di Rachele Trigili*
LENTINI – Intervista al titolare dell’azienda Fabbrica Imballaggi sas azienda guidata della Famiglia Messina dal 1926, leader nel settore della produzione di imballaggi ortofrutticoli in legno in Sicilia, per conoscere la sua storia, la sua politica ambientale e l’effetto che la pandemia e la crisi in ucraina hanno avuto sulla produzione. A cura della classe IV F del liceo “Vittorini Gorgia” di Lentini in occasione dell’ultimo incontro del progetto “Leggere, comunicare, scrivere… dalla radio alla web tv”, Giovedì 21 Aprile, insieme al giornalista Salvo Di Salvo.
- Cosa produce l’azienda?
Imballaggi in legno per prodotti ortofrutticoli, pedane (Pallet), e commercio di semilavorati in legno.
- Qual è la storia della sua azienda?
L’azienda è stata fondata nel 1926, per volontà di mio nonno Cosimo Messina, che aveva già a 10 anni iniziato a frequentare l’opificio di un falegname, ed era diventato falegname ebanista. Negli anni 30 cominciarono i commerci con le Americhe, grazie alla forte emigrazione degli italiani che rese necessaria l’esportazione degli agrumi. All’inizio le consegne si effettuavano per mezzo di nave e la frutta veniva caricata alla rinfusa nelle stive, poi per consentire un trasporto migliore quindi garantire l’integrità del prodotto fino a destinazione nacque l’esigenza di confezionare la frutta in packaging (cioè gli imballaggi in legno). All’epoca il montaggio delle cassette avveniva manualmente con martello e chiodi, chiamati semenza, ma in seguito all’ingresso di mio padre si passò alle macchine semiautomatiche, fino alle moderne linee automatiche di produzione di oggi in grado di produrre 4000 pezzi per ora. Nell’ anno 86, appena diplomato mi iscrissi all’università e allo stesso tempo decisi di lavorare nell’azienda di famiglia. A circa sei/sette mesi le esigenze in azienda di una nuova figura che coadiuvasse nel lavoro mio padre aumentavano così decisi di abbandonare gli studi. All’epoca si lavorava tantissimo. Volevo acquisire le competenze delle attrezzature e delle linee di produzione e di tutti mezzi usati in azienda, per diventare il migliore, non semplicemente il figlio del titolare, quindi ho fatto tutta la gavetta. Dopo la formazione in campo, affiancai il lavoro in ufficio per la contabilità che all’epoca veniva gestita a mano. A fine anni 80′ non avevamo i computer. Nel 98′ mi dedicai a curare anche la parte esterna della azienda, in particolare l’acquisizione dei semilavorati, che avviene per l’80% dall’estero. Andai in giro per il mondo per fare una ricerca di mercato e trovare i semilavorati più convenienti, imparando le lingue estere on the road.
- Per quanto riguarda il rispetto dell’ambiente qual è la politica dell’azienda?
Le nostre materie prime non provengono da foreste come l’Amazzonia o dal Canada, ma da foreste coltivate. Il legname che utilizziamo per gli imballaggi proviene da coltivazione forestale controllata. Praticamente i nostri fornitori Piantano, tagliamo e ripiantano. Il legno è sostenibile e rinnovabile perché non si esaurisce mai. Il nostro processo produttivo è totalmente meccanico, abbiamo poche emissioni di CO2. Nel nostro Sistema produttivo non usiamo agenti chimici né vernici. Da poco abbiamo ricevuto riconoscimenti, uno da parte del MITE (Ministero della Transizione Ecologica), come prodotto “Made Green in Italy e recentemente abbiamo ottenuto, come categoria di prodotto, la certificazione “Carbon footprint”( è un parametro che viene utilizzato per stimare le emissioni gas serra causate da un prodotto, da un servizio, da un’organizzazione, da un evento o da un individuo, espresse generalmente in tonnellate di CO2 equivalente inoltre abbiamo firmato un protocollo di intesa con Alleanza delle Cooperative/Confcooperative Pesca a Roma, a cui si è agganciato il Ministero della Transizione ecologica (MiTE), che si proiettava al riutilizzo del packaging in legno nel settore ittico. Ogni anno in Italia vengono utilizzate circa 20.000 tonnellate di polistirolo (EPS) nel settore alimentare, delle quali 14.000 sono destinate al settore ittico. In questo utilizzo l’Italia è il primo consumatore in Europa. Il polistirolo è un materiale economico e con buone prestazioni fisiche, ma allo stesso tempo presenta forti limiti ambientali: è un prodotto monouso e questo implica che diventi un rifiuto appena finisce di assolvere la sua funzione, ha uno scarso valore di mercato come rifiuto riciclabile (il 98% del suo volume è composto di aria) ed infine è difficile avviarlo a riciclo dopo l’utilizzo nel settore ittico. Per questo ci siamo battuti per sostituire il packaging in EPS con quello in legno, riciclabile e sostenibile.
