CATANIA – “In molte parti del mondo, in questi giorni importanti per la vita cristiana, quelli nei quali si celebra la Passione, Morte e Risurrezione di Cristo, si subisce e si dà la morte, in una triste storia che si ripete, soprattutto in quella Terra dalla quale è partita ed è iniziata la storia della salvezza, e che noi chiamiamo Santa”. Il pensiero dell’arcivescovo di Catania, monsignor Luigi Renna, nell’omelia della Santa Messa di giovedì 21 marzo in Cattedrale per le Forze armate è andato subito alle terre martoriate dalla guerra. “Non possiamo non farci attenti al messaggio evangelico che risuona più forte in questi giorni in cui ci facciamo gli auguri pasquali – ha detto l’arcivescovo – e, accanto al bene che ci auguriamo, vogliamo custodire e diffondere un pensiero che è cristiano e proprio di coloro che il Vangelo stesso chiama gli uomini di buona volontà”.
Alla liturgia, per celebrare la Pasqua “di coloro che sono i custodi e i costruttori del bene comune”, erano presenti il prefetto di Catania, il questore, le autorità militari ed esponenti della magistratura e del mondo della cultura.
La riflessione dell’arcivescovo è stata centrata sul gesto che Gesù compie nel Getsemani nei confronti di Giuda.
“Il vangelo – dice l’arcivescovo – ci narra che dopo la cena che Gesù condivide con i suoi discepoli, Giuda si reca con i soldati del Tempio per far arrestare il Maestro. I soldati sono guidati dal discepolo, che Gesù accoglie con una parola disarmata: Amico. Gesù si lascia arrestare, perché vuole andare incontro alla violenza percorrendo una strada che fino ad allora nessuno aveva percorso. Dice parole di pace mentre è nella mischia; le ripete dopo che, risorto, mostra i segni della violenza che ha subito. Pace e solo pace, perché solo nella pace c’è la vita, nelle armi una escalation di vendetta e di morte. È una dura verità, che forse si dimentica o forse coloro che vogliono affidarsi solo alla forza delle armi a volte dimenticano, alzando sempre di più la posta”.
“Oggi – ha proseguito l’arcivescovo di Catania nella sua omelia – assistiamo ad un ritorno di passione per le armi che va al di là della legittima difesa: per molti giovani esse sono un mito, per molte famiglie un oggetto pericoloso da esibire; la tentazione è che dal punto di vista legislativo si arrivi ad una liberalizzazione che provochi poi quelle stragi che tante volte avvengono nei Paesi dove c’è un uso indiscriminato; la strategia del terrore non è una soluzione e quelle parole di Cristo ci guidino, nel tempo in cui armi sempre più sofisticate e in possesso di uomini senza scrupoli non accelerano i processi di pace, ma li accelerano e li esasperano”.
“Mentre preghiamo per la pace, mentre invochiamo accordi e trattati che riconoscano la giusta dignità di ogni popolo – ha concluso l’arcivescovo – coltiviamo la pace nel nostro Paese, un giusto uso delle armi, un maggiore rigore nei confronti di atteggiamenti che possono turbare una già precaria pace sociale. La pasqua comincia dalla pace, perché quella della croce è una storia di violenza che Cristo ha voluto sconfiggere non certo con la spada”. Infine, monsignor Renna ha voluto lasciare ai presenti una citazione di don Tonino Bello: “Sembra quasi che il Signore il giorno del Venerdì santo abbia scavato con la Croce, quasi servendosi di una trivella un pozzo artesiano dove c’è l’acqua. Il giorno di Pasqua poi, questo pozzo lo ha consegnato alla Chiesa, ai suoi apostoli: Vi lascio la pace; adesso questa pace datela al mondo, canonizzatela, fatela filtrare fino alle estreme periferie della terra.” (T. BELLO, Pasqua terra di pace, 24.3.86)”.