Lentini, la presidente dell’Associazione italiana dislessia Enrica Bianchi incontra gli studenti dell’Istituto Moncada

Lentini, la presidente dell’Associazione italiana dislessia Enrica Bianchi incontra gli studenti dell’Istituto Moncada

LENTINI – “Parliamo di DSA” è il titolo della riunione formativa a cui hanno partecipato alcuni alunni dell’Istituto “A. Moncada”. L’incontro è stato tenuto dalla dottoressa Enrica Bianchi Presidente AID (associazione italiana dislessia) di Torino e formatrice AID e curato dalla professoressa Tommasa Maimone, referente dell’istituto e presidente provinciale AID di Siracusa. “Tutti noi riconosciamo che una delle caratteristiche della scuola italiana è l’attenzione all’inclusione – ha detto –  ma sappiamo anche che i nostri studenti con DSA vivono la scuola con grande fatica e spesso provano emozioni negative legate alla sensazione di impotenza, sentendosi meno intelligenti e meno capaci dei loro compagni. Il legame fra DSA e bassa autostima è conosciuto da tempo e mentre il ragazzo si confronta con i coetanei sulle proprie capacità mentali, il primo obiettivo degli insegnanti dovrebbe essere quello di riconoscere le capacità di ogni ragazzo. In tanti casi nel confronto con i compagni emergono solo le difficoltà e lo studente tende a vivere gli insuccessi come inevitabili e i successi come dovuti alla fortuna o al caso. Sovente hanno paura di fronte ad ogni situazione sconosciuta e l’autostima e l’autoefficacia risultano gravemente compromesse.  Una  studentessa di 17 anni  “a casa studiavo e studiavo, ma poi a scuola non potendo usare i miei strumenti non riuscivo mai a raccontare ciò che sapevo. Sicuramente pativo gli sguardi e i commenti dell’insegnante, ma mi ferivano di più i compagni che mi guardavano come se fossi tonta. Tra l’altro molte mie compagne sapevano che spesso saltavo gli allenamenti o le feste per stare a casa a studiare e sentivo su di me il loro giudizio: “Ma come dice che studia e poi non sa niente?”.  Proprio partendo da queste difficoltà, che noi adulti e docenti talvolta ignoriamo e non riconosciamo, sono stata chiamata a raccontare cosa vive uno studente con DSA, come impara, ma anche quali possono essere i suoi punti di forza e la sua unicità, irripetibile e ricca di valore. Ho anche provato a far capire ai ragazzi cosa vuol dire leggere con fatica, provare ansia di fronte a consegne molto semplici, non sapere come mai mi sono “messo nei guai da solo”. Insomma tutta la “fatica quotidiana scolastica” come racconta M, 14 anni, “appena entravo a scuola ero travolto dal senso di fatica, fatica a fare le cose e fatica nella relazione con i compagni. Come spiegare loro quali erano le mie difficoltà? Non trovavo mai le parole per raccontarle, neanche ai miei amici più cari con i quali ci conoscevamo dai tempi dell’asilo e che sapevano tutto di me, ma spesso non capivano”. Ci siamo posti, quindi, l’obiettivo di scalfire il muro della non comprensione, certi che se i compagni conoscono e provano concretamente le difficoltà legate alla disturbo possano allearsi con gli studenti con DSA, e diventare “tutor sul campo”.  Racconta S., 16 anni, “il momento più tragico è stato quando la prof ha deciso chi doveva essere il mio tutor, e ha scelto con sicurezza la compagna perfettina che più detestavo. Che liberazione quando ho potuto scegliere da chi farmi aiutare”. Abbiamo anche provato a far capire che gli strumenti compensativi per i nostri ragazzi non sono un vantaggio, ma un qualcosa di necessario. Racconta A, 15 anni, “tirando fuori la mappa o altri strumenti compensativi non solo dovevo subire le frecciatine dei compagni, ma ero io a disagio perché pensavo di avere dei vantaggi ingiustificati e strade più comode. Solo in DaD, dove li usavano un po’ tutti, ho capito meglio a cosa mi servivano e non solo a farmi sentire diverso”. In conclusione siamo tutti rimasti molto colpiti dall’attenzione e partecipazione dei ragazzi, dalla loro voglia comunque di provare e mettersi in gioco. E molti ragazzi, probabilmente con DSA, sorridevano quando venivano presentate le loro difficoltà anche come una ricchezza, forse si sentivano capiti e cercavano con lo sguardo solidarietà e accettazione. Mi auguro che questo incontro abbiamo facilitato la comprensione di cosa vuol dire essere uno studente con DSA sia nei docenti presenti sia nei compagni. Mi è stato, inoltre, riferito che in classe i ragazzi hanno continuato a confrontarsi e a discutere e questo è un bel segno di speranza anche per l’Associazione Italiana Dislessia che organizza continuamente incontri e formazioni proprio per diffondere una corretta cultura dei DSA”.

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