di Emanuele Gentile
CARLENTINI – Finalmente! Lo ripeto… Finalmente! A cosa mi riferisco? Alla scoperta del territorio. Da un po’ se ne parla con sempre maggiore frequenza. Sembra essere diventata – la scoperta del territorio – i l toccasana per i nostri mali atavici. Era ora che qualcuno cominciasse a comprendere che il territorio deve diventare la piattaforma per far ripartire le nostre città (Carlentini, Francofonte e Lentini) dissanguate da una crisi senza fine. Tuttavia, una domanda sorge spontanea. Questa. Dove erano tutti quelli che “ora” dicono di scoprire il territorio? Erano per caso murati vivi in casa? Risiedevano all’estero? No perché mi sorge il sospetto che il territorio sia diventato un nuovo modo per continuare a ingannare gli abitanti di quel territorio che dicono di aver scoperto. Se così fosse sarebbe un fatto di una gravità incredibile. Oltre al danno la beffa. Prima di parlare di scoperta del territorio non sarebbe cosa “buona e giusta” una presa di coscienza del loro fallimento decennale? Un’autocritica, ecco… Così per diradare “il porto” dalle “nebbie”. Certo che bisogna partire dal territorio. Abbiamo altre frecce al nostro arco? Non credo! Però c’è bisogno di un progetto condiviso e di ampio raggio. Cosa significa “condiviso”? Che il progetto deve scaturire da una profonda azione di coinvolgimento di tutte le forze sane e più riformiste presenti ed operanti nel territorio. Cioè non deve essere il progetto di una “cosca” o di qualcuno che intende farci la cresta. Si ha la necessità che il progetto sia corale, di comunità, d’assieme e accogliente. Anche di “ampio raggio” in quanto se l’obiettivo primario è il risveglio del territorio non può essere – il progetto – il solito compitino con scontati crono programma e step. Così non si andrebbe da nessuna parte. Tale progetto di scoperta del territorio ha l’obbligo di possedere una sua forte visione del territorio medesimo. In breve, cosa vogliamo farci del territorio che sorge a metà strada fra Carlentini, Francofonte e Lentini? Quindi, “condiviso” e di “ampio raggio”. Per raggiungere codesto obiettivo, inoltre, è d’uopo che ci sia una reale conoscenza del territorio, del nostro territorio. Solo da una ricognizione strutturale e strutturata della storia del territorio si può individuare le caratteristiche precipue di esso. La storia ci indica sempre gli umori del territorio. Come anche le dinamiche, gli aspetti permanenti nel tempo, la componente etica, gli usi, le tradizioni e così via discorrendo. Ricollegarsi alla storia è una modalità opportuna per il semplice motivo che evita al suddetto programma di apparire sterile ed empirico. Anzi, il progetto deve avere un tasso altissimo di realismo ed efficacia. Più esso sarà realista ed efficace più avrà possibilità di una sua implementazione soddisfacente ed esaustiva. Ciò servirà a qualcosa. Quel qualcosa che è la scoperta del territorio affinché possa avvenire un processo di profonda e complessa rigenerazione del medesimo. Pertanto, non sono da dimenticare le seguenti parole chiave: CONDIVISIONE – AMPIO RAGGIO – REALISMO – EFFICACIA. In quest’ottica, allora, ha senso riscoprire il territorio. Infatti, il discorso riguardante la scoperta del territorio ha la necessità di non essere ideologico in quanto comporta una deleteria astrazione rispetto alla realtà. E’ la realtà la frontiera con cui si deve confrontare il progetto di scoperta del territorio. Una realtà che da qualche decennio non è assolutamente positiva. Lo dimostra le migliaia di nostri concittadini che hanno abbandonato le nostre contrade per trovare fortuna altrove. Il processo di scoperta del territorio non sarà certo agevole e non darà i propri frutti subito, ma abbiamo l’obbligo morale di preparare per le generazioni avvenire una casa migliore di quella che oggi abitiamo. Credo che su codesto ultimo punto non possano e non debbano avanzarsi remore di sorta. Il territorio non è un’entità statica, bensì dinamica. Sta a noi – suoi abitanti – coltivarlo e renderlo sempre più prospero e fertile. Dobbiamo andare avanti….