Il dovere della pace

Il dovere della pace

La pace è in pericolo un pò ovunque. Si sentono inquietanti soffi di guerra a livello planetario. Ciò ci preoccupa e ci atterrisce. Quale sarà il nostro futuro e di quelli che ci succederanno? Per noi il punto di riferimento è l’enciclica di Paga Giovanni XXII intitolata “Pacem in Terris” e promulgata nel 1963. Leggetela e vedrete che tutto è previsto con estrema lungimiranza. Vogliamo la pace? Partiamo allora dalla “Pacem in Terris”.

Eccone il testo integrale:

Introduzione

L’ordine nell’universo

1. La Pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e
consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio.
I progressi delle scienze e le invenzioni della tecnica attestano come negli esseri e nelle forze che
compongono l’universo, regni un ordine stupendo; e attestano pure la grandezza dell’uomo, che
scopre tale ordine e crea gli strumenti idonei per impadronirsi di quelle forze e volgerle a suo
servizio.
2. Ma i progressi scientifici e le invenzioni tecniche manifestano innanzitutto la grandezza infinita
di Dio che ha creato l’universo e l’uomo. Ha creato l’universo, profondendo in esso tesori di
sapienza e di bontà, come esclama il Salmista: “O Signore, Dio nostro, quanto è grande il tuo nome
su tutta la terra!” (Sal 8,1). “Quanto sono grandi le opere tue, o Signore! Tu hai fatto ogni cosa con
sapienza”; (Sal 104,24) e ha creato l’uomo intelligente e libero, a sua immagine e somiglianza,
(Cf. Gen 1,26) costituendolo signore dell’universo: “Hai fatto l’uomo — esclama ancora il Salmista
— per poco inferiore agli angeli, lo hai coronato di gloria e di onore; e lo hai costituito sopra le
opere delle tue mani. Hai posto tutte le cose sotto i suoi piedi” (Sal 8,5-6).
L’ordine negli esseri umani
3. Con l’ordine mirabile dell’universo continua a fare stridente contrasto il disordine che regna tra
gli esseri umani e tra i popoli; quasicché i loro rapporti non possono essere regolati che per mezzo
della forza.
Sennonché il Creatore ha scolpito l’ordine anche nell’essere degli uomini: ordine che la coscienza
rivela e ingiunge perentoriamente di seguire: “Essi mostrano scritta nei loro cuori l’opera della
legge, testimone la loro coscienza” (Rm 2,15). Del resto come potrebbe essere diversamente? Ogni
opera di Dio è pure un riflesso della sua infinita sapienza: riflesso tanto più luminoso quanto più
l’opera è posta in alto nella scala delle perfezioni (Cf. Sal 18,8-11).
4. Una deviazione, nella quale si incorre spesso, sta nel fatto che si ritiene di poter regolare i
rapporti di convivenza tra gli esseri umani e le rispettive comunità politiche con le stesse leggi che
sono proprie delle forze e degli elementi irrazionali di cui risulta l’universo; quando invece le leggi
con cui vanno regolati gli accennati rapporti sono di natura diversa, e vanno cercate là dove Dio le
ha scritte, cioè nella natura umana.
Sono quelle, infatti, le leggi che indicano chiaramente come gli uomini devono regolare i loro
vicendevoli rapporti nella convivenza; e come vanno regolati i rapporti fra i cittadini e le pubbliche
autorità all’interno delle singole comunità politiche; come pure i rapporti fra le stesse comunità
politiche; e quelli fra le singole persone e le comunità politiche da una parte, e dall’altra la comunità
mondiale, la cui creazione oggi è urgentemente reclamata dalle esigenze del bene comune
universale.

L’ORDINE TRA GLI ESSERI UMANI

Ogni essere umano è persona, soggetto di diritti e di doveri
5. In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio che ogni essere
umano è persona cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di
diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti
e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili [2].
Che se poi si considera la dignità della persona umana alla luce della rivelazione divina, allora essa
apparirà incomparabilmente più grande, poiché gli uomini sono stati redenti dal sangue di Gesù
Cristo, e con la grazia sono divenuti figli e amici di Dio e costituiti eredi della gloria eterna.

I diritti

Il diritto all’esistenza e ad un tenore di vita dignitoso

6. Ogni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e
sufficienti per un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione, il
vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali necessari; ed ha quindi il diritto
alla sicurezza in caso di malattia, di invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in
ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà [3].
Diritti riguardanti i valori morali e culturali
7. Ogni essere umano ha il diritto al rispetto della sua persona; alla buona riputazione; alla libertà
nella ricerca del vero, nella manifestazione del pensiero e nella sua diffusione, nel coltivare l’arte,
entro i limiti consentiti dall’ordine morale e dal bene comune; e ha il diritto all’obiettività nella
informazione.
Scaturisce pure dalla natura umana il diritto di partecipare ai beni della cultura, e quindi il diritto ad
un’istruzione di base e ad una formazione tecnico-professionale adeguata al grado di sviluppo della
propria comunità politica. Ci si deve adoperare perché sia soddisfatta l’esigenza di accedere ai gradi
superiori dell’istruzione sulla base del merito; cosicché gli esseri umani, nei limiti del possibile,
nella vita sociale coprano posti e assumano responsabilità conformi alle loro attitudini naturali e alle
loro capacità acquisite [4].
Il diritto di onorare Dio secondo il dettame della retta coscienza
8. Ognuno ha il diritto di onorare Dio secondo il dettame della retta coscienza; e quindi il diritto al
culto di Dio privato e pubblico. Infatti, come afferma con chiarezza Lattanzio: “Siamo stati creati
allo scopo di rendere a Dio creatore il giusto onore che gli è dovuto, di riconoscere lui solo e di
seguirlo. Questo è il vincolo di pietà che a lui ci stringe e a lui ci lega, e dal quale deriva il nome
stesso di religione”[5]. Ed il nostro predecessore di i. m. Leone XIII così si esprime: “Questa libertà
vera e degna dei figli di Dio, che mantiene alta la dignità dell’uomo, è più forte di qualunque
violenza ed ingiuria, e la Chiesa la reclamò e l’ebbe carissima ognora. Siffatta libertà rivendicarono
con intrepida costanza gli apostoli, la sancirono con gli scritti gli apologisti, la consacrarono gran
numero di martiri col proprio sangue”[6].
Il diritto alla libertà nella scelta del proprio stato
9. Gli esseri umani hanno il diritto alla libertà nella scelta del proprio stato; e quindi il diritto di
creare una famiglia, in parità di diritti e di doveri fra uomo e donna; come pure il diritto di seguire
la vocazione al sacerdozio o alla vita religiosa [7].
La famiglia, fondata sul matrimonio contratto liberamente, unitario e indissolubile, è e deve essere
considerata il nucleo naturale ed essenziale della società. Verso di essa vanno usati i riguardi di
natura economica, sociale, culturale e morale che ne consolidano la stabilità e facilitano
l’adempimento della sua specifica missione.
I genitori posseggono un diritto di priorità nel mantenimento dei figli e nella loro educazione [8].
Diritti attinenti il mondo economico
10. Agli esseri umani è inerente il diritto di libera iniziativa in campo economico e il diritto al
lavoro [9].
A siffatti diritti è indissolubilmente congiunto il diritto a condizioni di lavoro non lesive della sanità
fisica e del buon costume, e non intralcianti lo sviluppo integrale degli esseri umani in formazione;
e, per quanto concerne le donne, il diritto a condizioni di lavoro conciliabili con le loro esigenze e
con i loro doveri di spose e di madri [10].
Dalla dignità della persona scaturisce pure il diritto di svolgere le attività economiche in attitudine
di responsabilità [11]. Va inoltre e in modo speciale messo in rilievo il diritto ad una retribuzione
del lavoro determinata secondo i criteri di giustizia, e quindi sufficiente, nelle proporzioni
rispondenti alla ricchezza disponibile, a permettere al lavoratore ed alla sua famiglia, un tenore di
vita conforme alla dignità umana. In materia, il nostro predecessore Pio XII così si esprimeva: “Al
dovere personale del lavoro imposto dalla natura corrisponde e consegue il diritto naturale in
ciascun individuo a fare del lavoro il mezzo per provvedere alla vita propria e dei figli: tanto
altamente è ordinato per la conservazione dell’uomo l’impero della natura” [12]. Scaturisce pure
dalla natura dell’uomo il diritto di proprietà privata sui beni anche produttivi: “diritto che costituisce
un mezzo idoneo all’affermazione della persona umana e all’esercizio della responsabilità in tutti i
campi, un elemento di consistenza e di serenità per la vita familiare e di pacifico e ordinato sviluppo
nella convivenza” [13].
Torna opportuno ricordare che al diritto di proprietà privata è intrinsecamente inerente una funzione
sociale [14].
Diritto di riunione e di associazione
11. Dalla intrinseca socialità degli esseri umani fluisce il diritto di riunione e di associazione; come
pure il diritto di conferire alle associazioni la struttura che si ritiene idonea a perseguire gli obiettivi
delle medesime; e il diritto di muoversi nell’interno di esse di propria iniziativa e sulla propria
responsabilità per il concreto perseguimento di detti obiettivi [15].
Nell’enciclica Mater et magistra a ragione è detto che la creazione di una ricca gamma di
associazioni o corpi intermedi per il perseguimento di obiettivi che i singoli esseri umani non
possono efficacemente perseguire che associandosi, si rivela un elemento necessario e insostituibile
perché sia assicurata alla persona umana una sfera sufficiente di libertà e di responsabilità [16].
Diritto di emigrazione e di immigrazione
12. Ogni essere umano ha il diritto alla libertà di movimento e di dimora nell’interno della comunità
politica di cui è cittadino; ed ha pure il diritto, quando legittimi interessi lo consiglino, di immigrare
in altre comunità politiche e stabilirsi in esse [17]. Per il fatto che si è cittadini di una determinata
comunità politica, nulla perde di contenuto la propria appartenenza, in qualità di membri, alla stessa
famiglia umana; e quindi l’appartenenza, in qualità di cittadini, alla comunità mondiale.
Diritti a contenuto politico
13. Dalla dignità della persona scaturisce il diritto di prender parte attiva alla vita pubblica e addurre
un apporto personale all’attuazione del bene comune. “L’uomo, come tale, lungi dall’essere
l’oggetto e un elemento passivo nella vita sociale, ne è invece e deve esserne e rimanerne il
soggetto, il fondamento e il fine” [18].
Fondamentale diritto della persona è pure la tutela giuridica dei propri diritti: tutela efficace,
imparziale, informata a criteri obiettivi di giustizia.
“Dall’ordinamento giuridico, voluto da Dio, promana l’inalienabile diritto dell’uomo alla sicurezza
giuridica, e con ciò stesso ad una sfera concreta di diritti, protetta contro ogni arbitrario attacco”
[19].

