Disponibile in tutti i digital store dall’11 marzo, “Magaria” è il nuovo album del cantautore e interprete folk-pop Tiberio Ferracane. Si tratta di un doppio album, il cui sottotitolo – che recita “Un viaggio nel Mediterraneo. Ogni porto è casa mia” – vuole essere la sintesi di questi ultimi 10 anni di carriera e di vita vissuta.
Dedicato al musicista francese Philippe Troisi, “Magaria” può essere diviso in due parti. Nella prima troviamo gli inediti, per molti dei quali il cantautore ha optato per un mix linguistico (italiano, francese e siciliano, nda). Nella seconda, invece, Tiberio Ferracane interpreta brani di autori conosciuti che lo hanno accompagnato nel tempo.
«Philippe Troisi è stato il motore di questo progetto. Avrebbe dovuto farmi le chitarre e curare gli arrangiamenti. Io e Philippe ci siamo conosciuti durante la pandemia, grazie a un mio cugino di origini siciliane, nato e vissuto a Marsiglia. Avevamo un progetto insieme. Era quello di raccontare la storia della folta comunità italiana a Marsiglia attraverso le canzoni, gli artisti e la cultura che si era venuta a sviluppare in Francia. In più, mi aveva spinto a ricominciare a scrivere e aveva dichiarato di voler contribuire al mio disco. Purtroppo però, a pochi giorni dall’inizio delle riprese in studio, Philippe è venuto a mancare. Ma non ho avuto dubbi. Con la tristezza nel cuore, ho deciso di andare avanti».
L’intervista a Tiberio Ferracane
Buongiorno Tiberio, bentrovato a Radio Una Voce Vicina InBlu. Come sta?
Buongiorno a voi e grazie per l’invito. Personalmente sto bene, anche se l’aria che tira nel mondo in questo periodo non aiuta.
“Magaria“, “La Casa Sognata” e altri brani contenuti nel suo nuovo album si caratterizzano per la compresenza di tre lingue diverse: l’italiano, il francese e il siciliano. Cosa l’ha spinta a fonderle tra di loro?
Tutto nasce dalle origini della mia famiglia, che fa parte di una folta comunità di italiani (in prevalenza siciliani) che tra la fine dell’800 e l’inizio 900 immigrò in Tunisia. Mio papà e mia mamma sono nati a Tunisi, così come mia nonna materna.
Ebbene, grazie ad una ottima integrazione, questa comunità ha sviluppato negli corso degli anni l’utilizzo nella lingua orale di ben tre lingue: il francese, l’italiano e il siciliano, con qualche parola di arabo tunisino. Questo mix non si ferma però solo alla lingua, ma coinvolge anche il cibo. Per esempio, a casa mia il cous cous insieme ad altre specialità arabe sono piatti comuni, così come l’aperitivo con il Pastis e il polipo bollito.
La Sicilia da una parte e la Tunisia dall’altra. Le sue origini quanto e come influenzano la sua musica? E Torino?
Le mie origini hanno influenzato moltissimo le mie scelte artistiche. In casa, per esempio, si ascoltava molta musica francese (la tunisia era un protettorato francese, nda) e un po’ di musica araba. I sapori e profumi d’Africa, pur essendo cresciuto a Torino, coloravano la nostra casa. La Sicilia è stata per me la ricerca delle mie origini. Sentivo infatti il bisogno di collocarmi e di trovare un punto di partenza. Ci sono arrivato con consapevolezza già adulto ed ho capito subito che quella era la terra a cui appartenevo.
Negli anni da città operaia un po’ piegata su stessa (dalla fine degli anni ’70 e soprattutto negli anni ’80), Torino si è aperta al mondo e a nuove esperienze culturali e musicali, come il Punk e la New Wave. Le mie radici ed il mio futuro li vedo però al Sud, anche se Torino è una città viva e ricca di cultura.
In “La Casa Sognata” c’è poi un riferimento alla Francia, ed in particolare a Parigi? Cosa la lega a questa città?
In Francia ho tutti i parenti di mia mamma, quindi per me è sempre stata un po’ casa. Molti dei miei amichetti facevano le vacanze estive al loro paese di origine dagli zii e dalle zie. Io, invece, ero ospitato dai miei zii che erano disseminati in tutta la Francia, dal Sud al Nord. In particolare, Parigi fu importante perché per un certo periodo ci vissi con mia mamma, in attesa che arrivasse mio padre dall’Italia per trasferirci definitivamente.
Casa… cosa rappresenta per lei? Dove si sente davvero a casa?
Ho amato molti luoghi dove ho avuto la fortuna e il privilegio di vivere, e non come turista. Roma, Parigi, Menton, Parma e molte altre città. Tuttavia, mi sono accorto ben presto che non mi mancavano i luoghi, ma le persone che li animavano: non per forza quelle con cui avevo un legame stretto, ma anche il barista, il pizzicagnolo, il tassista che lavora sotto casa, ecc.
“Io sono la casa sognata”: Com’è questa casa? Con il passare del tempo, il sogno ha subito un’evoluzione o è rimasto immutato?
La casa sognata è il rifugio, ma di certo anche l’accoglienza. È la condivisione, ma anche la solitudine. Sono i libri scelti con cura e deposti a caso nella libreria, moltissimi film, buone bottiglia di vino e bicchieri appropriati. Niente può essere immutato, l’evoluzione è la vita stessa. È la vita stessa che lo richiede.
Tiberio, io la ringrazio per essere stato qui con noi. Buona musica!
Grazie di cuore a voi per questi momenti di riflessione. Buon tutto!