Con oggi inizia una serie di interviste a personalità del territorio e del resto della provincia per capire l’aria che tira e in che modo la nostra provincia possa assicurare un accettabile livello di sviluppo nonostante le varie criticità presenti e il Covid.19. Iniziamo questa serie di interviste ponendo alcune domande al Professore Ragazzi. Prima dell’intervista una breve scheda biografica dell’intervistato. Ha lavorato nel campo della Biblioteconomia con supporto informatico e nella gestione di Biblioteche multimediali. Attualmente insegna Filosofia e Storia presso il Liceo scientifico “Elio Vittorini” di Lentini e collabora da qualche anno con la rivista “Critica liberale”, oltre che con il periodico online Non Mollare. Nel 2014 ho pubblicato con Duetredue edizioni una raccolta di articoli con il titolo: “La Torre scalcinata: Lentini politica: 1993-2011”. Ed ora diamo la parola al Professore Ragazzi.
Lentini, oggi che città è?
“Oggi è una città spenta e sconvolta dalla pandemia. Ma anche prima non è che stesse molto meglio. Le occasioni d’incontro sono diventate, nel tempo, sempre più rare a causa del frantumarsi del tessuto sociale e delle chiusure individualistiche, il centro storico vive una condizione angosciante con le botteghe della piazza e della via principale chiuse al 90%, le casse del Comune sono vuote al punto da inibire anche l’offerta di servizi essenziali, l’economia è avvitata su poche attività macroartigianali e su una agrumicoltura in cui torna a prevalere il latifondo, anche se sotto forme diverse.”
Secondo te quando è iniziata la crisi delle nostra città?
“Tutto è cominciato con la chiusura della NUPRAL negli anni settanta, un grosso consorzio di produttori che, pur con tanti limiti, rappresentava comunque una risposta organizzata alla concorrenza e una possibilità per il piccolo di conferire il proprio prodotto. Dopo, l’agricoltura non è stata in grado di riconvertirsi e si è consegnata nelle mani di pochi grandi proprietari-commercianti che monopolizzano il mercato. E’ un processo che ha coinvolto tutta l’agrumicoltura siciliana, ma altre realtà a noi vicine come Scordia e Palagonia ne sono uscite molto meglio. Ovviamente la crisi dell’agrumicoltura è solo uno dei fattori dell’impoverimento progressivo.”
C’è concomitanza fra crisi del settore agrumicolo e crisi della città?
“Certo. La crisi agrumicola ha influito sull’indotto, sull’artigianato, sulle famiglie che hanno visto venir meno una risorsa che prima aveva consentito di pagare gli studi ai propri figli. La desertificazione e il diradarsi dei rapporti sociali e il piccolo commercio hanno poi ricevuto un colpo durissimo dal proliferare dei centri commerciali e – aggiungo – dalla stessa chiusura dell’UPIM che aveva rappresentato un grande polo di attrazione.”
Eppure Lentini ha persone di valore, perché, allora, non si riesce ad andare avanti?
“E’ vero. Molte responsabilità sono della politica che non è stata in grado di rinnovare la sua classe dirigente e i suoi metodi. Ma una responsabilità la porta la società nel suo insieme: un borghesia cittadina che – ad esempio – non ha compreso la sfida del cambiamento, si è chiusa in se stessa e ha visto emigrare i propri figli. Oggi non conosco famiglie che non abbiano almeno uno dei propri figli a lavorare nel continente o sparsi nel mondo. Considerando che si contano circa 5000 famiglie, sono non meno di quattromila i giovani, e quindi le energie migliori, che hanno lasciato la città.”
Il territorio fornisce un insieme di potenzialità che se ben utilizzate potrebbero invertire il trend….
“Questo è il vero nodo da sciogliere: come far si che possano essere messe a frutto una serie di potenzialità che esistono a partire dalla posizione geografica al centro di tre province, dalla possibilità di usufruire di infrastrutture (porto, autostrada e aeroporto) a pochissima distanza, fino alle risorse idriche derivanti dal lago. Questa è la domanda che farei ad un economista: come riscattare un territorio impoverito e un’economia stagnante in un contesto ricco di potenzialità. Tieni presente anche che nei prossimi anni arriveranno le risorse del recovery fund.”
Per me manca una visione della città, per te?
“Certo, manca una visione d’insieme e le risorse su cui sviluppare i progetti. Ma la visione non la può dare una sola persona e neanche un solo partito. Io aggiungo che non la può dare neanche la politica nel suo insieme. La politica da sola non ce la fa. Anche la migliore politica rimane invischiata in meccanismi, vincoli, comportamenti, ricerca di consenso che la distolgono dallo svolgere i compiti per cui è preposta.”
Siamo sicuri che sia colpa solo dei politici oppure si tratta di una crisi generale?
“Certamente la pandemia ha amplificato le criticità presenti nel territorio e non è detto che ne usciremo migliori. Tuttavia bisogna sperarci. E’ necessario uno sforzo corale, il coinvolgimento della società civile, non solo nelle associazioni, ma nei suoi snodi decisivi dell’imprenditoria economica, delle banche il cui sostegno è decisivo, degli enti locali che devono superare le loro lentezze e le loro divisioni. Non è più rinviabile ad esempio un’attività consortile dei tre comuni del circondario, quantomeno nella gestione di alcuni servizi essenziali e nell’utilizzo dei fondi UE. Tutto riparte dall’economia del territorio; non verrà nessun principe azzurro a salvarci e la politica su questo terreno ha fatto poco o nulla.”
Come ipotizzare un rilancio della città?
“Siamo veramente ad un bivio. Siamo messi in grado di fare tesoro degli errori del passato; ci sono risorse umane, intellettuali e professionali di tutto rispetto; è molto concreta la possibilità che si attinga a risorse mai avute negli ultimi 60 anni: dobbiamo farci trovare pronti, affidando le sorti della città ad una classe politica di alto profilo, onestamente impegnata a risollevare le sorti della città e del territorio.”