I doveri

Indissolubile rapporto fra diritti e doveri nella stessa persona

14. I diritti naturali testé ricordati sono indissolubilmente congiunti, nella stessa persona che ne è il
soggetto, con altrettanti rispettivi doveri; e hanno entrambi nella legge naturale, che li conferisce o
che li impone, la loro radice, il loro alimento, la loro forza indistruttibile.
Il diritto, ad esempio, di ogni essere umano all’esistenza è connesso con il suo dovere di conservarsi
in vita; il diritto ad un dignitoso tenore di vita con il dovere di vivere dignitosamente; e il diritto alla
libertà nella ricerca del vero è congiunto con il dovere di cercare la verità, in vista di una
conoscenza della medesima sempre più vasta e profonda.
Reciprocità di diritti e di doveri fra persone diverse
15. Nella convivenza umana ogni diritto naturale in una persona comporta un rispettivo dovere in
tutte le altre persone: il dovere di riconoscere e rispettare quel diritto. Infatti ogni diritto
fondamentale della persona trae la sua forza morale insopprimibile dalla legge naturale che lo
conferisce, e impone un rispettivo dovere. Coloro pertanto che, mentre rivendicano i propri diritti,
dimenticano o non mettono nel debito rilievo i rispettivi doveri, corrono il pericolo di costruire con
una mano e distruggere con l’altra.
Nella mutua collaborazione
16. Gli esseri umani, essendo persone, sono sociali per natura. Sono nati quindi per convivere e
operare gli uni a bene degli altri. Ciò richiede che la convivenza umana sia ordinata, e quindi che i
vicendevoli diritti e doveri siano riconosciuti ed attuati; ma richiede pure che ognuno porti
generosamente il suo contributo alla creazione di ambienti umani, in cui diritti e doveri siano
sostanziati da contenuti sempre più ricchi.
Non basta, ad esempio, riconoscere e rispettare in ogni essere umano il diritto ai mezzi di
sussistenza: occorre pure che ci si adoperi, secondo le proprie forze, perché ogni essere umano
disponga di mezzi di sussistenza in misura sufficiente.
La convivenza fra gli esseri umani, oltre che ordinata, è necessario che sia per essi feconda di bene.
Ciò postula che essi riconoscano e rispettino i loro vicendevoli diritti ed adempiano i rispettivi
doveri, ma postula pure che collaborino tra loro nelle mille forme e gradi che l’incivilimento
acconsente, suggerisce, reclama.
In attitudine di responsabilità
17. La dignità di persona, propria di ogni essere umano, esige che esso operi consapevolmente e
liberamente. Per cui nei rapporti della convivenza, i diritti vanno esercitati, i doveri vanno compiuti,
le mille forme di collaborazione vanno attuate specialmente in virtù di decisioni personali; prese
cioè per convinzione, di propria iniziativa, in attitudine di responsabilità, e non in forza di
coercizioni o pressioni provenienti soprattutto dall’esterno.
Una convivenza fondata soltanto su rapporti di forza non è umana. In essa infatti è inevitabile che le
persone siano coartate o compresse, invece di essere facilitate e stimolate a sviluppare e
perfezionare se stesse.
Convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà
18. La convivenza fra gli esseri umani è quindi ordinata, feconda e rispondente alla loro dignità di
persone, quando si fonda sulla verità, conformemente al richiamo dell’apostolo Paolo: “Via dunque
da voi la menzogna e parli ciascuno col suo prossimo secondo verità, poiché siamo membri gli uni
degli altri” (Ef 4,25). Ciò domanda che siano sinceramente riconosciuti i reciproci diritti e
vicendevoli doveri. Ed è inoltre una convivenza che si attua secondo giustizia o nell’effettivo
rispetto di quei diritti e nel leale adempimento dei rispettivi doveri; che è vivificata e integrata
dall’amore, atteggiamento d’animo che fa sentire come propri i bisogni e le esigenze altrui, rende
partecipi gli altri dei propri beni e mira a rendere sempre più vivida la comunione nel mondo dei
valori spirituali; ed è attuata nella libertà, nel modo cioè che si addice alla dignità di esseri portati
dalla loro stessa natura razionale ad assumere la responsabilità del proprio operare.
19. La convivenza umana, venerabili fratelli e diletti figli, deve essere considerata anzitutto come
un fatto spirituale: quale comunicazione di conoscenze nella luce del vero; esercizio di diritti e
adempimento di doveri; impulso e richiamo al bene morale; e come nobile comune godimento del
bello in tutte le sue legittime espressioni; permanente disposizione ad effondere gli uni negli altri il
meglio di se stessi; anelito ad una mutua e sempre più ricca assimilazione di valori spirituali: valori
nei quali trovano la loro perenne vivificazione e il loro orientamento di fondo le espressioni
culturali, il mondo economico, le istituzioni sociali, i movimenti e i regimi politici, gli ordinamenti
giuridici e tutti gli altri elementi esteriori, in cui si articola e si esprime la convivenza nel suo
evolversi incessante.
Ordine morale che ha per fondamento oggettivo il vero Dio
20. L’ordine tra gli esseri umani nella convivenza è di natura morale. Infatti, è un ordine che si
fonda sulla verità; che va attuato secondo giustizia; domanda di essere vivificato e integrato
dall’amore; esige di essere ricomposto nella libertà in equilibri sempre nuovi e più umani.
Sennonché l’ordine morale — universale, assoluto ed immutabile nei suoi principi — trova il suo
oggettivo fondamento nel vero Dio, trascendente e personale. Egli è la prima Verità e il sommo
Bene; e quindi la sorgente più profonda da cui soltanto può attingere la sua genuina vitalità una
convivenza fra gli esseri umani ordinata, feconda, rispondente alla loro dignità di persone [20]. In
materia, con chiarezza si esprime san Tommaso: “La ragione umana è norma della volontà, di cui
misura pure il grado di bontà, per il fatto che deriva dalla legge eterna, che si identifica con la stessa
ragione divina… È quindi chiaro che la bontà della volontà umana dipende molto più dalla legge
eterna che non dalla ragione umana” [21].
Segni dei tempi
21. Tre fenomeni caratterizzano l’epoca moderna.
Anzitutto l’ascesa economico-sociale delle classi lavoratrici. Nelle prime fasi del loro movimento di
ascesa i lavoratori concentravano la loro azione nel rivendicare diritti a contenuto soprattutto
economico-sociale; la estendevano quindi ai diritti di natura politica; e infine al diritto di partecipare
in forme e gradi adeguati ai beni della cultura. Ed oggi, in tutte le comunità nazionali, nei lavoratori
è vividamente operante l’esigenza di essere considerati e trattati non mai come esseri privi di
intelligenza e di libertà, in balia dell’altrui arbitrio, ma sempre come soggetti o persone in tutti i
settori della convivenza, e cioè nei settori economico-sociali, in quelli della cultura e in quelli della
vita pubblica.
22. In secondo luogo viene un fatto a tutti noto, e cioè l’ingresso della donna nella vita pubblica: più
accentuatamente, forse, nei popoli di civiltà cristiana; più lentamente, ma sempre su larga scala, tra
le genti di altre tradizioni o civiltà. Nella donna, infatti, diviene sempre più chiara e operante la
coscienza della propria dignità. Sa di non poter permettere di essere considerata e trattata come
strumento; esige di essere considerata come persona, tanto nell’ambito della vita domestica che in
quello della vita pubblica.
23. Infine la famiglia umana, nei confronti di un passato recente, presenta una configurazione
sociale-politica profondamente trasformata. Non più popoli dominatori e popoli dominati: tutti i
popoli si sono costituiti o si stanno costituendo in comunità politiche indipendenti.
24. Gli esseri umani, in tutti i paesi e in tutti i continenti, o sono cittadini di uno stato autonomo e
indipendente, o stanno per esserlo; nessuno ama sentirsi suddito di poteri politici provenienti dal di
fuori della propria comunità umana o gruppo etnico. In moltissimi esseri umani si va così
dissolvendo il complesso di inferiorità protrattosi per secoli e millenni; mentre in altri si attenua e
tende a scomparire il rispettivo complesso di superiorità, derivante dal privilegio economico-sociale
o dal sesso o dalla posizione politica.
Al contrario è diffusa assai largamente la convinzione che tutti gli uomini sono uguali per dignità
naturale. Per cui le discriminazioni razziali non trovano più alcuna giustificazione, almeno sul piano
della ragione e della dottrina; ciò rappresenta una pietra miliare sulla via che conduce
all’instaurazione di una convivenza umana informata ai principi sopra esposti. Quando, infatti, negli
esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere
l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti
come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di
riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli.
25. E quando i rapporti della convivenza si pongono in termini di diritti e di doveri, gli esseri umani
si aprono sul mondo dei valori spirituali, e comprendono che cosa sia la verità, la giustizia, l’amore,
la libertà; e diventano consapevoli di appartenere a quel mondo. Ma sono pure sulla via che li porta
a conoscere meglio il vero Dio, trascendente e personale; e ad assumere il rapporto fra se stessi e
Dio a solido fondamento e a criterio supremo della loro vita: di quella che vivono nell’intimità di se
stessi e di quella che vivono in relazione con gli altri.

