Se Noto è quel gioiello che noi tutti conosciamo, questo lo dobbiamo anche a una società civile netina che si è mossa per tutelarla e salvaguardarla. Ecco dunque nascere nel 1970 l’ I.S.V.N.A. che in cinquantanni ha svolto un’azione davvero meritoria ed encomiabile sotto tutti i punti di vista per ed in nome di Noto. Si è occupata di ricerche d’archivio, di pubblicazione di saggi aventi come obiettivo far riscoprire Noto e Noto Antica, di sollecitare l’intervento delle autorità per la salvaguardia di Noto e tante altre attività. Tutto questo a testimonianza di una amore infinito per Noto e la sua nobile storia. Per comprendere meglio le attività dell’ I.S.V.N.A e Noto abbiamo intervistato il suo presidente, l’Avv. Francesco Balsamo (l’ultimo a destra della foto di copertina), che ringraziamo per l’estrema cortesia dimostrata nell’aiutarci a realizzare questo articolo.
Quando nasce l’I.S.V.N.A.?
“L’I.S.V.N.A. fu fondato con atto in notar Di Liberto il 28 gennaio 1970, e lo scorso anno ha
solennemente festeggiato quindi, al Teatro Comunale, il Cinquantenario di interrotta attività. L’idea era nata qualche anno prima, dalla suggestione riportata alla vista delle imponenti rovine del Castello Reale.”
Quali le sue finalità?
“Fino al 1998 l’acronimo significava “Istituto per lo Studio e la Valorizzazione di Noto Antica”. Poi, su mia proposta, essendo cresciuti il peso culturale e il numero dei Soci, vennero ampliati i fini statutari, per cui diventò “… di Noto e delle sue Antichità”
Quali attività svolge il vostro Istituto?
“Si iniziò con la pubblicazione della mia traduzione del “De Rebus Netinis” (opera fondamentale della fine del XVI sec.) e della “Breve notitia” del P. Tortora (che nel 1712 descrisse la Noto del Monte Alveria prima del terremoto del 1693 e il tragico evento dell’11 gennaio che la distrutte totalmente. Si passò anche al rilievo e e allo studio di alcuni ruderi monumentali dell’antica Noto (Castello Reale, chiesa del Carmine, chiesa dei Gesuiti), e si iniziarono le prime ricerche d’archivio, poi intensificate nel corso degli anni, così da permettere la celebrazione di ben 4 Convegni di alto livello scientifico, nel 1990 sul VV centenario della nascita di S. Corrado (con la partecipazione di eminenti studiosi di varie Università (da Cardini a Pellegrini, a D’Alessandro, a Fornaciari e tanti altri), nel 1998 (Sulla geografia storica dell‘agro netino), nel 2004 (su Noto nel ‘900: politica, società e cultura) e nel 2015 per il V Centenario della beatificazione di S. Corrado). Nel contempo venivano pubblicati, oltre l’Annuario “Atti e Memorie”, il periodico “Alveria” (oggi rivista bimestrale) e gli “Atti” dei Convegni, altri 28 fra volumi e opuscoli, fra cui il ricco “Dizionario Netino di Scienze Lettere ed Arti” che compendia le migliaia di notizie inedite emerse dalle ricerche, che hanno permesso di correggere ed integrare le poche desumibili dalle fonti letterarie. Ma non solo agli studi si è indirizzata l’attività dell’Istituto. Nel 1972 e 1974, e recentemente, dal 2017 ad oggi, sono stati promossi (grazie alla collaborazione col Comune, con la Soprintendenza di Siracusa e con l’Università di Napoli “Federico II”, e in parte finanziati, anche vari saggi di scavo a Noto Antica. Inoltre ci si è impegnati vittoriosamente, con grande dedizione, su gravi problemi della città, come quello della difesa del vasto territorio della città, insidiato dalle mire espansionistiche di altri Comuni.
