di Giuseppe Adernò
CATANIA – Nei libri di storia si legge che durante le “epidemie”, le guerre e lepesti,i cristiani si riunivano epregavano insieme, facendo novene, adorazioni e suppliche, come documentanoi testi liturgici delle molteplici “Messe in tempo di: terremoti; siccità e carestie; epidemie, guerre”.
Nel corso di questa tragica epidemia, con le chiese e gli oratori chiusi,sembra che molti abbiano accantonato Dio e i suoi Comandamenti, preoccupati ansiosamente della salute del corpo e trascurando il benessere dell’anima.
La Rai, che ogni mattina trasmette la Messa del Papa dalla cappella “Santa Marta”, il primo sabato della “fase 2”, nel silenzio assordante di messaggi e stimoli di religiosità, ha ripropostola lettura di “Dieci comandamenti” presentata dall’attoreRoberto Benigni.
Nel corso del lungo monologo, intrecciandobattute ironichee a volte dissacranti, l’attoreha ripetutopiù volte che il comandamento più gradito a Dio è il terzo: “Ricordati di santificare le feste” efa parte della prima tavola delle leggi che rende evidenteil rapporto tra Dio e l’uomo, dando segni di concretezza al primo comandamento:“Amerai il Signore Dio tuo”.
Chissà se qualcuno degli spettatori, sentendo tale richiamo, ha pensatoa come sono trascorse le 10 domeniche, chiusi in casa,sotto la coltre di paura e di timore di essere contagiati dal virus ?e poi ancora a come saranno le prossime domeniche, quando sarà concessoai fedeli di poter partecipare alla Messa, purvincolatidal numero chiuso e limitato dai posti distanziatie dalle mille prescrizioni che, seppurepreventive,ingabbiano e mortificano il significato spirituale del sacro rito.
Sono interrogativi che fanno prevedere un cambiamento di stile e di relazione tra la gente: l’era del “dopo coronavirus” fa presagire nuovi scenarifino ad ieri impensabili, mutate forme diespressione della religiosità e di comunicazione col sacro.
Il venerdì per i musulmani, il sabato per gli ebrei, la domenica per i cristiani, “giorno del Signore” nel ricordo della risurrezione, sono i giorni definiti di festa edi riposo, quasi a voler seguire l’esempio delCreatore che il settimo giorno, dopo aver creato il cielo, le stelle, il mare, la terra, gli animali, le piante e l’uomo, vedendo che“erano cose buone”, si riposò.
Il valore del giorno del riposo, lo shabbat, per gli ebrei, la domenica per i cristiani, è sacro, è un segno identitario, che il Governo non ha preso in considerazione, autorizzando le “messe coram populo” a partire da lunedì 18 maggio, come se la Chiesa fosse un normale esercizio commerciale.
E’ sconfortante constatare con quanta superficialitàil mondo occidentale ha abdicato ad unacosì pressante raccomandazione, formulata con l’imperativo “Ricordati”, quasi un promemoria costante che unisce le creature al Creatore.
Nel testo dell’Esodo si legge, infatti: “Ricordati del giorno del sabato per santificarlo…non farai alcun lavoro, tu, tuo figlio, tua figlia, il tuo servo, il tuo bestiame, il forestiero che dimora presso di te” e vien data come motivazione “perché il Signore ha benedetto il giorno di sabato e l’ha santificato”.
Rispetto ai giorni feriali, impegnati nel lavoro e nelle cose della terra,assoggettati allo strapotere dell’economia e del profitto a tutti i costi, al consumismo forsennato, la domenicadovrebbe essere dedicata a “saper guardare oltre la materialità”,a curare la dimensione dello spirito, a prendere coscienza di essere liberi e non schiavi,cogliendo anche delle positive occasioni per fare del bene.
La tradizione millenaria della Chiesa ha reso solenne e festiva la domenica,invitando i fedeli a “partecipare” e non soload “assistere” allacelebrazione eucaristica.
Non saràpiù “sufficiente”seguire la Messa in streaming o in Tv, soluzione adottata per l’emergenza della pandemia e che non potrà diventare prassi ordinaria.
Superato il difficile periodo dell’emergenza, la partecipazione attiva alla celebrazione della Parola e alla condivisione del Pane eucaristico,il contatto diretto con il Corpo di Cristo nella santa comunione, nondovrà più esseresurrogata dalla “comunione spirituale”, che è la pratica alla quale si ricorre quando si è impediti ad assumere la comunione sacramentale, com’è avvenuto durante la pandemiaper ilcoronavirus.
«Quando non potete avere il bene di comunicarsi realmente alla Santa Messa,si legge nel volume ”Introduzione alla vita devota”di San Francesco di Sales,comunicatevi almeno col cuore e con lo spirito, unendovi con un ardente desiderio a quella Carne vivificante del Salvatore»ed il gesuita Rodriguez aggiunge: «La comunione spirituale consiste nell’avere un ardente desiderio di ricevere l’adorabile Sacramento»
Adesso che non ci sono ostacoli alla soddisfazione del “desiderio”,la partecipazione alla Santa Messa dovrà riprendere il ritmo ordinario nella fedele osservanza delterzo comandamento e, com’è statopossibile bloccareper alcune settimane tutte le attività commerciali e sociali per l’emergenzaCovid.19, ogni cristianodovrebbe riproporsi una specifica prioritànelrestituire significatoe importanza al dovere di celebrare il “giorno del Signore”, così come raccomandato dal Decalogo.
Come afferma Mons Raspanti, vescovo di Acireale: “La salute del corpo è fondamentale, ma, per chi crede, la vita dell’anima ha un valore di gran lunga superiore” e quindi seguire la via del buon cristiano, osservare i comandamenti, è un dovere che non può essere oggetto di trattative, di protocolli e di condizionamenti, né tanto meno di paure.
Per evitare cheil mondo e la società restino ancora più bui e più tristi,occorre impegnarsi perché la rinascita morale si prerogativa irrinunciabile rispetto a quellasociale ed economica, ricollocando nella giusta gerarchia l’anima e il corpo, il benessere spirituale che sostienee rinforza il benessere materiale.
L’impegno di santificare la festaè la risposta generosa alla raccomandazione di un Dio “geloso”, ma che“usa benevolenza fino a mille generazioni“ percoloro che lo amano e osservanoi suoi comandamenti.