RAPPORTI TRA GLI ESSERI UMANI E I POTERI PUBBLICI ALL’INTERNO DELLE
SINGOLE COMUNITÀ POLITICHE

Necessità dell’autorità e sua origine divina
26. La convivenza fra gli esseri umani non può essere ordinata e feconda se in essa non è presente
un’autorità che assicuri l’ordine e contribuisca all’attuazione del bene comune in grado sufficiente.
Tale autorità, come insegna san Paolo, deriva da Dio: “Non vi è infatti autorità se non da Dio”
(Rm13,1-6). Il quale testo dell’Apostolo viene commentato nei seguenti termini da san Giovanni
Crisostomo: “Che dici? Forse ogni singolo governante è costituito da Dio? No, non dico questo: qui
non si tratta infatti di singoli governanti, ma del governare in se stesso. Ora il fatto che esista
l’autorità e che vi sia chi comanda e chi obbedisce, non proviene dal caso, ma da una disposizione
della Provvidenza divina” [22]. Iddio, infatti, ha creato gli esseri umani sociali per natura; e poiché
non vi può essere “società che si sostenga, se non c’è chi sovrasti gli altri, muovendo ognuno con
efficacia ed unità di mezzi verso un fine comune, ne segue che alla convivenza civile è
indispensabile l’autorità che regga; la quale, non altrimenti che la società, è da natura, e perciò
stesso viene da Dio” [23].
27. L’autorità non è una forza incontrollata: è invece la facoltà di comandare secondo ragione. Trae
quindi la virtù di obbligare dall’ordine morale: il quale si fonda in Dio, che ne è il primo principio e
l’ultimo fine. “Lo stesso ordine assoluto degli esseri e dei fini che mostra l’uomo come persona
autonoma, vale a dire soggetto di doveri e di diritti inviolabili, radice e termine della sua vita
sociale, abbraccia anche lo Stato come società necessaria, rivestita dall’autorità, senza la quale non
potrebbe né esistere, né vivere… E poiché quell’ordine assoluto, alla luce della sana ragione, e
segnatamente della fede cristiana, non può avere altra origine che in un Dio personale, nostro
Creatore, ne consegue che la dignità dell’autorità politica è la dignità della sua partecipazione
all’autorità di Dio” [24].
28. L’autorità che si fonda solo o principalmente sulla minaccia o sul timore di pene o sulla
promessa e attrattiva di premi, non muove efficacemente gli esseri umani all’attuazione del bene
comune; e se anche, per ipotesi, li movesse, ciò non sarebbe conforme alla loro dignità di persone, e
cioè di esseri ragionevoli e liberi. L’autorità è, soprattutto, una forza morale; deve, quindi, in primo
luogo, fare appello alla coscienza, al dovere cioè che ognuno ha di portare volonterosamente il suo
contributo al bene di tutti. Sennonché gli esseri umani sono tutti uguali per dignità naturale: nessuno
di esso può obbligare gli altri interiormente. Soltanto Dio lo può, perché egli solo vede e giudica gli
atteggiamenti che si assumono nel segreto del proprio spirito.
29. L’autorità umana pertanto può obbligare moralmente soltanto se è in rapporto intrinseco con
l’autorità di Dio, ed è una partecipazione di essa [25].
In tal modo è pure salvaguardata la dignità personale dei cittadini, giacché la loro obbedienza ai
poteri pubblici non è sudditanza di uomo a uomo, ma nel suo vero significato è un atto di omaggio a
Dio creatore e provvido, il quale ha disposto che i rapporti della convivenza siano regolati secondo
un ordine da lui stesso stabilito; e rendendo omaggio a Dio, non ci si umilia, ma ci si eleva e ci si
nobilita, giacché servire Deo regnare est. [26].
30. L’autorità, come si è detto, è postulata dall’ordine morale e deriva da Dio. Qualora pertanto le
sue leggi o autorizzazioni siano in contrasto con quell’ordine, e quindi in contrasto con la volontà di
Dio, esse non hanno forza di obbligare la coscienza, poiché “bisogna obbedire a Dio piuttosto che
agli uomini”; (At 5,29) in tal caso, anzi, l’autorità cessa di essere tale e degenera in sopruso. “La
legge umana in tanto è tale in quanto è conforme alla retta ragione e quindi deriva dalla legge
eterna. Quando invece una legge è in contrasto con la ragione, la si denomina legge iniqua; in tal
caso però cessa di essere legge e diviene piuttosto un atto di violenza” [27].
31. Tuttavia per il fatto che l’autorità deriva da Dio, non ne segue che gli esseri umani non abbiano
la libertà di scegliere le persone investite del compito di esercitarla; come pure di determinare le
strutture di poteri pubblici, e gli ambiti entro cui e i metodi secondo i quali l’autorità va esercitata.
Per cui la dottrina sopra esposta è pienamente conciliabile con ogni sorta di regimi genuinamente
democratici [28].
L’attuazione del bene comune: ragione d’essere dei poteri pubblici
32. Tutti gli esseri umani e tutti i corpi intermedi sono tenuti a portare il loro specifico contributo
all’attuazione del bene comune. Ciò comporta che perseguano i propri interessi in armonia con le
sue esigenze; e adducano, allo stesso scopo, gli apporti — in beni e servizi — che le legittime
autorità stabiliscono, secondo criteri di giustizia, nella debita forma e nell’ambito della propria
competenza; e cioè con atti formalmente perfetti e i cui contenuti siano moralmente buoni o,
almeno, ordinabili al bene.
Però l’attuazione del bene comune costituisce la stessa ragione di essere dei poteri pubblici; i quali
sono tenuti ad attuarlo nel riconoscimento e nel rispetto dei suoi elementi essenziali e secondo
contenuti postulati dalle situazioni storiche [29].
Aspetti fondamentali del bene comune
33. Vanno certamente considerati come elementi del bene comune le caratteristiche etniche che
contraddistinguono i vari gruppi umani [30]. Però quei valori e quelle caratteristiche non
esauriscono il contenuto del bene comune. Il quale nei suoi aspetti essenziali e più profondi non può
essere concepito in termini dottrinali e meno ancora determinato nei suoi contenuti storici che
avendo riguardo all’uomo, essendo esso un oggetto essenzialmente correlativo alla natura umana
[31].
34. In secondo luogo quello comune è un bene a cui hanno diritto di partecipare tutti i membri di
una comunità politica, anche se in grado diverso a seconda dei loro compiti, meriti e condizioni. I
poteri pubblici quindi sono tenuti a promuoverlo a vantaggio di tutti senza preferenza per alcuni
cittadini o per alcuni gruppi di essi, come insegna il nostro predecessore Leone XIII. “Né in veruna
guisa si deve far sì che la civile autorità serva all’interesse di uno o di pochi, essendo essa invece
stabilita a vantaggio di tutti” [32]. Però ragioni di giustizia e di equità possono talvolta esigere che i
poteri pubblici abbiano speciali riguardi per le membra più deboli del corpo sociale, trovandosi esse
in condizioni di inferiorità nel far vedere i loro diritti e nel perseguire i loro legittimi interessi [33].
35. Ma qui dobbiamo richiamare l’attenzione sul fatto che il bene comune ha attinenza a tutto
l’uomo: tanto ai bisogni del suo corpo che alle esigenze del suo spirito. Per cui i poteri pubblici si
devono adoperare ad attuarlo nei modi e nei gradi che ad essi convengono; in maniera tale però da
promuovere simultaneamente, nel riconoscimento e nel rispetto della gerarchia dei valori, tanto la
prosperità materiale che i beni spirituali [34].
I principi sono indicati in perfetta armonia con quanto abbiamo esposto nella Mater et magistra: “il
bene comune consiste nell’insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli
esseri umani lo sviluppo integrale della loro persona” [35].
Ma gli esseri umani, composti di corpo e di anima immortale, non esauriscono la loro esistenza né
conseguono la loro perfetta felicità nell’ambito del tempo. Per cui il bene comune va attuato in
modo non solo da non porre ostacoli, ma da servire altresì al raggiungimento del loro fine
ultraterreno ed eterno [36].
Compiti dei poteri pubblici e diritti e doveri della persona
36. Nell’epoca moderna l’attuazione del bene comune trova la sua indicazione di fondo nei diritti e
nei doveri della persona. Per cui i compiti precipui dei poteri pubblici consistono, soprattutto, nel
riconoscere, rispettare, comporre, tutelare e promuovere quei diritti; e nel contribuire, di
conseguenza, a rendere più facile l’adempimento dei rispettivi doveri. “Tutelare l’intangibile campo
dei diritti della persona umana e renderle agevole il compito dei suoi doveri vuol essere ufficio
essenziale di ogni pubblico potere” [37].
Per cui ogni atto dei poteri pubblici, che sia od implichi un misconoscimento o una violazione di
quei diritti, è un atto contrastante con la stessa loro ragione di essere e rimane per ciò stesso
destituito d’ogni valore giuridico [38].
Armonica composizione ed efficace tutela dei diritti e doveri della persona
37. È quindi compito fondamentale dei poteri pubblici disciplinare e comporre armonicamente i
rapporti tra gli esseri umani in maniera che l’esercizio dei diritti negli uni non costituisca un
ostacolo o una minaccia per l’esercizio degli stessi diritti negli altri, e si accompagni
all’adempimento dei rispettivi doveri; ed è ancora compito loro tutelare efficacemente o ripristinare
l’esercizio di tali diritti [39].
Dovere di promuovere i diritti della persona
38. È inoltre un’esigenza del bene comune che i poteri pubblici contribuiscano positivamente alla
creazione di un ambiente umano nel quale a tutti i membri del corpo sociale sia reso possibile e
facilitato l’effettivo esercizio degli accennati diritti, come pure l’adempimento dei rispettivi doveri.
Infatti l’esperienza attesta che qualora manchi una appropriata azione dei poteri pubblici, gli
squilibri economici, sociali e culturali tra gli esseri umani tendono, soprattutto nell’epoca nostra, ad
accentuarsi; di conseguenza i fondamentali diritti della persona rischiano di rimanere privi di
contenuto; e viene compromesso l’adempimento dei rispettivi doveri.
39. È perciò indispensabile che i poteri pubblici si adoperino perché allo sviluppo economico si
adegui il progresso sociale; e quindi perché siano sviluppati, in proporzione dell’efficienza dei
sistemi produttivi, i servizi essenziali, quali: la viabilità, i trasporti, le comunicazioni, l’acqua
potabile, l’abitazione, l’assistenza sanitaria, l’istruzione, condizioni idonee per la vita religiosa, i
mezzi ricreativi. E devono anche provvedere a che si dia vita a sistemi assicurativi in maniera che,
al verificarsi di eventi negativi o di eventi che comportino maggiori responsabilità familiari, ad ogni
essere umano non vengano meno i mezzi necessari ad un tenore di vita dignitoso; come pure
affinché a quanti sono in grado di lavorare sia offerta una occupazione rispondente alle loro
capacità; la rimunerazione del lavoro sia determinata secondo criteri di giustizia e di equità; ai
lavoratori, nei complessi produttivi, sia acconsentito svolgere le proprie attività in attitudine di
responsabilità; sia facilitata la istituzione dei corpi intermedi che rendono più articolata e più
feconda la vita sociale; sia resa accessibile a tutti, nei modi e gradi opportuni, la partecipazione ai
beni della cultura.
Equilibrio fra le due forme di intervento dei poteri pubblici
40. Il bene comune esige che i poteri pubblici, nei confronti dei diritti della persona, svolgano una
duplice azione: l’una diretta a comporre e tutelare quei diritti, l’altra a promuoverli. In materia però
va posta la più vigilante attenzione perché le due azioni siano saggiamente contemperate. Si deve
quindi evitare che, attraverso la preferenza data alla tutela dei diritti di alcuni individui o gruppi
sociali, si creino posizioni di privilegio; e si deve pure evitare che, nell’intento di promuovere gli
accennati diritti, si arrivi all’assurdo risultato di ridurre eccessivamente o renderne impossibile il
genuino esercizio. “Dev’essere sempre riaffermato il principio che la presenza dello Stato in campo
economico non va attuata per ridurre sempre più la sfera di libertà della iniziativa personale dei
singoli cittadini, ma per garantire a quella sfera la maggiore ampiezza possibile, nell’effettiva tutela,
per tutti e per ciascuno, dei diritti essenziali della persona” [40].
Allo stesso principio devono ispirarsi i poteri pubblici nello svolgimento della loro multiforme
azione diretta a promuovere l’esercizio di diritti e a renderne meno arduo l’adempimento di doveri
in tutti i settori della vita sociale.
Struttura e funzionamento dei poteri pubblici
41. Non si può stabilire, una volta per sempre, qual è la struttura migliore secondo cui devono
organizzarsi i poteri pubblici, come pure il modo più idoneo secondo il quale devono svolgere le
loro specifiche funzioni, e cioè la funzione legislativa, amministrativa, giudiziaria.
Giacché la struttura e il funzionamento dei poteri pubblici non possono non essere in relazione con
le situazioni storiche delle rispettive comunità politiche: situazioni che variano nello spazio e
mutano nel tempo. Però riteniamo rispondente ad esigenze insite nella stessa natura degli uomini
l’organizzazione giuridico-politica della comunità umana, fondata su una conveniente divisione dei
poteri in corrispondenza alle tre specifiche funzioni dell’autorità pubblica. In essa infatti la sfera di
competenza e il funzionamento dei poteri pubblici sono definiti in termini giuridici; e in termini
giuridici sono pure disciplinati i rapporti fra semplici cittadini e funzionari. Ciò costituisce un
elemento di garanzia a favore dei cittadini nell’esercizio dei loro diritti e nell’adempimento dei loro
doveri.
42. Però affinché l’accennata organizzazione giuridica-politica delle comunità umane arrechi i
vantaggi che le sono propri, è indispensabile che i poteri pubblici si adeguino nei metodi e nei
mezzi alla natura e complessità dei problemi che sono chiamati a risolvere nell’ambiente in cui
operano; ed è pure indispensabile che ognuno di essi svolga la propria funzione in modo pertinente.
Ciò comporta che il potere legislativo si muova nell’ambito dell’ordine morale e della norma
costituzionale, e interpreti obiettivamente le esigenze del bene comune nell’incessante evolversi
delle situazioni; che il potere esecutivo applichi le leggi con saggezza nella piena conoscenza delle
medesime e in una valutazione serena dei casi concreti; che il potere giudiziario amministri la
giustizia con umana imparzialità, inflessibile di fronte alle pressioni di qualsivoglia interesse di
parte, e comporta pure che i singoli cittadini e i corpi intermedi, nell’esercizio dei loro doveri,
godano di una tutela giuridica efficace tanto nei loro vicendevoli rapporti che nei confronti dei
funzionari pubblici [41].
Ordinamento giuridico e coscienza morale
43. Un ordinamento giuridico in armonia con l’ordine morale e rispondente al grado di maturità
della comunità politica, di cui è espressione, costituisce, non v’è dubbio, un elemento fondamentale
per l’attuazione del bene comune.
Però la vita sociale, nei nostri tempi, è così varia, complessa e dinamica, che gli ordinamenti
giuridici, anche se elaborati con competenza consumata e lungimirante avvedutezza, sono sempre
inadeguati.
Inoltre i rapporti fra i singoli esseri umani; fra i singoli esseri umani e i corpi intermedi da una parte,
e i poteri pubblici dall’altra; come pure i rapporti fra gli stessi poteri pubblici nell’interno della
compagine statale, presentano zone spesso così delicate e nevralgiche, che non sono suscettibili di
essere disciplinate con quadri giuridici ben definiti. Per cui le persone investite di autorità per
essere, nello stesso tempo, fedeli agli ordinamenti giuridici esistenti, considerati nei loro elementi e
nella loro ispirazione di fondo, e aperti alle istanze che salgono dalla vita sociale; come pure per
adeguare gli ordinamenti giuridici all’evolversi delle situazioni e risolvere, nel modo migliore, i
sempre nuovi problemi, devono avere idee chiare sulla natura e sull’ampiezza dei loro compiti; e
devono essere persone di grande equilibrio e di spiccata dirittura morale, fornite di intuito pratico,
per interpretare con rapidità e obiettivamente i casi concreti, e di volontà decisa e vigorosa per agire
con tempestività ed efficacia.
La partecipazione dei cittadini alla vita pubblica
44. È un’esigenza della loro dignità di persone che gli esseri umani prendano parte attiva alla vita
pubblica, anche se le forme con cui vi partecipano sono necessariamente legate al grado di maturità
umana raggiunto dalla comunità politica di cui sono membri e in cui operano.
Attraverso la partecipazione alla vita pubblica si aprono agli esseri umani nuovi e vasti campi di
bene, mentre i frequenti contatti fra cittadini e funzionari pubblici rendono a questi meno arduo
cogliere le esigenze obiettive del bene comune; e l’avvicendarsi dei titolari nei poteri pubblici
impedisce il loro logorio e assicura il loro rinnovarsi in rispondenza dell’evolversi sociale.
Segni dei tempi
45. Nell’organizzazione giuridica delle comunità politiche nell’epoca moderna, si riscontra anzitutto
la carta dei diritti fondamentali degli esseri umani: carta che viene, non di rado, inserita nelle
costituzioni o che forma parte integrante di esse.
In secondo luogo si tende pure a fissare in termini giuridici, per mezzo della compilazione di un
documento denominato costituzione, le vie attraverso le quali si formano i poteri pubblici; come
pure i loro reciproci rapporti, le sfere di loro competenza, i modi o metodi secondo cui sono tenuti a
procedere nel porre in essere i loro atti.
Si stabiliscono, quindi, in termini di diritti e di doveri i rapporti tra i cittadini e i poteri pubblici; e si
ascrive ai poteri pubblici il compito preminente di riconoscere, rispettare, comporre armonicamente,
tutelare e promuovere i diritti e i doveri dei cittadini.
Certo non può essere accettata come vera la posizione dottrinale di quanti erigono la volontà degli
esseri umani, presi individualmente o comunque raggruppati, a fonte prima ed unica donde
scaturiscono diritti e doveri, donde promana tanto l’obbligatorietà delle costituzioni che l’autorità
dei poteri pubblici [42].
46. Però le tendenze, di cui si è fatto cenno, sono pure un segno indubbio che gli esseri umani,
nell’epoca moderna, hanno acquistato una coscienza più viva della propria dignità: coscienza che,
mentre li sospinge a prendere parte attiva alla vita pubblica, esige pure che i diritti della persona —
diritti inalienabili e inviolabili — siano riaffermati negli ordinamenti giuridici positivi; ed esige
inoltre che i poteri pubblici siano formati con procedimenti stabiliti da norme costituzionali, ed
esercitino le loro specifiche funzioni nell’ambito di quadri giuridici.

