In rotazione radiofonica dal 15 aprile, “Amsterdam” è il nuovo singolo di Emancipo e racconta i dubbi e le incertezze di un ragazzo che sta facendo i conti con la vita, convinto di dover realizzare qualcosa, di dover fare di più, ma deve ritrovare il proprio centro, i propri riferimenti, e per farlo ha bisogno di staccare da tutto.
“Ogni uomo ha i suoi luoghi di evasione mentale, dove la monotona quotidianità non trova il suo tempo e la spensieratezza prende il sopravvento. Con Amsterdam ho voluto raccontare proprio quei posti lì. Io, ad esempio, ne ho più di uno. Amsterdam segna un periodo preciso della mia vita: il periodo delle amicizie, delle comitive e di un viaggio in loro compagnia nel quale molte delle mie incertezze da adolescente si sono allontanate”.
L’intervista a Emancipo
Ciao Emanuele, bentrovato su Radio Una Voce Vicina InBlu. Ci racconti cosa si cela dietro il tuo nome d’arte, Emancipo?
Dietro il mio nome d’arte si nasconde una cosa eclatante, qualcosa che non è visibile all’occhio umano, ovvero il mio nome: Emanuele Cipolletti. Scherzi a parte, dietro il mio nome c’è proprio la voglia di emanciparsi sia come persona che come musicista, ma soprattutto c’è il desiderio di emancipare la mia musica e miei testi.
“Amsterdam” è il tuo nuovo singolo. Com’è nata questa canzone?
Questa canzone nasce ormai 6 anni fa, dopo una delusione d’amore e un periodo non molto bello. Non vivevo bene e tutte le cose che mi accadevano non le prendevo col piede giusto. Sentivo la necessità di staccare la spina e partire. Così, prima di andar via, scrissi una canzone.
Cosa rappresenta per te Amsterdam?
Amsterdam è un vero gioiello. È un paese ormai emancipato, con una mentalità invidiabile. Personalmente rappresenta un cassetto chiuso, all’interno del quale ho nascosto i miei malumori.
Il viaggio di cui canti nella canzone fa ormai parte del tuo passato o speri possa concretizzarsi nel futuro?
Non credo si possa dare un limite di tempo a questo tipo di viaggio. Nella vita non si smette mai di crescere e di scoprire alcuni nuovi aspetti di se stessi. Se la vita durasse 500 anni, avremmo 500 anni per scoprire aspetti diversi in noi, rimanendo comunque noi stessi e unici.
Tu canti: “Non so nemmeno se potrà bastare andare lontano… Vado ad Amsterdam per non pensare”. Credi davvero che andare lontano possa in qualche modo aiutarci a staccare tutto e spegnere i pensieri?
Dalla stessa canzone si può capire che scappare e partire non servirà a risolvere i problemi: «Il mio corpo ha smesso di tremare? NO», ma sicuramente staccare la spina per un breve periodo e dedicare un po’ di tempo a se stessi può aiutare a fare chiarezza su molte cose.
Quindi sì, penso che andare lontano – e non intendo fuggire dalle situazioni – possa aiutarci nella riscoperta di noi stessi e possa anche essere utile per fare chiarezza su situazioni che, delle volte, a guardarle da vicino ci annebbiano la vista.
C’è un messaggio che vorresti arrivasse forte e chiaro con questa canzone?
Il messaggio che deve arrivare è quello di ricavarsi degli spazi personali e di tirare giù le somme. È bello vivere al momento, prendendo quello che la vita ci offre, ma per soddisfare quel senso di incompletezza bisogna porsi degli obbiettivi e cercare di portarli a termine.
Nel videoclip di “Amsterdam” vengono inquadrati diversi disegni. Chi li ha realizzati e cosa rappresentano?
Ci troviamo in una stanza vuota, che deve in qualche modo essere riempita (metafora della vita e degli obbiettivi). Dopo aver trovato in una vecchia custodia di una chitarra dei vecchi disegni, inizio a riunire tutti i tasselli per avere un quadro generale della situazione attuale (come tornare sui vecchi ricordi del passato, riunire il tutto e capire chi siamo e chi siamo stati, nella speranza di una visione chiara del futuro).
Durante il famoso periodo della “zona rossa“, l’idea è stata quella di coinvolgere diversi bambini con annunci sui social, proponendo loro di realizzare dei disegni prendendo spunto dalla canzone. Il risultato finale è stato un mare di fantasia e di felicità.
Se questa canzone fosse un quadro di Van Gogh, quale sceglieresti?
Sicuramente la Camera di Vincent ad Arles. Di fatto, nella canzone non mi trovo fisicamente ad Amsterdam, ma devo ancora partire. Quale luogo migliore della propria camera? Si tratta infatti di un luogo personale, per riflettere, gioire, soffrire, sperimentare e scrivere. Nelle mura delle nostre stanze sono immagazzinate le nostre più lontane sensazioni e paure.
Adesso cosa bolle in pentola?
In questo momento stiamo lavorando a un nuovo progetto, super stimolante, di cui preferisco non rivelarvi troppo. Voglio lasciarvi l’effetto sorpresa. Più va avanti questa esperienza, più riesco a realizzarmi e tirare fuori contenuti di qualità. Non vedo l’ora di concepire il nuovo EP e farvelo ascoltare.
Emanuele, grazie per essere stato qui con noi. Buona musica e in bocca al lupo per tutto!
Grazie a voi! Un abbraccio e tante belle cose.