Anticipato dal singolo “Amarti“, “Cambi Stagionali” è il nuovo album di inediti di Nostromo e conferma l’indiscussa capacità dell’artista di dipingere con i suoni e le sue liriche un mondo fatto di ricordi, di vecchie e nuove consapevolezze e di paure. Ed ecco che le dieci tracce che compongono il disco sono nate tutte da storie che avevano l’urgenza di essere raccontante ma, soprattutto, ascoltate.
“In questa fitta trama di piccole e dolci morti interiori nasce ‘Cambi Stagionali’: un lavoro sincero e senza troppe pretese, se non quella di parlare chiaro. Per certi versi rappresenta una maturazione e, come in ogni maturazione, c’è la presa di nuove consapevolezze. Maturare è indossare un nuovo paio di occhiali, spogliarsi degli abiti migliori e sporcarsi le mani. Così, vittima di questo meraviglioso declino chiamato età adulta, ho iniziato a tirare delle somme, ho smesso di giustificarmi e di giustificare i miei miti, quelli che inevitabilmente crollano”, racconta Nostromo a proposito dell’album.
E aggiunge: “All’interno di ‘Cambi Stagionali’ ci sono i miei genitori – da una parte la rincorsa senza scrupoli verso le proprie passioni e la leggerezza dei sogni di mia madre, dall’altra la razionalità di mio padre, la sua serietà, la poca pazienza e quel bisogno impellente di giustizia sociale -, ma anche le discussioni dei miei amici e delle mie amiche, in grado di ispirarmi a tal punto da riscrivere ogni giorno l’intero senso della mia esistenza. E poi ci sono io che, per la prima volta, capisco cosa mi piace e decido di lavorare con passione alla mia nuova musica, che piano piano riesce sempre di più a rendermi orgoglioso. Sempre con i piedi per terra, ovvio”!.
Intervista a Nostromo, “Cambi Stagionali”
Ciao Nicolò, bentrovato su Radio Una Voce Vicina InBlu. Come stai?
Ciao, ho deciso mesi fa di non mentire più sul mio stato. Perciò, beh, ho visto giorni migliori.
Chi è Nostromo e cosa si cela dietro questo tuo nome d’arte?
Nostromo è Nicolò Santarelli, un ragazzotto di provincia che non ci ha mai capito troppo di sé. Uno che vive di idee e pasta in bianco. Uno che concentrazione poca, attitudine poca, costanza poca, fame pochissima.
Il 24 marzo è uscito il tuo nuovo album “Cambi Stagionali”. Qual è stata la goccia che ha poi fatto riversare l’inchiostro sullo spartito?
Questa domanda mi piace. Alla fine non c’è stata nessuna goccia. Era scontato, nella mia testolina, che dopo l’uscita del primo disco ne avrei scritto un altro. Fare musica, oltre che piacermi, definisce chi sono e chiaramente non potrei rinunciare mai a questo mio aspetto che, in qualche modo, da quando sono piccino, ha contribuito allo sviluppo della mia persona. Poi è chiaro, si inizia a lavorare e i pensieri prendono forma, il tempo passa e si scoprono cose nuove, che inevitabilmente diventano parole e poi magica musica.
A proposito della genesi di questo tuo nuovo album, hai parlato di “una fitta trama di piccole e dolci morti interiori”. Ce ne parli un po’ più nel dettaglio?
Mi ricollego a quello che vi ho appena raccontato. Crescere significa fare i conti con le vecchie e le nuove convinzioni, ma anche vedersi spogliare di molte certezze in favore delle tenebre. Significa star male e brancolare nel buio in cerca di risposte, che spesso
arrivano e spessissimo arrivano troppo tardi. E così, per ogni volta che si cresce un po’, un pezzetto di noi muore.
“Cambi Stagionali” è anche frutto di un percorso di maturazione, che ti ha portato a ripercorrere gli ultimi anni e a tirare delle somme. Com’è il bilancio? Il tuo approccio alla musica come e quanto è cambiato?
Il bilancio alla fine è buono. Per certi versi mi sento meglio, mentre per altre cose – tipo la stempia – sto peggio. L’approccio alla musica è cambiato molto e me rendo conto specialmente dalle nuove cose alle quali sto lavorando. La scrittura prende nuove direzioni, non per forza appicciate al mio naso. Scrivo di ciò che mi circonda e meno di ciò che mi accade.
Lo scorso 20 marzo è ufficialmente iniziata la primavera, eppure la cover di “Cambi Stagionali” ci catapulta in autunno. Credi sia questa la stagione che meglio rappresenta te e la tua musica? Perché?
Allora, in realtà non è stata una cosa volutissima. Avevo in mente quella palette di colori e alla fine è uscita così. Non era mia intenzione comunicare la primavera o altre stagioni. Volevo solo rappresentare il modo in cui mi sentivo e quello che sto cercando nella mia piccola esistenza. Non so quale sia la stagione ideale per la mia musica. La primavera mi fa stare bene, ma credo di scrivere canzoni non troppo felici e, per forza di cose, mi viene da pensare all’autunno o all’inverno. Non so, non so!
A livello musicale, invece, questo album ha diversi rimandi alla musica italiana degli anni ’60 e ’70, con alcuni elementi di elettronica. Quali artisti hanno rappresentato e rappresentano tuttora per te una fonte di ispirazione?
Ispirazione. Emulazione nemmeno a provarci, purtroppo! Sono molto legato ai temi affrontati da Pierangelo Bertoli, Stefano Rosso, Lucio Dalla, Francesco Guccini e altri che hanno saputo dipingere ciò che li circondava con estrema sincerità. Degli esploratori del mondo e della società.
Nicolò, grazie per essere stato qui con noi. Buona musica e in bocca al lupo per tutto!
Grazie a voi per le domande, è stato piacevole. Ciao e tanti abbracci!