iniziato a viaggiare e sono andato a vivere da solo. Da Cosenza sono sempre scappato. Per me non è mai stato un porto sicuro. Adesso – con il passare del tempo e grazie alle diverse esperienze che ho fatto, anche attraverso l’associazione culturale -, lo è però molto di più rispetto al passato. Nonostante ciò, c’è comunque una sorta di diffidenza, che credo riguardi ogni città natale. È infatti molto più frequente sentirsi a casa al di fuori della città nella quale si nasce, soprattutto in questo ambito. All’origine di tutto credo, però, che ci sia la mia indole nomade, che non mi fa sentire a casa in nessun luogo. E questa cosa da una parte mi fa paura, mentre dall’altra mi rassicura, perché in ogni posto ho dei ricordi speciali.

Dietro le tante collaborazioni che arricchiscono questo tuo nuovo album c’è un profondo desiderio di condivisione oppure i brani custoditi al suo interno sono nati spontaneamente insieme agli amici artisti che ti hanno poi accompagnato in questo viaggio?

Decisamente la seconda. Le canzoni sono scritte interamente da me. L’unica eccezione è “Presente”, alla quale ho lavorato insieme a Matteo Alieno. Tutte le collaborazioni contenute in “Grotte” sono frutto di un processo tanto istintivo quanto naturale. È andata così, senza che ci stessi troppo a riflettere. Ho fatto ascoltare le canzoni a determinate persone e ognuna di loro mi ha risposto esprimendo la propria preferenza.  

Cosa rappresenta l’uomo coperto da un lenzuolo nella cover di “Grotte”?

L’uomo nella cover di “Grotte” è coperto perché sono convinto del fatto che l’anima non si veda. La parte interna, quella più sensibile ed emotiva, viene spesso coperta da maschere. Il lenzuolo rappresenta dunque la maschera che indossiamo ogni giorno e dalla quale non riusciamo a separarci, come se indossarla fosse una cosa istintiva, primordiale… un modo per sopravvivere. 

Questo tuo nuovo album lo presenterai dal vivo a partire da giugno in occasione del ritorno di “Cantautore su due ruote”, un tour in bicicletta che da Polignano a Mare ti condurrà fino a Venezia. Com’è nata l’idea di macinare così tanti chilometri pedalando a suon di musica?

Prima di “Cantautore su due ruote” ci sarà la data del 31 maggio all’Anfiteatro di Castrolibero, qui a Cosenza. In questa occasione, oltre a tutti gli artisti che hanno preso parte alla realizzazione di “Grotte”, ci saranno anche Leo Gassmann, Matteo Costanzo e Altea. Insomma, tanti ospiti e tante buone sensazioni. 

Poi, i primi di giugno ci sarà il ritorno di “Cantautore su due ruote”. L’idea è quella di proseguire il viaggio iniziato nel 2019 con la promozione di “Ripartendo Adesso”, che da Torino mi ha portato dapprima a Palermo e poi a Polignano a Mare. Io non sono abituato a lasciare le cose a metà e, quindi, voglio finire quest’esperienza in bici che mi ha dato tanto. Sarà un po’ come rivivere quei tre mesi incredibili di viaggio in tenda. Quest’anno, però, non sarà tutto improvvisato come nel 2019.

Cosa dobbiamo aspettarci da questo tour? Perché i nostri ascoltatori non dovrebbero assolutamente mancare?

Dovrebbero venire per vedermi morto stecchito sul palco, perché è un bello spettacolo! Scherzi a parte, in questi anni tutte le persone che sono venute ad ascoltarmi hanno definito il mio concerto un live di verità, nel senso che quello che faccio arriva al pubblico. Inoltre, in tanti mi hanno confermato che se io mi emoziono anche loro si emozionano. E credo che questa sia una delle cose più importanti. Allora vi dico: venite perché vi emozionerete!

E, a proposito di palchi, in questi anni ne hai calcati tanti: dal Largo Venue al Monk di Roma, passando per l’Hiroshima di Torino. Ce n’è uno al quale sei un po’ più affezionato rispetto agli altri? Dove, invece, sogni di poterti esibire?

Direi il palco dell’Indiegeno Fest, a Marina di Patti, e quello del Pentedattilo Film Festival, nell’omonima cittadina in provincia di Reggio Calabria. Qui, durante il Festival, ho cantato una canzone composta al momento insieme alla tastierista de L’orso. È stato un momento incredibile! Invece, per rispondere alla tua seconda domanda, un giorno mi piacerebbe calcare il palco del Teatro Antico di Taormina.

Francesco, grazie per essere stato qui con noi. Buona musica e in bocca al lupo per tutto!

Grazie a voi. A presto!

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