La comunicazione del “testo musicale”, ultimo strumento di comprensione!

La comunicazione del “testo musicale”, ultimo strumento di comprensione!

Durante i miei anni di adolescente prima e di piena maturità dopo, mi sono imbattuto in quello che ritengo il mio più bel percorso di vita esistenziale ed anche professionale: la comunicazione attraverso i “testi musicali”. Certo non è stato facile gestire la mia voglia di scoperta nuova e di uscire da quel “vincolo culturale” che solo alcuni cantautori degli anni settanta (Guccini, De André, Dalla, Nino Tristano, De Gregori, Dalla, Venditti, solo per citarni alcuni) avessero titolo ad essere considerati più che “parolieri”, poeti di quel “sacro impegno politico-culturale”, a cui altri non erano “abilitati”.

Quindi, con i miei studenti e per far comprendere loro come un testo possa assumere valore letterario (a prescindere dalla fama, dalla notorietà o dall’appartenenza politica), ovviamente, mi sono ritrovato a confrontarmi con alcuni testi musicali di indubbio valore (come quelli dei cantautori sopra citati), ma senza perdere di vista l’obiettivo primario: “utilizzare” la canzone per aprire un varco nella loro voglia di ascoltare ed approfondire lo strumento della comprensione attraverso la lettura (strumento di comprensione che, a dirla così, potrebbe essere scontato, ma che non lo è affatto). Quindi il percorso non poteva che iniziare rispettando il “loro sentire”, le cose a loro molto vicine (diciamolo pure: le spregevolmente definite “canzonette”). Tutto ciò per abituarli ad un nuovo approccio al testo o, forse, nel mio “io consapevole”, al primo approccio al testo, considerato che, i nostri, così come più in generale tutto “questo attuale mondo” non legge più da tanto tempo (e/o  fa finta di farlo).

La motivazione forte li ha spinti a voler capire di più di un testo e quando capitava l’occasione ho sempre inserito quello che ritengo uno degli ultimi epigoni di una poesia del sentimento e della narrazione epica e storica di popoli e/o di “eroi antichi e moderni” (certo a volte idealizzata) che corrisponde al nome di Valerio Negrini. Ogni qualvolta ho toccato un tema sociale, culturale, storico, antropologico, sono andato alla ricerca di conferme: “vuoi vedere che Negrini ne ha parlato magari in un testo che non conosce nessuno”? E da lì in poi la scoperta di Parsifal, Pierre, 1966, Lindenbergh, classe ’58, Inca, Il silenzio della colomba, Passaporto per le stelle, lettera da Berlino est, Dall’altra parte, l’Ultima notte di caccia e giù ancora altri tantissimi testi fino all’Aquila e il falco, dove, proprio per “non farsi mancare nulla”, aggiunge un’invocazione di un incipit di canto gregoriano: “ibi praecipio ne unquam deinceps omnes habitantes in hoc habitaculo perturbes (Ti ordino di non disturbare mai più nessuno degli abitanti in questa casa).

Con questo spirito, qualche anno fa, insieme al mio amico fraterno, Red Canzian, abbiamo voluto dare dignità e prestigio letterario ai suoi componimenti, organizzando una lectio magistralis (27 aprile 2017) in la collaborazione della eccezionale collega, la prof.ssa Iride Valenti (linguistica generale) e della preside di facoltà del DISUM di Catania (già facoltà di Lettere), con un bellissimo primo ed incoraggiante risultato: la centralità e il valore del testo riconosciuta a prescindere dal preconcetto o dal pregiudizio di sorta. La conoscenza che fa la differenza. Spetta ora anche alle nuove generazioni di esegeti dell’insegnamento, contaminare quanto più è possibile, questa generazione da nuove e più risolute voglie di apprendimento e di conoscenza, utilizzando gli strumenti del loro volere e del loro semplice declinare. I messaggi arriveranno in “porto sicuro”, dentro le coscienze e questo bisogna farlo subito e prima che il tempo della voglia di comprendere cessi del tutto e lasci posto solo al “liquido sociale” in cui stiamo, purtroppo, sguazzando.

Renato Marino

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