RAPPORTI FRA LE COMUNITÀ POLITICHE

Soggetti di diritti e di doveri
47. Riaffermiamo noi pure quello che costantemente hanno insegnato i nostri predecessori: le
comunità politiche, le une rispetto alle altre, sono soggetti di diritti e di doveri; per cui anche i loro
rapporti vanno regolati nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante, nella libertà. La stessa
legge morale, che regola i rapporti fra i singoli esseri umani, regola pure i rapporti tra le rispettive
comunità politiche.
Ciò non è difficile a capirsi quando si pensi che le persone che rappresentano le comunità politiche,
mentre operano in nome e per l’interesse delle medesime, non possono venire meno alla propria
dignità; e quindi non possono violare la legge della propria natura, che è la legge morale.
Sarebbe del resto assurdo anche solo il pensare che gli uomini, per il fatto che vengono preposti al
governo della cosa pubblica, possano essere costretti a rinunciare alla propria umanità; quando
invece sono scelti a quell’alto compito perché considerati membra più ricche di qualità umane e fra
le migliori del corpo sociale.
Inoltre, l’autorità è un’esigenza dell’ordine morale nella società umana; non può quindi essere usata
contro di esso, e se lo fosse, nello stesso istante cesserebbe di essere tale; perciò ammonisce il
Signore: “udite pertanto voi, o re, e ponete mente, imparate voi che giudicate tutta la terra. Porgete
le orecchie voi che avete il governo dei popoli, e vi gloriate di aver soggette molte nazioni: la
potestà è stata data a voi dal Signore e la dominazione dall’Altissimo, il quale disaminerà le opere
vostre, e sarà scrutatore dei pensieri” (Sap 6,2-4).
48. Infine è pure da ricordare che anche nella regolazione dei rapporti fra le comunità politiche,
l’autorità va esercitata per attuare il bene comune, che costituisce la sua ragione di essere. Elemento
però fondamentale del bene comune è il riconoscimento e il rispetto dell’ordine morale. “L’ordine
tra le comunità politiche ha da essere innalzato sulla rupe incrollabile e immutabile della legge
morale, manifestata dal Creatore stesso per mezzo dell’ordine naturale e da lui scolpita nei cuori
degli uomini con caratteri incancellabili… Quale faro splendente, essa deve, coi raggi dei suoi
principi, dirigere il corso dell’operosità degli uomini e degli Stati, i quali avranno da seguirne le
ammonitrici, salutari e proficue segnalazioni, se non vorranno condannare alla bufera e al naufragio
ogni lavoro e sforzo per stabilire un nuovo ordinamento” [43].
Nella verità
49. I rapporti fra le comunità politiche vanno regolati nella verità. La quale esige anzitutto che da
quei rapporti venga eliminata ogni traccia di razzismo; e venga quindi riconosciuto il principio che
tutte le comunità politiche sono uguali per dignità di natura; per cui ognuna di esse ha il diritto
all’esistenza, al proprio sviluppo, ai mezzi idonei per attuarlo, ad essere la prima responsabile
nell’attuazione del medesimo; e ha pure il diritto alla buona reputazione e ai dovuti onori.
Fra gli esseri umani molto spesso sussistono differenze, anche spiccate, nel sapere, nella virtù, nelle
capacità inventive, nel possesso di beni materiali. Ma ciò non può mai giustificare il proposito di far
pesare la propria superiorità sugli altri; piuttosto costituisce una sorgente di maggiore responsabilità
nell’apporto che ognuno e tutti devono addurre alla vicendevole elevazione.
Così le comunità politiche possono differire tra loro nel grado di cultura e di civiltà o di sviluppo
economico; però ciò non può mai giustificare il fatto che le une facciano valere ingiustamente la
loro superiorità sulle altre; piuttosto può costituire un motivo perché si sentano più impegnate
nell’opera per la comune ascesa.
50. Non ci sono esseri umani superiori per natura ed esseri umani inferiori per natura; ma tutti gli
esseri umani sono uguali per dignità naturale. Di conseguenza non ci sono neppure comunità
politiche superiori per natura e comunità politiche inferiori per natura: tutte le comunità politiche
sono uguali per dignità naturale, essendo esse dei corpi le cui membra sono gli stessi esseri umani.
Né va quindi dimenticato che i popoli, a ragione, sono sensibilissimi in materia di dignità e di
onore.
Inoltre la verità esige che nelle molteplici iniziative rese possibili dai progressi moderni nei mezzi
espressivi — iniziative attraverso le quali si diffonde la mutua conoscenza fra i popoli — ci si ispiri
a serena obiettività: il che non esclude che sia legittima nei popoli una preferenza di far conoscere
gli aspetti positivi della loro vita. Vanno però respinti i metodi di informazione con i quali, venendo
meno alla verità, si lede ingiustamente la riputazione di questo o di quel popolo [44].
Secondo giustizia
51. I rapporti fra le comunità politiche vanno inoltre regolati secondo giustizia: il che comporta,
oltre che il riconoscimento dei vicendevoli diritti, l’adempimento dei rispettivi doveri.
Le comunità politiche hanno il diritto all’esistenza, al proprio sviluppo, ai mezzi idonei per attuarlo:
ad essere le prime artefici nell’attuazione del medesimo; ed hanno pure il diritto alla buona
riputazione e ai debiti onori: di conseguenza e simultaneamente le stesse comunità politiche hanno
pure il dovere di rispettare ognuno di quei diritti; e di evitare quindi le azioni che ne costituiscono
una violazione. Come nei rapporti tra i singoli esseri umani, agli uni non è lecito perseguire i propri
interessi a danno degli altri, così nei rapporti fra le comunità politiche, alle une non è lecito
sviluppare se stesse comprimendo od opprimendo le altre. Cade qui opportuno il detto di
sant’Agostino: “Abbandonata la giustizia, a che si riducono i regni, se non a grandi latrocini?” [45].
Certo, anche tra le comunità politiche possono sorgere e di fatto sorgono contrasti di interessi; però
i contrasti vanno superati e le rispettive controversie risolte, non con il ricorso alla forza, con la
frode o con l’inganno, ma, come si addice agli esseri umani, con la reciproca comprensione,
attraverso valutazioni serenamente obiettive e l’equa composizione.
Il trattamento delle minoranze
52. Dal XIX secolo una tendenza di fondo assai estesa nell’evolversi storico è che le comunità
politiche si adeguano a quelle nazionali. Però, per un insieme di cause, non sempre riesce di far
coincidere i confini geografici con quelli etnici: ciò dà origine al fenomeno delle minoranze e ai
rispettivi complessi problemi.
Va affermato nel modo più esplicito che una azione diretta a comprimere e a soffocare il flusso
vitale delle minoranze è grave violazione della giustizia; e tanto più lo è quando viene svolta per
farle scomparire.
Risponde invece ad un’esigenza di giustizia che i poteri pubblici portino il loro contributo nel
promuovere lo sviluppo umano delle minoranze, con misure efficaci a favore della loro lingua, della
loro cultura, del loro costume, delle loro risorse ed iniziative economiche [46].
53. Qui però va rilevato che i membri delle minoranze, come conseguenza di una reazione al loro
stato attuale o a causa delle loro vicende storiche, possono essere portati, non di rado, ad accentuare
l’importanza degli elementi etnici, da cui sono caratterizzati, fino a porli al di sopra dei valori
umani; come se ciò che è proprio dell’umanità fosse in funzione di ciò che e proprio della nazione.
Mentre saggezza vorrebbe che sapessero pure apprezzare gli aspetti positivi di una condizione che
consente loro l’arricchimento di se stessi con l’assimilazione graduale e continuata di valori propri
di tradizioni o civiltà differenti da quella alla quale essi appartengono. Ciò però si verificherà
soltanto se essi sapranno essere come un ponte che facilita la circolazione della vita nelle sue varie
espressioni fra le differenti tradizioni o civiltà, e non invece una zona di attrito che arreca danni
innumerevoli e determina ristagni o involuzioni.
Solidarietà operante
54. I rapporti tra le comunità politiche vanno regolati nella verità e secondo giustizia; ma quei
rapporti vanno pure vivificati dall’operante solidarietà attraverso le mille forme di collaborazione
economica, sociale, politica, culturale, sanitaria, sportiva: forme possibili e feconde nella presente
epoca storica. In argomento occorre sempre considerare che la ragione d’essere dei poteri pubblici
non è quella di chiudere e comprimere gli esseri umani nell’ambito delle rispettive comunità
politiche; è invece quella di attuare il bene comune delle stesse comunità politiche; il quale bene
comune però va concepito e promosso come una componente del bene comune dell’intera famiglia
umana.
Ciò importa non solo che le singole comunità politiche perseguano i propri interessi senza
danneggiarsi le une le altre, ma che mettano pure in comune l’opera loro quando ciò sia
indispensabile per il raggiungimento di obiettivi altrimenti non raggiungibili: nel qual caso però
occorre usare ogni riguardo perché ciò che torna di utilità ad un gruppo di comunità politiche non
sia di nocumento ad altre, ma abbia anche su esse riflessi positivi.
Il bene comune universale inoltre esige che le comunità politiche favoriscano gli scambi, in ogni
settore, fra i rispettivi cittadini e i rispettivi corpi intermedi.
55. Sulla terra esiste un numero rilevante di gruppi etnici, più o meno accentuatamente differenziati
l’uno dall’altro. Però gli elementi che caratterizzano un gruppo etnico non devono trasformarsi in
uno scompartimento stagno in cui degli esseri umani vengano impediti di comunicare con gli esseri
umani appartenenti a gruppi etnici differenti: ciò sarebbe in stridente contrasto con un’epoca come
la nostra, nella quale le distanze tra i popoli sono state quasi eliminate. Né va dimenticato che se, in
virtù delle proprie peculiarità etniche, gli esseri umani si distinguono gli uni dagli altri, posseggono
però elementi essenziali comuni, e sono portati per natura a incontrarsi nel mondo dei valori
spirituali, la cui progressiva assimilazione apre ad essi possibilità di perfezionamento senza limiti.
Deve quindi essere loro riconosciuto il diritto e il dovere di vivere in comunione gli uni con gli altri.
Equilibrio tra popolazione, terra e capitali
56. Come è noto, vi sono sulla terra paesi che abbondano di terreni coltivabili e scarseggiano di
uomini; in altri paesi invece non vi è proporzione tra le ricchezze naturali e i capitali a disposizione.
Ciò pure domanda che i popoli instaurino rapporti di mutua collaborazione, facilitando tra essi la
circolazione di capitali, di beni, di uomini [47].
Qui crediamo opportuno di osservare che, ogniqualvolta è possibile, pare che debba essere il
capitale a cercare il lavoro e non viceversa.
In tal modo si offrono a molte persone possibilità concrete di crearsi un avvenire migliore senza
essere costrette a trapiantarsi dal proprio ambiente in un altro; il che è quasi impossibile che si
