CARLENTINI – Sono passati 30 anni dalla notte del 13 dicembre del 1990, quando la terra tremò, causando morte e distruzione nella Sicilia sudorientale. La città non dimentica. Questa sera alle 19, nella chiesa Madre verrà celebrata l’Eucarestica presieduta da don Salvatore Siena, parroco della chiesa Madre alla presenza del sindaco di Carlentini Giuseppe Stefio. Durante la celebrazione verranno ricordati i dodici morti di quella tragica notte. Era il 1990, l’anno delle Notte magiche degli Azzurri di Totò Schillaci. La Sicilia, si sa, è la regione delle tradizioni per eccellenza. Anche dicembre, il mese di Natale e Capodanno, non è estraneo ai festeggiamenti di paese. Nei primi giorni del mese, infatti, due appuntamenti sono immancabili per i fedeli: l’Immacolata e la festa di Santa Lucia. In quei giorni di quasi tre decenni fa, i siracusani erano pronti, come ogni anno, a festeggiare Santa Lucia, da secoli patrona della città. Mai nessuno avrebbe immaginato che quella data sarebbe stata ricordata anche per un evento molto doloroso. Ore 01:24 del 13 dicembre 1990. La Scarpata Ibleo-Martese si muove generando un violento terremoto di magnitudo 5.6 della scala Richter e del VII-VIII grado di intensità della scala Mercalli. Il sonno di tutta la costa orientale, da Capo Passero a Messina, ma anche a Reggio Calabria, venne rotto e inquietato. Nell’insieme furono 41 i comuni interessati da danni più o meno gravi, con il cratere del sisma circoscritto ai centri abitati di Carlentini, Augusta, Lentini, Melilli, Militello in Val di Catania e Priolo Gargallo. Il trasporto ferroviario sulle tratte Catania-Caltagirone e Catania-Siracusa subì danni gravissimi, con la stazione di Brucoli che venne completamente distrutta. Furono dichiarati inagibili 6.830 edifici privati, 220 edifici pubblici e 54 scuole, per un numero complessivo di 7.104 edifici. A Carlentini crollarono tre palazzine che causarono la morte di 12 persone, le altre vittime sono da collegare alla paura provocata dal sisma. Purtroppo le operazioni di soccorso non partirono immediatamente, causando moltissimi disagi tra i 200 feriti e i 12 mila sfollati, già messi a dura prova dal sisma. Quel giorno a Siracusa non ci fu nessun festeggiamento. L’unica folla che invase le strade era quella della gente, impaurita e sconvolta, in cerca di un tetto sicuro dove passare il resto delle settimane. Per questa sfortunata coincidenza il sisma verrà ricordato come il “terremoto di Santa Lucia”. Ad ogni modo, il sisma è stato ribattezzato anche come il “Terremoto dei Silenzi”. Nelle prime fasi dell’emergenza le notizie riguardanti l’intensità e l’epicentro vennero, è possibile dirlo senza esagerare, insabbiate. Inizialmente l’epicentro venne localizzato nel Golfo di Noto, successivamente le vittime di Carlentini lo fecero spostare proprio nella città o a pochi chilometri dalla costa. Tutto falso. Il punto di origine del terremoto era stato localizzato a pochi chilometri dalla costa di Augusta, in prossimità dei grandi complessi industriali chimici e petrolchimici. La paura di gravi danni alla zona industriale costrinse le autorità e gli scienziati a diffondere notizie errate per non scatenare il panico tra la popolazione. Quella notte la Sicilia orientale fu vicinissima a subire anche un grosso disastro ambientale, oltre che i danni causati dal terremoto. Dopo ogni scossa si spera sempre che sia “l’ultima volta”. La Sicilia è uno dei territori più “movimentati” al mondo, dal punto di vista sismico e vulcanico: probabilmente l’ultima volta non arriverà mai. Siamo certi di dormire, lavorare e studiare in luoghi sicuri? Convivere con i terremoti, senza dover stilare sciagurate liste di vittime innocenti dopo ogni nuovo tragico evento, dovrebbe essere prioritario per tutti.