Il nuovo Triage psicologico nei casi di emergenza.  Intervista al dott. Salvatore Vecchio

Il nuovo Triage psicologico nei casi di emergenza. Intervista al dott. Salvatore Vecchio

MESSINA – L’immediatezza del soccorso subito dopo gli eventi catastrofici, come terremoti alluvioni, esplosioni o altre calamità, impongono una perfetta conoscenza delle operazioni, che devono essere svolte in sinergia con altre realtà adibite alle emergenze. Abbiamo chiesto al dott. Salvatore Vecchio le impressioni frutto dell’esperienza acquisita e da un suo studio scientifico, che ha ampliato le conoscenze riguardo al nuovo “triage psicologico” da usare nei casi emergenziali.

Cosa ha prodotto la sua ricerca sommata alla sua esperienza? La mia ricerca è stata mirata a ricercare gli aspetti teorici e pratici dello stress e della psicologia dell’emergenza rivolta ad un nuovo strumento di valutazione del triage psicologico. Lo studio proposto rende facile la valutazione psicologica del ferito, è immediato e preventivo, tanto da porsi come strumento facilitatore nel riconoscimento precoce di disturbi prodromici.

Il soccorritore come deve operare in contesti operativi emergenziali? Il soccorritore opera nelle catastrofi, nei piccoli eventi come esplosioni localizzate e altro, questi fatti implicano un cambiamento repentino e imprevedibile, che evoca dolore e pericolo e non permette facilmente sia ai soccorritori che alle vittime, un adattamento adeguato a fronteggiare gli aspetti emotivi correlati allo stress generato dall’evento stesso. L’infermiere che molto spesso interviene sul campo come coordinatore di squadre di soccorso, deve essere preparato e pronto a gestire i bisogni dei feriti nell’emergenza consapevole che fronteggiarla può portarlo verso un senso di inadeguatezza e di impotenza. Una buona gestione e un adeguato intervento facilita l’identificazione precoce dei  disturbi acuti da stress o disturbi post-traumatici  che si manifestano prevalentemente  per l’elevata esposizione ai “mediatori” di stress, quali il contatto visivo e talora fisico con cadaveri e corpi straziati.

Chi sono i soggetti interessati dai fattori di rischio insiti nell’emergenza?  Giunti sul luogo del disastro troviamo: vittime primarie, se toccate direttamente dal disastro e vittime secondarie se esse denunciano effetti indiretti come il lutto. Il rischio in cui incorrono gli operatori dell’emergenza (soccorritori, personale sanitario, disaster manager, ecc.) e professionisti della salute mentale è quello di cedere agli effetti di un’intensa attività di lavoro a supporto delle vittime (burn-out).

Come si caratterizzano i soggetti a rischio? Di recente è stata effettuata una revisione della letteratura con la creazione di un algoritmo di triage bifasico primario e secondario al fine della categorizzazione dei pazienti soccorsi nella fase d’emergenza. In un’emergenza di tipo tradizionale, sia essa dovuta a calamità di vario tipo o ad un Incidente maggiore, si va diffondendo sempre di più la convinzione che le condizioni psicologiche delle vittime e spesso dei soccorritori meritino un’attenzione assai maggiore che in passato. E’ noto infatti che gli stressors dovuti al trauma influiscono in modo determinante sul riacutizzarsi di patologie psichiche già presenti, o facendo affiorare situazioni di disagio fino ad allora latenti. Così, da molte Istituzioni sanitarie, e da molti specialisti nel settore, arrivano proposte per un protocollo che tenga conto delle priorità d’intervento psicologico, così come è già procedura consolidata per le lesioni traumatiche fisiche. Tale protocollo è il cosiddetto “Triage Psicologico”. Appare chiaro d’altra parte che, mentre in un triage tradizionale la priorità d’intervento o d’evacuazione delle vittime avvenga nel rispetto del noto concetto di “golden hour”, in un triage psicologico si debba tener conto piuttosto di un “golden month”, garantendo questo il tempo per una valutazione più accurata di sintomi, quelli appunto psicologici, che sono spesso più subdoli e più complessi a valutarsi di un’emorragia o di una insufficienza respiratoria acuta.

Tra i vari triage psicologici c’è un progetto che tiene conto dell’evolversi nel tempo dei sintomi?  Purtroppo ancora no, la mia ricerca vuole essere un tentativo che può avere delle carenze concettuali e strutturali, è di fatto il primo Triage psicologico bifasico. Lo studio è costituito da un algoritmo da applicarsi il più precocemente possibile dopo l’evento (prima fase) e si basa, nel dare una priorità di trattamento con i colori tradizionali, sull’emergenza di sintomi noti di disagio psicologico osservabili dallo psicologo triagista, senza tener conto di altri parametri. La seconda fase, invece, è un triage “scoring” che assegna un punteggio in base (per ora) a tre parametri che influiscono sulla valutazione della necessità più o meno urgente di trattamento delle vittime di un evento avverso. Questo va applicato in un secondo tempo, anche più volte e da specialisti diversi dal primo triagista costituendo una rivalutazione dello stato mentale dei pazienti, che com’è noto, può evolversi progressivamente.

Grazie dott. Vecchio, per il suo lavoro di ricerca e per questa intervista, che speriamo possa contribuire a studiare e migliorare le attività di soccorso durante le emergenze, valutando tutti gli aspetti e andando oltre al normale primo soccorso.

Open chat
Ciao,
chiedici la tua canzone