verifichi senza schianti dolorosi, e senza difficili periodi di riassestamento umano o di integrazione
sociale.
Il problema dei profughi politici
57. Il sentimento di universale paternità che il Signore ha acceso nel nostro animo, ci fa sentire
profonda amarezza nel considerare il fenomeno dei profughi politici: fenomeno che ha assunto
proporzioni ampie e che nasconde sempre innumerevoli e acutissime sofferenze.
Esso sta purtroppo a indicare come vi sono regimi politici che non assicurano alle singole persone
una sufficiente sfera di libertà, entro cui al loro spirito sia consentito respirare con ritmo umano;
anzi in quei regimi è messa in discussione o addirittura misconosciuta la legittimità della stessa
esistenza di quella sfera. Ciò, non v’è dubbio, rappresenta una radicale inversione nell’ordine della
convivenza, giacché la ragione di essere dei poteri pubblici è quella di attuare il bene comune, di cui
elemento fondamentale è riconoscere quella sfera di libertà e assicurarne l’immunità.
Non è superfluo ricordare che i profughi politici sono persone; e che a loro vanno riconosciuti tutti i
diritti inerenti alla persona: diritti che non vengono meno quando essi siano stati privati della
cittadinanza nelle comunità politiche di cui erano membri.
Fra i diritti inerenti alla persona vi è pure quello di inserirsi nella comunità politica in cui si ritiene
di potersi creare un avvenire per sé e per la propria famiglia; di conseguenza quella comunità
politica, nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, ha il dovere di permettere
quell’inserimento, come pure di favorire l’integrazione in se stessa delle nuove membra.
58. Siamo lieti di cogliere l’occasione per esprimere il nostro sincero apprezzamento per tutte le
iniziative suscitate e promosse dalla solidarietà umana e dall’amore cristiano allo scopo di rendere
meno doloroso il trapianto di persone da un corpo sociale ad un altro.
E ci sia pure consentito di segnalare all’attenzione e alla gratitudine di ogni animo retto la
multiforme opera che in un campo tanto delicato svolgono istituzioni internazionali specializzate.
Disarmo
59. Ci è pure doloroso costatare come nelle comunità politiche economicamente più sviluppate si
siano creati e si continuano a creare armamenti giganteschi; come a tale scopo venga assorbita una
percentuale altissima di energie spirituali e di risorse economiche; gli stessi cittadini di quelle
comunità politiche siano sottoposti a sacrifici non lievi; mentre altre comunità politiche vengono, di
conseguenza, private di collaborazioni indispensabili al loro sviluppo economico e al loro progresso
sociale.
Gli armamenti, come è noto, si sogliono giustificare adducendo il motivo che se una pace oggi è
possibile, non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze. Quindi se una comunità
politica si arma, le altre comunità politiche devono tenere il passo ed armarsi esse pure. E se una
comunità politica produce armi atomiche, le altre devono pure produrre armi atomiche di potenza
distruttiva pari.
60. In conseguenza gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad
ogni istante con una travolgenza inimmaginabile. Giacché le armi ci sono; e se è difficile
persuadersi che vi siano persone capaci di assumersi la responsabilità delle distruzioni e dei dolori
che una guerra causerebbe, non è escluso che un fatto imprevedibile ed incontrollabile possa far
scoccare la scintilla che metta in moto l’apparato bellico. Inoltre va pure tenuto presente che se
anche una guerra a fondo, grazie all’efficacia deterrente delle stesse armi, non avrà luogo, è
giustificato il timore che il fatto della sola continuazione degli esperimenti nucleari a scopi bellici
possa avere conseguenze fatali per la vita sulla terra.
Per cui giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si
riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi
nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci. “Non si deve permettere
— proclama Pio XII — che la sciagura di una guerra mondiale con le sue rovine economiche e
sociali e le sue aberrazioni e perturbamenti morali si rovesci per la terza volta sull’umanità” [48].
61. Occorre però riconoscere che l’arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva riduzione,
e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi, se nello stesso tempo non si
procedesse ad un disarmo integrale; se cioè non si smontano anche gli spiriti, adoprandosi
sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica: il che comporta, a sua volta, che al criterio
della pace che si regge sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si
può costruire soltanto nella vicendevole fiducia. Noi riteniamo che si tratti di un obiettivo che può
essere conseguito. Giacché esso è reclamato dalla retta ragione, è desideratissimo, ed è della più alta
utilità.
62. È un obiettivo reclamato dalla ragione. È evidente, o almeno dovrebbe esserlo per tutti, che i
rapporti fra le comunità politiche, come quelli fra i singoli esseri umani, vanno regolati non facendo
ricorso alla forza delle armi, ma nella luce della ragione; e cioè nella verità, nella giustizia, nella
solidarietà operante.
È un obiettivo desideratissimo. Ed invero chi è che non desidera ardentissimamente che il pericolo
della guerra sia eliminato e la pace sia salvaguardata e consolidata?
È un obiettivo della più alta utilità. Dalla pace tutti traggono vantaggi: individui, famiglie, popoli,
l’intera famiglia umana. Risuonano ancora oggi severamente ammonitrici le parole di Pio XII:
“Nulla è perduto con la pace. Tutto può essere perduto con la guerra” [49].
63. Perciò come vicario di Gesù Cristo, Salvatore del mondo e artefice della pace, e come interprete
dell’anelito più profondo dell’intera famiglia umana, seguendo l’impulso del nostro animo, preso
dall’ansia di bene per tutti, ci sentiamo in dovere di scongiurare gli uomini, soprattutto quelli che
sono investiti di responsabilità pubbliche, a non risparmiare fatiche per imprimere alle cose un
corso ragionevole ed umano.
Nelle assemblee più alte e qualificate considerino a fondo il problema della ricomposizione pacifica
dei rapporti tra le comunità politiche su piano mondiale: ricomposizione fondata sulla mutua
fiducia, sulla sincerità nelle trattative, sulla fedeltà agli impegni assunti. Scrutino il problema fino a
individuare il punto donde è possibile iniziare l’avvio verso intese leali, durature, feconde.
Da parte nostra non cesseremo di implorare le benedizioni di Dio sulle loro fatiche, affinché
apportino risultati positivi.
Nella libertà
64. I rapporti tra le comunità politiche vanno regolati nella libertà. Il che significa che nessuna di
esse ha il diritto di esercitare un’azione oppressiva sulle altre o di indebita ingerenza. Tutte invece
devono proporsi di contribuire perché in ognuna sia sviluppato il senso di responsabilità, lo spirito
di iniziativa, e l’impegno ad essere la prima protagonista nel realizzare la propria ascesa in tutti i
campi.
L’ascesa delle comunità politiche in fase di sviluppo economico
65. Una comunanza di origine, di redenzione, di supremo destino lega tutti gli esseri umani e li
chiama a formare un’unica famiglia cristiana. Per tale ragione nell’enciclica Mater et
magistra abbiamo esortato le comunità politiche economicamente sviluppate a instaurare rapporti di
multiforme cooperazione con le comunità politiche in via di sviluppo economico [50].
Possiamo ora costatare con soddisfazione che il nostro appello ha riscosso una larga favorevole
accoglienza; e ci arride la speranza che ancor più per l’avvenire esso contribuisca a far sì che i paesi
meno provvisti di beni pervengano, nel tempo più breve possibile, ad un grado di sviluppo
economico che consenta ad ogni cittadino di vivere in condizioni rispondenti alla propria dignità di
persona.
66. Ma non è mai abbastanza ripetuto che la cooperazione, di cui si è fatto cenno, va attuata nel più
grande rispetto per la libertà delle comunità politiche in fase di sviluppo. Le quali comunità è
necessario che siano e si sentano le prime responsabili e le principali artefici nell’attuazione del loro
sviluppo economico e del loro progresso sociale.
Già il nostro predecessore Pio XII proclamava che “nel campo di un nuovo ordinamento fondato sui
principi morali non vi è posto per la lesione della libertà, dell’integrità e della sicurezza di altre
nazioni, qualunque sia la loro estensione territoriale o la loro capacità di difesa. Se è inevitabile che
i grandi Stati, per le loro maggiori possibilità e la loro potenza, traccino il cammino per la
costituzione di gruppi economici fra essi e le nazioni più piccole e deboli, è nondimeno
incontestabile — come di tutti, nell’ambito dell’interesse generale — il diritto di queste al rispetto
della loro libertà nel campo politico, alla efficace custodia di quella neutralità nelle contese tra gli
Stati, che loro spetta secondo il gius naturale e delle genti, alla tutela del loro sviluppo economico,
giacché soltanto in tal guisa potranno conseguire adeguatamente il bene comune, il benessere
materiale e spirituale del proprio popolo” [51]. Pertanto le comunità politiche economicamente
sviluppate, nel prestare la loro multiforme opera, sono tenute al riconoscimento e al rispetto dei
valori morali e delle peculiarità etniche proprie delle comunità in fase di sviluppo economico; come
pure ad agire senza propositi di predominio politico; in tal modo portano “un contributo prezioso
alla formazione di una comunità mondiale nella quale tutti i membri siano soggetti consapevoli dei
propri doveri e dei propri diritti, operanti in rapporto di uguaglianza all’attuazione del bene comune
universale” [52].
Segni dei tempi
67. Si diffonde sempre più tra gli esseri umani la persuasione che le eventuali controversie tra i
popoli non debbono essere risolte con il ricorso alle armi; ma invece attraverso il negoziato.
Vero è che sul terreno storico quella persuasione è piuttosto in rapporto con la forza terribilmente
distruttiva delle armi moderne; ed è alimentata dall’orrore che suscita nell’animo anche solo il
pensiero delle distruzioni immani e dei dolori immensi che l’uso di quelle armi apporterebbe alla
famiglia umana; per cui riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere
utilizzata come strumento di giustizia.
Però tra i popoli, purtroppo, spesso regna ancora la legge del timore. Ciò li sospinge a profondere
spese favolose in armamenti: non già, si afferma — né vi è motivo per non credervi — per
aggredire, ma per dissuadere gli altri dall’aggressione.
È lecito tuttavia sperare che gli uomini, incontrandosi e negoziando, abbiano a scoprire meglio i
vincoli che li legano, provenienti dalla loro comune umanità e abbiano pure a scoprire che una fra le
più profonde esigenze della loro comune umanità è che tra essi e tra i rispettivi popoli regni non il
timore, ma l’amore: il quale tende ad esprimersi nella collaborazione leale, multiforme, apportatrice
di molti beni.

