SIRACUSA – E’ su tutte le piattaforme musicali online il primo lavoro discografico del musicista siracusano Chris Iemulo, in arte Don Chrisciotte. Un nome, questo «che parafrasando il Don Chisciotte di Cervantes – chiarisce l’artista – ho scelto perché credo sia importante, anzi necessario, che qualcuno sia pronto a battersi contro quelli che per molti sono solo mulini a vento». Non a caso “Demo Patia”, questo il titolo dell’Ep, racconta la quotidianità vista con gli occhi degli ultimi. «Di coloro i quali – ancora Don Chrisciotte – quotidianamente e in modi diversi subiscono il potere e i potenti di turno». Un racconto in musica e parole, quello dei sei brani dell’Ep, affidato a dialetto siciliano e chitarra battente. In quello che è ritorno e riscoperta delle origini. «Anzi delle mie radici musicali – precisa Don Chrisciotte – a cui approdo dopo un periodo di ricerca e di sperimentazione». Ha invece un doppio significato il titolo dell’Ep. «Con il termine “Demo” – spiega Don Chrisciotte – dall’inglese “demonstration”, ovvero campione dimostrativo della produzione di musicisti, intendo far riferimento a quella che è la mia opera prima. Ma “Demo”, dal greco dèmos, è anche tutto ciò che riguarda il popolo. E infine “Patia”, la mia passione. In una sola parola, la musica». E c’è tutto ciò – passione, impegno civile, denuncia – nel lavoro discografico di Don Chrisciotte. A partire dal brano di apertura dell’Ep, “Ccu si vaddò si sabbò”, letteralmente “chi si guardò si salvò”, un monito ripetuto come fosse un mantra. «Il mio monito – precisa Don Chrisciotte – che rivolgo a me stesso, ma non solo, perché “ognuno di noi deve continuare a fare la sua parte, piccola o grande che sia, affinché certi orrori non abbiano più a ripetersi”. E questo brano, questo monito, sono la mia piccola parte». Al centro del brano l’attuale condizione della Sicilia Sud-Orientale che «come altre terre – commenta Don Chrisciotte – è stata martoriata da appalti selvaggi. Da quartieri senza orizzonti. Da un’industrializzazione che ha assicurato un benessere fatuo, ricco solo di false e vane speranze. Che ha creato un sistema clientelare e corrotto. E che soprattutto ha cancellato con un colpo di spugna riti e tradizioni, creando la tipica capitalistica miseria culturale. Megara Iblea, Siracusa. Trentacinque chilometri di costa incontaminata, di mare cristallino e di terra fertile. Megara Iblea. Oggi terra avvelenata, martoriata da tumori e malformazioni. Terra che piange centinaia di vite spezzate». Ma nell’Ep ci sono anche i brani “Sugnu tirruni”, rivendicazione della “sicilianità” dell’artista e “Maliritti muschi” «il più politico dei sei pezzi» per dirla con le parole di Don Chrisciotte. Altre due canzoni, “Lu fattu” e “Curnulei”, appartengono invece alla tradizione antica. Si tratta cioè di testi popolari, tramandati dalla tradizione orale nel primo caso e trovati in una raccolta storica nel secondo, a cui Don Chrisciotte ha dato nuova vita, anzi letteralmente nuova musica. L’ultimo brano dell’Ep, “Dumani”, sull’incognita del domani che accomuna molti giovani, nell’arrangiamento musicale si discosta invece dagli altri perché qui le atmosfere si fanno più folk. Opera d’arte nell’opera d’arte, la copertina dell’Ep, un disegno originale dell’artista Gianluca Varone, rappresenta il Don Chrisciotte a cavallo che combatte armato della sua chitarra battente sullo sfondo del petrolchimico siracusano.