di Massimiliano Casto
Con l’inizio del Giubileo della Misericordia, anche il Vescovo di Noto Mons. Antonio Staglianò ha voluto dare la propria testimonianza concreta, recandosi al carcere di Ragusa per visitare un detenuto a lui molto caro, per portargli un messaggio di fiducia e di speranza, per incoraggiarlo nella fatica di una vita provata che tuttavia attende redenzione e piena reintegrazione.
“Sono stato al carcere di Ragusa, ha dichiarato Mons. Staglianò, per far visita a Fabio Di Filippo, un detenuto di Pozzallo, ora uomo redento dentro, ma che dovrà scontare giustamente la sua pena, secondo la legge. L’incontro è stato commovente. Alla fine abbiamo pregato insieme e abbiamo percepito quanta grazia sta già passando con quest’Anno della misericordia”.
Il Vescovo ha così dato corpo alle esigenze della carità cristiana, che ci spinge ad uscire dalle nostre chiusure, a condividere le vicende degli uomini, ad essere segno e strumento della misericordia di Dio, con gesti fattivi. “Le opere di misericordia corporale, ha rimarcato Mons. Staglianò, sono una benedizione di Dio, non solo per chi le riceve, ma soprattutto per chi le fa e le vive con amore. Certo con una coscienza retta, non puntando all’esibizionismo o alla reputazione (a quello che gli altri diranno di noi), ma allo sguardo di Dio su di noi e sul nostro agire”.
Dopo l’incontro con il detenuto, Mons. Staglianò ha avuto modo di intrattenersi con il Cappellano e con alcuni del personale del carcere, facendo dono di un’immagine di Nostra Signora di Guadalupe, a lui molto cara e raccontando la straordinaria vicenda della “tilma” in cui prodigiosamente si è impressa l’immagine della Vergine. Un altro momento forte e significativo di evangelizzazione itinerante, di una Chiesa che esce e si fa compagna del cammino di ogni uomo.
Dopo la visita, Mons. Staglianò ha in programma di visitare, mercoledì 23 dicembre, il carcere di Noto. “Sono davvero queste, conclude Mons. Staglianò, le “Porte Sante” da attraversare, occasioni privilegiate per toccare con mano la carne dei fratelli, che è carne di Cristo”.