RAPPORTI DEGLI ESSERI UMANI E DELLE COMUNITÀ POLITICHE CON LA
COMUNITÀ MONDIALE

Interdipendenza tra le comunità politiche
68. I recenti progressi delle scienze e delle tecniche incidono profondamente sugli esseri umani,
sollecitandoli a collaborare tra loro e orientandoli verso una convivenza unitaria a raggio mondiale.
Si è infatti intensamente accentuata la circolazione delle idee, degli uomini, delle cose. Per cui sono
aumentati enormemente e si sono infittiti i rapporti tra i cittadini, le famiglie, i corpi intermedi
appartenenti a diverse comunità politiche; come pure fra i poteri pubblici delle medesime. Mentre si
approfondisce l’interdipendenza tra le economie nazionali: le une si inseriscono progressivamente
sulle altre fino a diventare ciascuna quasi parte integrante di un’unica economia mondiale; e il
progresso sociale, l’ordine, la sicurezza, e la pace all’interno di ciascuna comunità politica è in
rapporto vitale con il progresso sociale, l’ordine, la sicurezza, la pace di tutte le altre comunità
politiche.
Nessuna comunità politica oggi è in grado di perseguire i suoi interessi e di svilupparsi chiudendosi
in se stessa; giacché il grado della sua prosperità e del suo sviluppo sono pure il riflesso ed una
componente del grado di prosperità e dello sviluppo di tutte le altre comunità politiche.
Insufficienza dell’attuale organizzazione dell’autorità pubblica nei confronti del bene comune
universale
69. L’unità della famiglia umana è esistita in ogni tempo, giacché essa ha come membri gli esseri
umani che sono tutti uguali per dignità naturale. Di conseguenza esisterà sempre l’esigenza
obiettiva all’attuazione, in grado sufficiente, del bene comune universale, e cioè del bene comune
della intera famiglia umana.
Nei tempi passati si poteva, a ragione, ritenere che i poteri pubblici delle differenti comunità
politiche potessero essere in grado di attuare il bene comune universale; o attraverso le normali vie
diplomatiche o con incontri a più alto livello, utilizzando gli strumenti giuridici, quali, ad esempio,
le convenzioni e i trattati: strumenti giuridici suggeriti dal diritto naturale, e determinati dal diritto
delle genti e dal diritto internazionale.
70. In seguito alle profonde trasformazioni intervenute nei rapporti della convivenza umana, da una
parte il bene comune universale solleva problemi complessi, gravissimi, estremamente urgenti,
specialmente per ciò che riguarda la sicurezza e la pace mondiale; dall’altra parte i poteri pubblici
delle singole comunità politiche, posti come sono su un piede di uguaglianza giuridica tra essi, per
quanto moltiplichino i loro incontri e acuiscano la loro ingegnosità nell’elaborare nuovi strumenti
giuridici, non sono più in grado di affrontare e risolvere gli accennati problemi adeguatamente: e ciò
non tanto per mancanza di buona volontà o di iniziativa, ma a motivo di una loro deficienza
strutturale.
Si può dunque affermare che sul terreno storico è venuta meno la rispondenza fra l’attuale
organizzazione e il rispettivo funzionamento del principio autoritario operante su piano mondiale e
le esigenze obiettive del bene comune universale.
Rapporto fra contenuti storici del bene comune e struttura e funzionamento dei poteri pubblici
71. Esiste un rapporto intrinseco fra i contenuti storici del bene comune da una parte e la
configurazione e il funzionamento dei poteri pubblici dall’altra. L’ordine morale, cioè, come esige
l’autorità pubblica nella convivenza per l’attuazione del bene comune, di conseguenza esige pure
che l’autorità a tale scopo sia efficiente. Ciò postula che gli organi nei quali l’autorità prende corpo,
diviene operante e persegue il suo fine siano strutturali e agiscano in maniera da essere idonei a
tradurre nella realtà i contenuti nuovi che il bene comune viene assumendo nell’evolversi storico
della convivenza.
Il bene comune universale pone ora problemi a dimensioni mondiali che non possono essere
adeguatamente affrontati e risolti che ad opera di poteri pubblici aventi ampiezza, strutture e mezzi
delle stesse proporzioni; di poteri pubblici cioè, che siano in grado di operare in modo efficiente su
piano mondiale. Lo stesso ordine morale quindi domanda che tali poteri vengano istituiti.
Poteri pubblici istituiti di comune accordo e non imposti con la forza
72. I poteri pubblici, aventi autorità su piano mondiale e dotati di mezzi idonei a perseguire
efficacemente gli obiettivi che costituiscono i contenuti concreti del bene comune universale, vanno
istituiti di comune accordo e non imposti con la forza. La ragione è che siffatti poteri devono essere
in grado di operare efficacemente; però, nello stesso tempo, la loro azione deve essere informata a
sincera ed effettiva imparzialità; deve cioè essere un’azione diretta a soddisfare alle esigenze
obiettive del bene comune universale. Sennonché ci sarebbe certamente da temere che poteri
pubblici supernazionali o mondiali imposti con la forza dalle comunità politiche più potenti non
siano o non divengano strumento di interessi particolaristici; e qualora ciò non si verifichi, è assai
difficile che nel loro operare risultino immuni da ogni sospetto di parzialità: il che
comprometterebbe l’efficacia della loro azione.
Le comunità politiche, anche se fra esse corrano differenze accentuate nel grado di sviluppo
economico e nella potenza militare, sono tutte assai sensibili quanto a parità giuridica e alla loro
dignità morale. Per cui, a ragione, non facilmente si piegano ad obbedire a poteri imposti con la
forza; o a poteri alla cui creazione non abbiano contribuito; o ai quali non abbiano esse stesse deciso
di sottoporsi con scelte consapevoli e libere.
Il bene comune universale e i diritti della persona
73. Come il bene comune delle singole comunità politiche, così il bene comune universale non può
essere determinato che avendo riguardo alla persona umana. Per cui anche i poteri pubblici della
comunità mondiale devono proporsi come obiettivo fondamentale il riconoscimento, il rispetto, la
tutela e la promozione dei diritti della persona: con un’azione diretta, quando il caso lo comporti; o
creando un ambiente a raggio mondiale in cui sia reso più facile ai poteri pubblici delle singole
comunità politiche svolgere le proprie specifiche funzioni.
Il principio di sussidiarietà
74. Come i rapporti tra individui, famiglie, corpi intermedi, e i poteri pubblici delle rispettive
comunità politiche, nell’interno delle medesime, vanno regolati secondo il principio di sussidiarietà,
così nella luce dello stesso principio vanno regolati pure i rapporti fra i poteri pubblici delle singole
comunità politiche e i poteri pubblici della comunità mondiale. Ciò significa che i poteri pubblici
della comunità mondiale devono affrontare e risolvere i problemi a contenuto economico, sociale,
politico, culturale che pone il bene comune universale; problemi però che per la loro ampiezza,
complessità e urgenza i poteri pubblici delle singole comunità politiche non sono in grado di
affrontare con prospettiva di soluzioni positive.
I poteri pubblici della comunità mondiale non hanno lo scopo di limitare la sfera di azione ai poteri
pubblici delle singole comunità politiche e tanto meno di sostituirsi ad essi; hanno invece lo scopo
di contribuire alla creazione, su piano mondiale, di un ambiente nel quale i poteri pubblici delle
singole comunità politiche, i rispettivi cittadini e i corpi intermedi possano svolgere i loro compiti,
adempiere i loro doveri, esercitare i loro diritti con maggiore sicurezza [53].
Segni dei tempi
75. Come è noto, il 26 giugno 1945, venne costituita l’Organizzazione delle Nazione Unite (ONU);
alla quale, in seguito, si collegarono gli istituti intergovernativi aventi vasti compiti internazionali in
campo economico, sociale, culturale, educativo, sanitario. Le Nazioni Unite si proposero come fine
essenziale di mantenere e consolidare la pace fra i popoli, sviluppando fra essi le amichevoli
relazioni, fondate sui principi della uguaglianza, del vicendevole rispetto, della multiforme
cooperazione in tutti i settori della convivenza.
Un atto della più alta importanza compiuto dalle Nazioni Unite è la Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo approvata in assemblea generale il 10 dicembre 1948. Nel preambolo della stessa
dichiarazione si proclama come un ideale da perseguirsi da tutti i popoli e da tutte le nazioni
l’effettivo riconoscimento e rispetto di quei diritti e delle rispettive libertà.
Su qualche punto particolare della dichiarazione sono state sollevate obiezioni e fondate riserve.
Non è dubbio però che il documento segni un passo importante nel cammino verso l’organizzazione
giuridico-politica della comunità mondiale. In esso infatti viene riconosciuta, nella forma più
solenne, la dignità di persona a tutti gli esseri umani; e viene di conseguenza proclamato come loro
fondamentale diritto quello di muoversi liberamente nella ricerca del vero, nell’attuazione del bene
morale e della giustizia; e il diritto a una vita dignitosa; e vengono pure proclamati altri diritti
connessi con quelli accennati.
Auspichiamo pertanto che l’Organizzazione delle Nazioni Unite — nelle strutture e nei mezzi — si
adegui sempre più alla vastità e nobiltà dei suoi compiti; e che arrivi il giorno nel quale i singoli
esseri umani trovino in essa una tutela efficace in ordine ai diritti che scaturiscono immediatamente
dalla loro dignità di persone; e che perciò sono diritti universali, inviolabili, inalienabili. Tanto più
che i singoli esseri umani, mentre partecipano sempre più attivamente alla vita pubblica delle
proprie comunità politiche, mostrano un crescente interessamento alle vicende di tutti i popoli, e
avvertono con maggiore consapevolezza di essere membra vive di una comunità mondiale.

