CATANIA – «Proprio mentre il nostro Consiglio nazionale dialoga col governo centrale per definire le linee guida per l’Architettura e i concorsi di progettazione, arriva il decreto Sblocca cantieri e la riforma del Codice dei contratti che colpisce fortemente la nostra categoria in un momento di perdurante crisi. Noi diciamo sì alle semplificazioni, ma senza toccare tutte le conquiste ottenute nel tempo e le modifiche migliorative incentrate sulla dignità del lavoro. Basti pensare ai contratti sottosoglia, dove il criterio di aggiudicazione torna a essere quello dell’offerta al ribasso, mortificando la qualità dei progetti». A parlare è il presidente dell’Ordine degli Architetti di Catania Alessandro Amaro, che interviene sulle diverse novità entrate in vigore nel campo degli appalti pubblici, in particolare su quelle regolamentate dall’art. 3 del decreto legislativo 18 aprile 2019 n. 32: “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”. «Un passo indietro rispetto a quanto fatto finora – afferma Amaro – l’autorizzazione legge 64/74 non andrà più richiesta in base alla classificazione sismica, ma secondo la rilevanza dell’opera: una discrezionalità che innalzerà inevitabilmente le responsabilità dei professionisti, snellendo le procedure nelle zone a maggior rischio e aggravando l’iter in quelle meno esposte. Tale rilevanza chi la deciderà? Con quali criteri? In questo caso è stata pronta la Regione Siciliana che ha tempestivamente emanato un decreto con le specifiche del caso, in attesa di indicazioni da parte del governo». Inoltre, le modifiche al Codice dei contratti «avranno un impatto anche sul potere di regolazione che era stato dato all’Anac negli ultimi tempi con importanti risultati – commenta Amaro – e che era garanzia di anticorruzione e legalità. Il testo innalza da 150mila a 200mila euro la soglia per l’affidamento di lavori senza gara con procedura negoziata, dopo aver consultato tre operatori economici, mentre prima era previsto che ne venissero interpellati almeno dieci: una procedura che limiterà la concorrenza e la possibilità di ottenere il miglior servizio per le amministrazioni». E poi c’è la separazione dell’attività di progettazione da quella di esecuzione, il famoso 2% tolto alla programmazione e restituito alla progettazione, la reintroduzione dell’appalto integrato: tanti i punti che non vanno giù agli architetti etnei «le cui istanze per innalzare la qualità dei progetti, per avviare la rigenerazione urbana tanto attesa e il recupero delle periferie attraverso i concorsi che garantiscono maggiore legalità ad appalti e opere pubbliche, rimangono inascoltate. Mentre in Francia dopo il rogo di Notre Dame si pensa a ricostruire con i concorsi internazionali di progettazione, in Italia si bruciano speranze e prospettive per una buona architettura», conclude Amaro.