Il giorno 8 marzo, ricorrenza della festa delle donne, viene scelto per ricordare la manifestazione contro lo zarismo delle donne di San Pietroburgo avvenuta nel 1917. Solo l’8 marzo del 1946 venne celebrata per la prima volta in Italia grazie all’iniziativa presa dall’UDI, Unione delle Donne in Italia, fu scelto come simbolo la mimosa in quanto fiore economico e di stagione. Parlare di festa però non è del tutto corretto: infatti questa giornata è dedicata al ricordo e alla riflessione sulle conquiste politiche, sociali, economiche del genere femminile, le discriminazioni di cui è stato ed è ancora oggetto il genere femminile. Dunque è più corretto parlare di Giornata internazionale della donna. Rispetto al passato, oggi le condizioni delle donne in Italia è radicalmente cambiato, grazie ad una maggiore partecipazione alla società e alla vita politica, seppur con limiti ancora evidenti. La lotta al femminile per raggiungere questi primi risultati è stata lunga, tumultuosa e caratterizzata da secoli di ingiustizie ostacoli e sacrifici. Complice il bagaglio di una mentalità patriarcale, che ha visto nel corso della storia le donne “solo” come mogli e madri. Solo verso la fine dell’Ottocento, alle donne in Italia vennero riconosciuti alcuni dei basilari diritti umani come per esempio quello all’istruzione, avvenuto nel 1874 quando le fu consentito l’accesso ai licei e alle università, anche se molti istituti rifiutarono tale consenso. Nel frattempo, sempre in quegli anni, nacquero i primi sindacati operai e le organizzazioni di lavoratrici fondate da donne impegnate a lavorare nei campi e nelle fabbriche. I pregressi legislativi erano lenti e il livello di sfruttamento era a livelli estremi, ma nel 1902, il Ministro delle Finanze, Paolo Carcano approvò la legge che vieta a donne e bambini la mansione di minatori riducendo anche le ore lavorative giornaliere a 12. Nel 1919 fu abolita l’autorizzazione maritale e consentito alle donne l’accesso ai pubblici uffici, esclusa la magistratura, politica e l’esercito. Con la fine della seconda guerra mondiale finalmente venne riconosciuta l’importanza del ruolo svolto dalle donne durante gli anni del conflitto, in cui le vide non solo madri, ma grandi lavoratrici che presero il posto dei mariti impegnati a combattere al fronte. Nel 1945 venne approvato il suffragio femminile. In occasione al Referendum istituzionale del 2 giugno 1946 per la prima volta venne concesso alle donne il diritto di votare. La vera svolta avvenne nel 1948 con l’articolo 3 della Costituzione Italiana, che garantisce pari diritti e pari dignità sociale alle donne in ogni campo. Negli anni Sessanta ci fu il cambiamento radicale che vide finalmente cambiare la mentalità e le abitudini delle donne; nascono così i primi movimenti femministi dove si chiedeva il diritto all’aborto, alla contraccezione e al divorzio. Con la legge n. 66 del 9 febbraio 1963, le donne ebbero accesso in Magistratura, nel 1981 fu consentita la loro partecipazione al corpo di Polizia e nel 1999 l’ammissione nelle Forze Armate. Dal 1978 è possibile l’interruzione della gravidanza. Nel 1981 nacque la legge che abolì il cosiddetto “matrimonio riparatore” e il “delitto d’onore”.
Solo recentemente sono nate leggi che tutelano le donne dal femminicidio, stalking e violenza domestica. In ambito lavorativo purtroppo e nonostante esistano leggi che prevedono la parità dei sessi e il divieto di licenziamento per le donne in stato di gravidanza, molte ancora oggi sono costrette a scegliere tra vita professionale e vita familiare, facendo purtroppo rinunce, come quelle sulla crescita dei figli, a partire dai loro primissimi mesi di vita, con dolore e sacrifici. Nel mondo del lavboro la strada da percorrere è ancora tanta, vista l’enorme differenza tra la percentuale di occupazione maschile e femminile. Grave risulta anche il campo economico in quanto le lavoratrici donne guadagnano meno rispetto agli uomini. Anche i fenomeni di violenza fisica, psicologica e verbale sono ancora ampiamente diffusi.
Come poter far fronte all’emancipazione vera e propria, che alcuni studi sostengono possa avvenire nell’anno 2030? Serve un duplice sostegno a favore della parità, a partire dall’ambito del lavoro, dalla famiglia e dalla violenza. Occorrono riforme e regolamentazioni strutturali e soprattutto ancora una volta, un cambio di mentalità. La parità dovrebbe essere impartita nei luoghi dell’educazione fin dalla prima infanzia. Per quanto riguarda il lavoro e quindi consentire alle donne di sviluppare la propria carriera professionale al pari degli uomini, servono maggiori servizi dedicati ai bambini e alle famiglie a prezzi accessibili. Infine per quanto riguarda il parametro più importante “le violenze” dovrebbero essere condannate in qualsiasi caso con pene più severe.