RICHIAMI PASTORALI

Dovere di partecipare alla vita pubblica
76. Ancora una volta ci permettiamo di richiamare i nostri figli al dovere che hanno di partecipare
attivamente alla vita pubblica e di contribuire all’attuazione del bene comune della famiglia umana
e della propria comunità politica; e di adoprarsi quindi, nella luce della fede e con la forza
dell’amore, perché le istituzioni a finalità economiche, sociali, culturali e politiche, siano tali da non
creare ostacoli, ma piuttosto facilitare o rendere meno arduo alle persone il loro perfezionamento:
tanto nell’ordine naturale che in quello soprannaturale.
Competenza scientifica, capacità tecnica, esperienza professionale
77. Non basta essere illuminati dalla fede ed accesi dal desiderio del bene per penetrare di sani
principi una civiltà e vivificarla nello spirito del Vangelo. A tale scopo è necessario inserirsi nelle
sue istituzioni e operare validamente dal di dentro delle medesime. Però la nostra civiltà si
contraddistingue soprattutto per i suoi contenuti scientifico-tecnici.
Per cui non ci si inserisce nelle sue istituzioni e non si opera con efficacia dal di dentro delle
medesime se non si è scientificamente competenti, tecnicamente capaci, professionalmente esperti.
L’azione come sintesi di elementi scientifico-tecnico professionali e di valori spirituali
78. Amiamo pure richiamare all’attenzione che la competenza scientifica, la capacità tecnica,
l’esperienza professionale, se sono necessarie, non sono però sufficienti per ricomporre i rapporti
della convivenza in un ordine genuinamente umano; e cioè in un ordine, il cui fondamento è la
verità, misura e obiettivo la giustizia, forza propulsiva l’amore, metodo di attuazione la libertà.
A tale scopo si richiede certamente che gli esseri umani svolgano le proprie attività a contenuto
temporale, obbedendo alle leggi che sono ad esse immanenti, e seguendo metodi rispondenti alla
loro natura; ma si richiede pure, nello stesso tempo, che svolgano quelle attività nell’ambito
dell’ordine morale; e quindi come esercizio o rivendicazione di un diritto, come adempimento di un
dovere e prestazione di un servizio; come risposta positiva al disegno provvidenziale di Dio mirante
alla nostra salvezza; si richiede cioè che gli esseri umani, nell’interiorità di se stessi, vivano il loro
operare a contenuto temporale come una sintesi di elementi scientifico-tecnico-professionali e di
valori spirituali.
Ricomposizione unitaria nei credenti tra fede religiosa e attività a contenuto temporale
79. Nelle comunità nazionali di tradizione cristiana, le istituzioni dell’ordine temporale, nell’epoca
moderna, mentre rivelano spesso un alto grado di perfezione scientifico-tecnica e di efficienza in
ordine ai rispettivi fini specifici, nello stesso tempo si caratterizzano non di rado per la povertà di
fermenti e di accenti cristiani.
È certo tuttavia che alla creazione di quelle istituzioni hanno contribuito e continuano a contribuire
molti che si ritenevano e si ritengono cristiani; e non è dubbio che, in parte almeno, lo erano e lo
sono. Come si spiega? Riteniamo che la spiegazione si trovi in una frattura nel loro animo fra la
credenza religiosa e l’operare a contenuto temporale. È necessario quindi che in essi si ricomponga
l’unità interiore; e nelle loro attività temporali sia pure presente la fede come faro che illumina e la
carità come forza che vivifica.
Sviluppo integrale degli esseri umani in formazione
80. Ma pensiamo pure che l’accennata frattura nei credenti fra credenza religiosa e operare a
contenuto temporale, è il risultato, in gran parte se non del tutto, di un difetto di solida formazione
cristiana. Capita infatti, troppo spesso e in molti ambienti, che non vi sia proporzione fra istruzione
scientifica e istruzione religiosa: l’istruzione scientifica continua ad estendersi fino ad attingere
gradi superiori, mentre l’istruzione religiosa rimane di grado elementare. È perciò indispensabile
che negli esseri umani in formazione, l’educazione sia integrale e ininterrotta; e cioè che in essi il
culto dei valori religiosi e l’affinamento della coscienza morale procedano di pari passo con la
continua sempre più ricca assimilazione di elementi scientifico-tecnici; ed è pure indispensabile che
siano educati circa il metodo idoneo secondo cui svolgere in concreto i loro compiti [54].
Impegno costante
81. Riteniamo opportuno di fare presente come sia difficile cogliere, con sufficiente aderenza, il
rapporto fra esigenze obiettive della giustizia e situazioni concrete; di individuare cioè i gradi e le
forme secondo cui i principi e le direttive dottrinali devono tradursi nella realtà.
E l’individuazione di quei gradi e di quelle forme è tanto più difficile nell’epoca nostra,
caratterizzata da un dinamismo accentuato. Per cui il problema dell’adeguazione della realtà sociale
alle esigenze obiettive della giustizia è problema che non ammette mai una soluzione definitiva. I
nostri figli pertanto devono vigilare su se stessi per non adagiarsi soddisfatti in obiettivi già
raggiunti.
Anzi per tutti gli esseri umani è quasi un dovere pensare che quello che è stato realizzato è sempre
poco rispetto a quello che resta ancora da compiere per adeguare gli organismi produttivi, le
associazioni sindacali, le organizzazioni professionali, i sistemi assicurativi, gli ordinamenti
giuridici, i regimi politici, le istituzioni a finalità culturali, sanitarie, ricreative e sportive alle
dimensioni proprie dell’era dell’atomo e delle conquiste spaziali: era nella quale la famiglia umana
è già entrata e ha iniziato il suo nuovo cammino con prospettive di un’ampiezza sconfinata.
Rapporti fra cattolici e non cattolici in campo economico-sociale-politico
82. Le linee dottrinali tracciate nel presente documento scaturiscono o sono suggerite da esigenze
insite nella stessa natura umana, e rientrano, per lo più, nella sfera del diritto naturale. Offrono
quindi ai cattolici un vasto campo di incontri e di intese tanto con i cristiani separati da questa Sede
apostolica quanto con esseri umani non illuminati dalla fede in Gesù Cristo, nei quali però è
presente la luce della ragione ed è pure presente ed operante l’onestà naturale. “In tali rapporti i
nostri figli siano vigilanti per essere sempre coerenti con se stessi, per non venire mai a
compromessi riguardo alla religione e alla morale. Ma nello stesso tempo siano e si mostrino
animati da spirito di comprensione, disinteressati e disposti ad operare lealmente nell’attuazione di
oggetti che siano di loro natura buoni o riducibili al bene” [55].
83. Non si dovrà però mai confondere l’errore con l’errante, anche quando si tratta di errore o di
conoscenza inadeguata della verità in campo morale religioso. L’errante è sempre ed anzitutto un
essere umano e conserva, in ogni caso, la sua dignità di persona; e va sempre considerato e trattato
come si conviene a tanta dignità. Inoltre in ogni essere umano non si spegne mai l’esigenza,
congenita alla sua natura, di spezzare gli schemi dell’errore per aprirsi alla conoscenza della verità.
E l’azione di Dio in lui non viene mai meno. Per cui chi in un particolare momento della sua vita
non ha chiarezza di fede, o aderisce ad opinioni erronee, può essere domani illuminato e credere alla
verità. Gli incontri e le intese, nei vari settori dell’ordine temporale, fra credenti e quanti non
credono, o credono in modo non adeguato, perché aderiscono ad errori, possono essere occasione
per scoprire la verità e per renderle omaggio.
84. Va altresì tenuto presente che non si possono neppure identificare false dottrine filosofiche sulla
natura, l’origine e il destino dell’universo e dell’uomo, con movimenti storici a finalità economiche,
sociali, culturali e politiche, anche se questi movimenti sono stati originati da quelle dottrine e da
esse hanno tratto e traggono tuttora ispirazione. Giacché le dottrine, una volta elaborate e definite,
rimangono sempre le stesse; mentre i movimenti suddetti, agendo sulle situazioni storiche
incessantemente evolventisi, non possono non subirne gli influssi e quindi non possono non andare
soggetti a mutamenti anche profondi. Inoltre chi può negare che in quei movimenti, nella misura in
cui sono conformi ai dettami della retta ragione e si fanno interpreti delle giuste aspirazioni della
persona umana, vi siano elementi positivi e meritevoli di approvazione?
85. Pertanto, può verificarsi che un avvicinamento o un incontro di ordine pratico, ieri ritenuto non
opportuno o non fecondo, oggi invece lo sia o lo possa divenire domani. Decidere se tale momento
è arrivato, come pure stabilire i modi e i gradi dell’eventuale consonanza di attività al
raggiungimento di scopi economici, sociali, culturali, politici, onesti e utili al vero bene della
comunità, sono problemi” che si possono risolvere soltanto con la virtù della prudenza, che è la
guida delle virtù che regolano la vita morale, sia individuale che sociale. Perciò, da parte dei
cattolici tale decisione spetta in primo luogo a coloro che vivono od operano nei settori specifici
della convivenza, in cui quei problemi si pongono, sempre tuttavia in accordo con i principi del
diritto naturale, con la dottrina sociale della Chiesa e con le direttive della autorità ecclesiastica.
Non si deve, infatti, dimenticare che compete alla Chiesa il diritto e il dovere non solo di tutelare i
principi dell’ordine etico e religioso, ma anche di intervenire autoritativamente presso i suoi figli
nella sfera dell’ordine temporale, quando si tratta di giudicare dell’applicazione di quei principi ai
casi concreti [56].
Gradualità
86. Non mancano anime particolarmente dotate di generosità, che, trovandosi di fronte a situazioni
nelle quali le esigenze della giustizia non sono soddisfatte o non lo sono in grado sufficiente, si
sentono accese dal desiderio di innovare, superando con un balzo solo tutte le tappe; come volessero
far ricorso a qualcosa che può rassomigliare alla rivoluzione.
Non si dimentichi che la gradualità è la legge della vita in tutte le sue espressioni; per cui anche
nelle istituzioni umane non si riesce ad innovare verso il meglio che agendo dal di dentro di esse
gradualmente.
“Non nella rivoluzione — proclama Pio XII — ma in una evoluzione concordata sta la salvezza e la
giustizia. La violenza non ha mai fatto altro che abbattere, non innalzare; accendere le passioni, non
calmarle; accumulare odio e rovine, non affratellare i contendenti; e ha precipitato gli uomini e i
partiti nella dura necessità di ricostruire lentamente, dopo prove dolorose, sopra i ruderi della
discordia” [57].
Compito immenso
87. A tutti gli uomini di buona volontà spetta un compito immenso: il compito di ricomporre i
rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà: i rapporti della
convivenza tra i singoli esseri umani; fra i cittadini e le rispettive comunità politiche; fra le stesse
comunità politiche; fra individui, famiglie, corpi intermedi e comunità politiche da una parte e
dall’altra la comunità mondiale. Compito nobilissimo quale è quello di attuare la vera pace
nell’ordine stabilito da Dio.
88. Certo, coloro che prestano la loro opera alla ricomposizione dei rapporti della vita sociale
secondo i criteri sopra accennati non sono molti; ad essi vada il nostro paterno apprezzamento, il
nostro pressante invito a perseverare nella loro opera con slancio sempre rinnovato. E ci conforta la
speranza che il loro numero aumenti, soprattutto fra i credenti. È un imperativo del dovere; è
un’esigenza dell’amore. Ogni credente, in questo nostro mondo, deve essere una scintilla di luce, un
centro di amore, un fermento vivificatore nella massa: e tanto più lo sarà, quanto più, nella intimità
di se stesso, vive in comunione con Dio.
Infatti non si dà pace fra gli uomini se non vi è pace in ciascuno di essi, se cioè ognuno non instaura
in se stesso l’ordine voluto da Dio. “Vuole l’anima tua — si domanda sant’ Agostino — vincere le
tue passioni? Sia sottomessa a chi è in alto e vincerà ciò che è in basso. E sarà in te la pace: vera,
sicura, ordinatissima. Qual è l’ordine di questa pace? Dio comanda all’anima, l’anima al corpo;
niente di più ordinato” [58].
Il Principe della pace
89. Queste nostre parole, che abbiamo voluto dedicare ai problemi che più assillano l’umana
famiglia, nel momento presente, e dalla cui equa soluzione dipende l’ordinato progresso della
società, sono dettate da una profonda aspirazione, che sappiamo comune a tutti gli uomini di buona
volontà: il consolidamento della pace nel mondo.
Come vicario — benché tanto umile ed indegno — di colui che il profetico annuncio chiama il
Principe della pace, (Cf. Is 9,6) abbiamo il dovere di spendere tutte le nostre energie per il
rafforzamento di questo bene. Ma la pace rimane solo suono di parole, se non è fondata su
quell’ordine che il presente documento ha tracciato con fiduciosa speranza: ordine fondato sulla
verità, costruito secondo giustizia, vivificato e integrato dalla carità e posto in atto nella libertà.
90. È questa un’impresa tanto nobile ed alta che le forze umane, anche se animate da ogni lodevole
buona volontà, non possono da sole portare ad effetto. Affinché l’umana società sia uno specchio il
più fedele possibile del regno di Dio, è necessario l’aiuto dall’alto. Per questo la nostra invocazione
in questi giorni sacri sale più fervorosa a colui che ha vinto nella sua dolorosa passione e morte il
peccato, elemento disgregatore e apportatore di lutti e squilibri ed ha riconciliato l’umanità col
Padre celeste nel suo sangue: “Poiché egli è la nostra pace, egli che delle due ne ha fatta una sola…
E venne ad evangelizzare la pace a voi, che eravate lontani, e la pace ai vicini” (Ef 3,14-17).
E nella liturgia di questi giorni risuona l’annuncio: “Surgens Iesus Dominus noster, stans in medio
discipulorum suorum, dixit: “Pax vobis, alleluia”; gavisi sunt discipuli, viso Domino” (Resp. ad
Mat., in feria VI infra oct. Paschae). Egli lascia la pace, egli porta la pace: “Pacem relinquo vobis,
pacem meam do vobis, non quomodo mundus dat ego do vobis” (Gv 14,27).. Questa è la pace che
chiediamo a lui con l’ardente sospiro della nostra preghiera.
91. Allontani egli dal cuore degli uomini ciò che la può mettere in pericolo; e li trasformi in
testimoni di verità, di giustizia, di amore fraterno. Illumini i responsabili dei popoli, affinché
accanto alle sollecitudini per il giusto benessere dei loro cittadini garantiscano e difendano il gran
dono della pace; accenda le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, ad accrescere i
vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri, a perdonare coloro che hanno recato ingiurie; in
virtù della sua azione, si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la
desideratissima pace.
In pegno di questa pace e con l’augurio che essa irraggi nelle cristiane comunità a voi affidate,
specialmente a beneficio dei più umili e più bisognosi di aiuto e di difesa, siamo lieti di dare a voi,
venerabili fratelli, ed ai sacerdoti del clero secolare e regolare, ai religiosi e alle religiose e ai fedeli
delle vostre diocesi, particolarmente a coloro che porranno ogni impegno per mettere in pratica le
nostre esortazioni, la benedizione apostolica, propiziatrice dei celesti favori. Infine, per tutti gli
uomini di buona volontà, destinatari anch’essi di questa nostra lettera enciclica, imploriamo dal
sommo Iddio salute e prosperità.

