“Dare il massimo e non mollare mai. Oggi che sono allenatore, vorrei che tutti quanti fossero così com’ero io. Vorrei che tutti i miei ragazzi mettessero il mio stesso impegno e avessero il mio stesso temperamento. Ero esigente da calciatore e lo sono ancora di più, oggi, da allenatore”.
Se avessi scritto qualche anno fa’, probabilmente avrei esordito con: “parole e musica del capitano…”.
Ovvio lui rimane IL CAPITANO quello che tutta la Siracusa calcistica (ma non solo!) ha amato e ama. Quello che entrava per primo in campo ed usciva per ultimo. Quello che non si è mai risparmiato. Quello che correva e lottava più di tutti. Quello che ha sempre onorato la maglia. Sì dice così, no?
Uno di quei capitani, che sentiva il peso della fascia e la indossava con orgoglio. Un esempio per tutti.
Col capitano ho sempre avuto un bel rapporto, fondato sul rispetto, reciproco, della persona e, quindi, dei ruoli. Oggi, con Giovanni, a distanza di molti anni, quel rapporto è mutato, perchè non esistono più quei ruoli, ma è comunque splendido.
Lui sa già della stima che ho sempre avuto nei suoi confronti, sia per il suo essere atleta; sia per il suo essere uomo. Se vogliamo, una rarità, nel calcio moderno.
Sì Vero, ma tutto questo per cosa? Semplice.
“Perchè non bisogna mai, e sottolineo mai, accontentarsi. Non bisogna accontentarsi in tutto ciò che si fa’ e in tutto ciò che si vuole…”.
Ovvio è fondamentale contestualizzare: la condizione, la circostanza, gli interlocutori e l’ambiente sono da individuare sempre. Il denominatore rimane, comunque, lo stesso: determinazione al raggiungimento dell’obiettivo. Qualsiasi esso sia.
Non accontentarsi, perchè altrimenti si rischia di raggiungere un compromesso con se stessi che non sarà destinato a durare nel lungo termine.
Attenzione, il mio “non accontentarsi” è inteso in relazione alle proprie possibilità, alle proprie capacità, etc…
Essere esigenti con se stessi aiuterà, parlo per esperienza personale, ad uscire dalla zona confort; così come aiuterà a selezionare le persone di cui circondarsi. Aiuterà a raggiungere una sensazione di BenEssere psicofisico.
Chi mi conosce, almeno un po’, sa che il calcio è la mia metafora di vita.
Chi mi conosce sa, anche, che adoro fare gioco di squadra. Ed è proprio in quel gioco di squadra che pretendo il meglio da me stessa. Caratteristiche precise e predominanza su alcuni aspetti, ma…anche tanta adattabilità.
Voglio vincere sempre. Ma so, anche, cosa significa perdere (cadere). Il pareggio? Non mi accontento ma, in alcune circostanze, serve.
Non ho mai giocato a calcio se non per quel far squadra, da bambina, in cortile con gli amici di sempre.
E tu, ti ricordi quando si stava ore in cortile con gli amici? Gli anni più leggeri e più energici.
E se anche Tu, ricordi quei tempi li, quei pomeriggi a giocare con gli amici, torna (o continua) ad indossare la grinta di allora per pretendere il meglio da te. Per essere la migliore versione di te stesso/a. Sempre.
Grazie Capitano, ti auguro mille e più successi per la tua carriera. E domenica, sii super esigente con la tua squadra.
Ah, probabilmente questa è la più bella intervista che mi hai rilasciato!