di Emanuele Gentile
LENTINI – Da qualche giorno è aperta presso l’ex studio fotografico Lanteri sito in Via Garibaldi al numero civico 55 a Lentini un’interessantissima mostra di dipinti afferenti alla cosiddetta “Scuola di Lentini”. Mostra sponsorizzata da Badia Lost&Found e Palazzo Beneventano. Un’occasione irripetibile per comprende meglio i profondi cambiamenti che occorsero al tessuto sociale, culturale e politica nella Lentini a cavallo fra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso. In questo lasso di tempo fu attiva, per l’appunto, la cosiddetta “Scuola di Lentini”. Ovverossia un cenacolo di artisti pittori composto da Aldo Bilinceri, Pippo Bordonaro, Franco Condorelli e Armando Tinirello. Allora avevano più o meno vent’anni. Iniziarono a frequentarsi costituendo uno studio associato di pittori sito in Via Lisso. Una piccola comunità poiché condividevano tutto. Anche i pochi guadagni. Erano giovano ardimentosi e pieni di passione motivati dall’interesse per la pittura e l’arte in generale. La caratteristica precipua del gruppo era quello di partecipare all’animazione culturale della città. Non professavano, dunque, un fare arte sciolto dalla realtà che li circondava. Ma – anzi – erano molto presenti e partecipativi. Naturalmente il loro agire divideva la società lentinese del tempo: i giovani – ossia i loro coetanei – li adoravano, mentre gli anziani li guardavano con disprezzo e disgusto (puntualizzazione di Armando Tinnirello). La “Scuola di Lentini” ha attraversato gli anni ’70 sotto ogni forma. La contestazione giovanile e gli hippy. La ricerca della libertà a tutti i costi rappresentavano il significato più vero del loro stile di vita. Eppure tale “scuola” era da collocarsi nell’estrema periferia, lontana dalla movimentate metropoli di allora. Eravano – e lo sono ancora . un gruppo di amici, fratelli, ognuno operava con il proprio stile. Non avevano né un programma estetico né teorico. L’amicizia era il loro programma. Tutto questo è anche potuto accadere grazie al dottore Peppino Ferrara, un illuminato o fuori di testa per altri (come stigmatizza il volantino-comunicato stampa dell’evento). Il dottore Ferrara li aiutava, comprava dai pittori della “Scuola di Lentini” a prezzi bassi ma con constanza. Il che permetteva ai componenti del gruppo in un paese ostile nei loro confronti. In soldoni, erano accusati di rovinare le famiglie, di portare i figli sulla cattiva strada… Fisime da famiglie piccolo-borghesi che si credevano chissà chi in un paese essenzialmente agricolo e provinciale. Il dott. Ferrare li sostenne fino alla sua morta occorsa durante l’anno 1978. Quel luttuoso avvenimento determinò un cambiamento sostanziale nelle dinamiche del gruppo. Dovevano crescere da soli e ognuno doveva cercare la propria strada. Si trovavano in una provincia e sognavano ben oltre tale limite angusto e infelice. A tal punto il gruppo terminò di esistere e si aprì la diaspora. Oggi grazie alla cordialità del signore Lanteri abbiamo la possibilità di rileggere una pagina importante della storia lentinese del secondo dopoguerra. A tal proposito non sarebbe una bella iniziativa quella di creare su iniziativa del Comune di Lentini una galleria di arte contemporanea dedicata alle dinamiche artistiche della Lentini del secondo dopoguerra? Sarebbe un’iniziativa di forte respiro culturale e storico in quanto contribuirebbe a preservare dall’oblio e dall’abbandono una pagina significativa della storia culturale, civile, artistica della comunità lentinese. Il che contribuirebbe ad aggiungere ulteriore valore storico alla già ricca storia della città di Lentini. La mostra chiuderà i propri battenti – speriamo non per sempre – il 6 di gennaio. In sintesi, si può e si deve rimarcare che la conoscenza della storia costituisce opportuno viatico per un futuro coeso e condiviso in favore delle generazioni a venire.