- Come ha influito la pandemia sul vostro lavoro?
Dopo il lockdown del marzo 2020, rientravamo tra le attività ritenute essenziali, perché a servizio della distribuzione di prodotti alimentari. Durante il periodo pandemico abbiamo lavorato di più. Infatti, molta ortofrutta e verdura che normalmente proveniva dall’estero non arrivò più a causa dei grandi contagi degli operatori dei trasporti su gomma e navali, questo intensificò i consumi di ortofrutta prodotta in Italia .
- Qual è il campo di azione dell’azienda?
Per quanto riguarda la commercializzazione del packaging lavoriamo solo con la Sicilia, perché i grossi costi di trasporto non ci consentono di essere competitivi oltre lo stretto di Messina. Invece per i semilavorati importiamo dall’estero, in particolare dalle Regioni Balcaniche e Est Europa e smistiamo i semilavorati su tutto il territorio nazionale.
- La guerra ha influito sull’azienda?
Indirettamente. Nostri colleghi del legno, non del packaging, che utilizzano le stesse tipologie di legno che in parte noi acquistiamo anche in Italia e loro acquistavano dall’estero, non potendo acquistare dall’Ucraina, Russia e Bielorussia, si sono riversati nel mercato nazionale. Hanno contattato i nostri fornitori per i semilavorati che noi usiamo per gli imballaggi ortofrutticoli, e vendendo prodotti di maggiore valore, per esempio pedane EPAL, hanno offerto prezzi maggiori. Così hanno fatto lievitare anche i nostri prezzi. Prima non ci scontravamo, ora molti Stati non esportano, e siamo tutti riversati nel mercato nazionale, quindi c’è una concentrazione della domanda che ha fatto alzare i prezzi.
- Qual è la sua idea per far sì che i giovani imprenditori rimangono sul territorio?
Il nostro territorio è votato per l’agricoltura ed il turismo (ingloberei anche quello gastronomico). Bisogna mettere delle regole per l’importazione, e ristabilire il consumo interno, come durante la pandemia, quando non entrando merci dall’estero, c’è stato un ritorno al kilometro zero.
- Che consegna vorrebbe dare a noi giovani?
Impegnatevi nello studio, perché la formazione culturale e la conoscenza delle lingua di una certa levatura sono fondamentali a prescindere, e anche a spettro internazionale. Però, non dimenticate le vostre origini. Da soli non potete tutto, è necessario un forte intervento della politica. È necessario un intervento concreto, iniziative che vi incoraggino a rimanere. Inoltre, dovreste avere una visione più chiara e più ampia della sostenibilità, della valorizzazione del nostro territorio e delle nostre culture. Il brand Sicilia è quotato molto a livello mondiale (pensate alla cucina, la dieta mediterranea). Il mio consiglio è di valutare di rimanere. Credete nella nostra terra e nel nostro territorio.
- Quale aiuto potrebbe dare lo Stato?
Innanzitutto, garantire la meritocrazia. Premiare chi sa e dà di più. Dare più merito ai giovani. Valorizzare e aiutare chi merita, non solo a parole, ma con iniziative concrete. Dopo l’intervista la classe è stata guidata dall’imprenditore all’interno dell’azienda, dove sono riposte le materie prime per gli imballaggi, per esempio tronchi di legno di pioppo di varietà ibrida con a grande capacità di accrescimento, e i semilavorati per il packaging.
*Classe IVF