Noto è un gioiello non solo da promuovere, ma anche da preservare…
“Sì, un gioiello prezioso e fragile perché il centro storico, costruito tutto nell’arco di 80-90 anni, tutto insieme presentò, alla metà del Novecento, segni preoccupanti di degrado, già messi in luce anche dal “Simposio sull’Architettura” del 1977 (con la partecipazione di Cesare Brandi e André Chastel) che costrinsero il Sindaco a lanciare un forte grido d‘allarme, e a transennare i più importanti monumenti del Corso V.E. Il terremoto del 13 dicembre 1990 fu per noi, per dirla con Manzoni, una “provvida sventura”, perché arrivarono fondi in abbondanza che permisero di mettere in sicurezza chiese e palazzi. Anche l’inaspettata sventura del crollo dell’interno della Cattedrale (non, come ancora si sostiene, della sola cupola!) è ormai un ricordo, con la ricostruzione, in appena 10 anni, del massimo tempio della città. Oggi Noto si presenta con il suo splendido volto conosciuto in tutto il mondo, come ha dimostrato fino a prima della pandemia, il rilevante afflusso di turismo internazionale, di cui ora si annuncia un vigoroso ritorno.”
Cosa rende così unica Noto?
“Penso la sua magnifica scenografia tardo-barocca, che ha saputo evitare ogni artificiosa ridondanza, ed è inoltre esaltata dalla sapiente esposizione di alcuni dei principali monumenti (S. Domenico, Palazzo Landolina, Cattedrale, Palazzo Vescovile, SS. Salvatore, S. Francesco) ai raggi dorati del meriggio. L’illustre prof. Giuseppe Giarrizzo ebbe una volta ad affermare che la nuova Noto, risorta dalle sue rovine, costituiva “una vincente sfida alla natura e alla storia”
Certo un punto caratterizzante della civica netina è l’originalità del suo impianto urbanistico…
“Certo, e per questo motivo illustri studiosi (basti citare C.G. Canale, S. Tobriner, P. Hofer, L. Dufour e M.Luminati) hanno dedicato alla città pregevoli saggi che hanno contribuito al prestigioso
riconoscimento come “patrimonio dell’Umanità” dell’UNESCO.”
Un altro punto di originalità è il referendum del 1698…
“Una pagina abbastanza curiosa, in effetti, che si spiega con i gravi contrasti insorti sull’abbandono
dell’Alveria e sulla scelta del nuovo sito della città, con il conseguente tentativo di coinvolgere l’intera popolazione. Ma sappiamo che l’esito non approdò a nulla: solo nel 1702 le lotte cessarono e il nuovo centro poté passare in pochi decenni, come si espresse Liliane Dufour “dalle baracche al barocco”
Possiamo dire che Noto è la città che ha espresso con Gagliardi, Sinatra e Labisi l’ultima grande stagione del Barocco a livello europeo?
“Non posso dirlo io, netino e innamorato della mia terra, ma penso lo si possa desumere da tutto ciò che ne è stato scritto dagli autori che ho citato.”
Quel caratteristico color oro della pietra rende indimenticabile Noto!
“La pietra di Noto, il calcare tenero che singolarmente si presta a consentire le più delicate membrature scultoree, è un po’ la nostra “croce e delizia” perché esalta meravigliosamente, con il sole del meriggio, come ho già detto, la stupenda bellezza delle fabbriche, ma è soggetta purtroppo, fino ad una certa altezza dal suolo, ad un lento sfaldamento, causato dagli agenti atmosferici e dallo smog.”
C’è nelle istituzioni la consapevolezza che Noto è una unicità?
“Questa consapevolezza è maturata lentamente, in ambito comunale, dagli anni ’70 in poi, accentuandosi sempre più negli ultimi tempi, specie dopo il “grido di dolore“ lanciato dal Sindaco Passarello nel 1987. E credo che anche la Regione ne sia oggi pienamente convinta.”
Per voi dell’ I.S.V.N.A. Noto è una sorte di Alma Mater…
“I dirigenti dell’Istituto avvertono, pur da semplici cittadini, di vivere in un posto unico, ma sanno anche che non ci si può limitare a contemplare le glorie del passato: occorre lavorare ad un futuro che sia degno di questo grande passato.”
Quali i progetti futuri dell’I.S.V.N.A.?
“Priorità assoluta, alla quale non cesseremo di dedicare ogni energia, è l’effettivo avvio della pubblica fruizione del “Parco Archeologico dell’Alveria” (Noto Antica), definito dall’Accademico dei Lince prof. Cagiano de Azevedo “un palinsesto archeologico unico al mondo”