Dato a Roma, presso S. Pietro, l’11 aprile 1963.

IOANNES PP. XXIII

[1] IOANNES PP. XXIII, Litt. Enc. Pacem in terris de pace omnium gentium in veritate, iustitia,
caritate, libertate constituenda, [Venerabilibus fratribus Patriarchis, Primatibus, Archiepiscopis,
Episcopis aliisque locorum Ordinariis pacem et communionem cum Apostolica Sede habentibus,
clero et christifidelibus totius orbis itemque universis bonae voluntatis hominibus], 11 aprilis 1963:
AAS 55(1963), pp. 257-304. Versione italiana: L’Osservatore romano, 11 aprile 1963; La Civiltà
cattolica, 114(1963), II, 105ss.
Introduzione: L’ordine nell’universo; l’ordine negli esseri umani. – Parte I: L’ordine tra gli esseri
umani: Ogni essere umano è persona, soggetto di diritti e di doveri (1. Diritti: diritto all’esistenza e
a un tenore di vita dignitoso; diritti riguardanti i valori morali e culturali; diritto di onorare Dio
secondo il dettame della retta coscienza; diritto alla libertà nella scelta dello stato di vita; diritti
attinenti il mondo economico; diritti di riunione e di associazione, di emigrazione e immigrazione;
diritti a contenuto politico. 2. Doveri: indissolubile rapporto fra diritti e doveri nella stessa persona;
reciprocità di diritti e di doveri fra persone diverse, nella mutua collaborazione, in atteggiamento di
responsabilità; convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà; ordine morale che
ha per fondamento oggettivo il vero Dio). Segni dei tempi. – Parte II: Rapporti tra gli esseri umani e
i poteri pubblici all’interno delle singole comunità politiche (necessità dell’autorità e sua origine
divina; l’attuazione del bene comune e la ragion d’essere dei poteri pubblici; aspetti fondamentali
del bene comune; compiti dei poteri pubblici e diritti e doveri della persona; armonica
composizione ed efficace tutela dei diritti e dei doveri della persona; dovere di promuovere i diritti
della persona; equilibrio fra le due forme d’intervento dei poteri pubblici; struttura e funzionamento
dei poteri pubblici; ordinamento giuridico e coscienza morale; la partecipazione dei cittadini alla
vita pubblica). Segni dei tempi. – Parte III: Rapporti fra le comunità politiche (soggetti di diritti e
doveri, nella verità, secondo giustizia; il trattamento delle minoranze; solidarietà operante;
equilibrio tra popolazione, terra e capitali; il problema dei profughi politici; disarmo; nella libertà;
l’ascesa delle comunità politiche in fase di sviluppo economico). Segni dei tempi. – Parte IV:
Rapporti degli esseri umani e delle comunità politiche con la comunità mondiale (interdipendenza
tra le comunità politiche; insufficienza dell’attuale organizzazione dell’autorità pubblica nei
confronti del bene comune universale; rapporto fra contenuti storici del bene comune e struttura e
funzionamenti dei poteri pubblici; poteri pubblici istituiti di comune accordo e non imposti con la
forza; il bene comune universale e i diritti della persona; il principio di sussidiarietà). Segni dei
tempi. – Parte V: Richiami pastorali (dovere di partecipazione alla vita pubblica; competenza
scientifica, capacità tecnica, esperienza professionale; l’azione come sintesi di elementi scientifico-
tecnico-professionali e di valori spirituali; ricomposizione unitaria nei credenti tra fede religiosa e
attività a contenuto temporale; sviluppo integrale degli esseri umani in formazione; impegno
costante; rapporti fra cattolici e non cattolici in campo economico-sociale-politico; gradualità;
compito immenso; il Principe della pace).
[2] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1942.
[3] Cf. Enc. Divini Redemptoris di Pio XI.
[4] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1942.
[5] Divinae institutionis, lib. IV, c. 28, 2 PL, 6,535.
[6]) Enc. Libertas praestantissimum di Leone XIII.
[7] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1942.
[8] Cf. Enc. Casti connubii di Pio XI.
[9] Cf. Radiomessaggio di Pentecoste di Pio XII, 10.
[10] Cf. Enc. Rerum novarum di Leone XIII..
[11] Cf. Enc. Mater et magistra di Giovanni XXIII.
[12] Cf. Radiomessaggio di Pentecoste di Pio XII.
[13] Cf. ivi, p.t 430.
[14] Enc. Mater et magistra di Giovanni XXIII.
[15] Cf. Enc. Rerum novarum di Leone XIII.
[16] Cf. Enc. Mater et magistra di Giovanni XXIII.
[17] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1952.
[18] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1944.
[19] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1942.
[20] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1942.
[21] Summa Theol., I-II, q. 19, a. 4; cf a. 9.
[22] In Epist. ad Rom., c. 13, vv. 1-2, homil XXIII.
[23] Enc. Immortale Dei di Leone XIII.
[24] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1944.
[25] Cf. Enc. Diuturnum illud di Leone XIII.
[26] Cf. ivi, p. 278; e Enc. Immortale Dei di Leone XIII.
[27] Summa Theol., I-II, q. 93, a. 3 ad 2.
[28] Cf. Enc. Diuturnum illud di Leone XIII.
[29] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1942
[30] Cf. Enc. Summi pontificatus di Pio XII.
[31] Cf. Enc. Mit brennender Sorge di Pio XI.
[32] Enc. Immortale Dei di Leone XIII: Acta Leonis.
[33] Cf. Enc. Rerum novarum di Leone XIII.
[34] Cf. Enc. Summi pontificatus di Pio XII.
[35] Enc. Mater et magistra di Giovanni XXIII.
[36] Cf. Enc. Quadragesimo anno di Pio XI.
[37] Cf. Radiomessaggio di Pentecoste.
[38] Cf. enc Mit brennender Sorge di Pio XI.
[39] Cf. Enc. Divini Redemptoris di Pio XI.
[40] Enc. Mater et magistra di Giovanni XXIII.
[41] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1942.
[42] Cf. Epist. Apost. Annum ingressi di Leone XIII.
[43]Cf. Radiomessaggio di Pentecoste, 1941.
[44] Cf. Radiomessaggio di Pio XII, 1940.
[45] De civitate Dei, lib. IV, c. 4: PL, 41,115; Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1939.
[46] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1941.
[47] Cf. Enc. Mater et magistra di Giovanni: XXIII.
[48] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1941.
[49] Cf. Radiomessaggio di Pio XII, 24 agosto 1939.
[50] Enc. Mater et magistra di Giovanni XXIII.
[51] Cf. Radiomessaggio natalizio di Pio XII, 1941.
[52] Enc. Mater et magistra di Giovanni XXIII.
[53] Cf. Discorso ai giovani di A.C.I. di Pio XII, 12.
[54] Cf. Enc. Mater et magistra di Giovanni XXIII.
[55] Ivi, p. 456.
[56] Ivi, 456; cf Enc. Immortale Dei di Leone XII; Enc. Ubi Arcano di Pio XI, 1922.
[57] Cf. Discorso agli operai italiani di Pio XII.
[58] Miscellanea Augustiniana.

 

Open chat
Ciao,
chiedici la tua canzone