In trentasette anni di attività giornalistica, non mi era mai capitato che una persona amica si togliesse la vita: sono rimasto particolarmente colpito, e profondamente addolorato dal suicidio di un amico altruista, solare, generoso, educatore di tantissime generazioni di giovani, impegnato nel volontariato ecclesiale, sociale e in tantissime attività sportive. Sono rimasto sconvolto perché ha richiamato il buio della morte che è dentro di me, che è dentro ogni persona, a fianco della luce della vita. Lo avevo conosciuto, tantissimi anni fa, quando ho iniziato a seguire le vicende del territorio. Mi ricordo di tanti incontri con lui; parlando di tutto: dall’impegno sociale, a quello ecclesiale sportivo e del mondo della scuola. Agli inizi di questo 2020, poco prima dell’emergenza sanitaria avevano deciso di organizzare, insieme, qualche iniziativa culturale per i ragazzi, ma il Covid 19 ha fermato e bloccato tutto. L’ultimo incontro il 24 settembre, quando il sindaco di Carlentini ha riconsegnato la scuola Pirandello, alla presenza del dirigenti, dei docenti e in rappresentanza dei genitori, c’era Lui in qualità di presidente del Consiglio d’Istituto. Al termine della consegna l’intervista. Poi abbiamo parlato del più e del meno, con il suo volto scherzoso e solare, come sempre quando ci incontravano. Preciso che non voglio entrare in merito del caso, non ne ho gli elementi e non è il mio compito. Voglio semplicemente esternare il mio dolore e proporre qualche riflessione, molto elementare. Perché una persona si toglie la vita? Perché un uomo impegnato nella chiesa, nel sociale e nel mondo del volontariato, sceglie anche lui questa impossibilità? Mi rispondo che questa scelta può essere fatta quando tutto crolla intorno a sé, quando non si vedono possibilità di andare avanti umanamente parlando e la speranza, insieme alla fede e alla carità, si allontanano o non sostengono più in modo sufficiente.
Di fronte a episodi sconvolgenti nella storia, teologi e uomini di Chiesa parlano del «silenzio di Dio»: e questo non avviene anche in un credente, in un uomo con animo semplice e puro che non ce la fa più? Mi dico allora che nella vita, umana e cristiana, è fondamentale avere relazioni di affetto e di amicizia vere e profonde; avere persone che sanno ascoltare e accogliere il tuo dolore, la tua disperazione e che ti sanno sostenere. E queste relazioni sono particolarmente importanti per un uomo impegnato che non fa trasparire nulla, in questo momento storico dove il ruolo sociale e culturale nostro va ritrovato. E amaramente non posso che constatare che queste relazioni sono carenti: fra le stesse persone che guardano l’esteriore, troppo spesso i rapporti sono solo formali.
La formazione deve diventare anche, soprattutto direi, un cammino di crescita nelle capacità di ascolto reciproco, di sostegno reciproco, di empatia. Il Signore ci insegna che la compassione è, con l’amore materno e paterno, il sentimento del cuore del Padre: compassione che vuol dire capacità di soffrire con l’altro, di gioire, camminare, ascoltare e accogliere, come è, l’altro. E mi dico che il compito più urgente che professori, sacerdoti, religiose e amici è quello di essere fratelli maggiori che con gli amici iniziano questo cammino. Mi dico anche che forse il suicidio di un cristiano può essere un ultimo atto di grande speranza: di fronte al fallimento umano forse l’unica scelta, disperata, può essere di correre e rifugiarsi nella Casa del Padre, dove Cristo ci attende e ci ha preparato una dimora. E mi dico anche che spero profondamente che il Signore accolga fra le sue braccia il dolore e la disperazione del mio amico, consolandolo e avendo compassione di lui.
Ciao amico mio, oggi mi hai lasciato senza parole e ho faticato a scrivere, che i Santi Martiri Alfio, Filadelfo e Cirino, Santa Tecla e Santa Lucia ti accompagnano tra le braccia del Padre in Paradiso. Buon viaggio.
Salvatore Di Salvo