PALERMO – Proseguono le indagini scientifiche sullo scafo della nave romana del III sec. d.C ripescata a 150 metri dalla costa di Marausa. Dopo il primo step positivo delle indagini scientifiche e le applicazioni delle nanotecnologie su di una sezione portante delle assi in fibra di cellulosa che compongono lo scafo, adesso il GruppoArte16, coordinato da Giovanni Taormina e con la supervisione tecnica del Prof. Franco Fazzio, specialista in conservazione, si avvarrà dell’apporto del dipartimento delle scienze radiologiche dell’Università di Palermo, diretto dal Prof. Massimo Midiri e la sua équipe di specialisti in scienze della diagnostica di imaging ad alta specializzazione per procedere ad una ricognizione analitica strumentale e non invasiva su alcuni elementi provenienti da una sezione della nave romana di Marausa e, successivamente, sulla nave Punica. È la prima volta in Italia che vengono applicate le nanotecnologie per la stabilizzazione nel tempo su un relitto archeologico ripescato nei fondali marini, così come sarà la prima volta che su questa nave vengono eseguite delle applicazioni di diagnostica per immagini come la TC spirale e la RX digitale al fine di acquisire dati ed individuare eventuali cunicoli larvali o di possibili cellule dormienti di parassiti o spore che potrebbero riattivarsi e manifestare in seguito la loro presenza che potrebbe compromettere la stabilizzazione dello scafo in futuro. Dichiara l’assessore Sebastiano Tusa: “il percorso di ricerca che è stato intrapreso mirato all’individuazione di nuovi ed efficaci protocolli di conservazione di una classe di materiali di provenienza marina particolarmente delicati è un operazione di alto valore scientifico e, pertanto, mi complimento con gli esperti del GruppoArte16 che stanno operando attraverso un percorso progettuale dal valore scientifico assoluto che si arricchisce attraverso l’apporto del dipartimento di scienze delle radiologie dell’Università degli Studi di Palermo”.Il progetto della innovativa ricerca scientifica che il GruppoArte16 sta portando avanti servirà a fornire dati non solo per gli interventi di restauro e le applicazioni delle nanotecnologie, ma servirà ad acquisire dati fondamentali da inserire in un archivio a disposizione della Soprintendenza del Mare e dei ricercatori.Il progetto è eseguito sotto la supervisione e l’approvazione dell’Assessorato dei Beni Culturali della Regione Siciliana guidato dal Prof. Sebastiano Tusa e del capo del Dipartimento Generale dell’assessorato, Sergio Alessandro, del responsabile unico del progetto di recupero l’architetto Stefano Zangara e dell’architetto della Soprintendenza del Mare Enrico Lercara.