ROMA -Come coinvolgere i giovani nel volontariato? Un progetto e una ricerca offrono un contributo importante per chiarire il tema e offrire indicazioni alle associazioni. Il progetto GioeVo (Giovani e Volontariati), promosso dalla Convol e finanziato da Fondazione CON IL SUD, ha sperimentato un percorso per sensibilizzarli e coinvolgerli, accompagnandolo con un’indagine per rilevarne e monitorarne i risultati. Il progetto si è svolto in quattro regioni (Campania, Sardegna, Puglia e Sicilia) e ha coinvolto 16 istituti superiori e 36 associazioni. I risultati del progetto e della ricerca verranno presentati durante il seminario di riflessione a Roma, sabato 28 settembre 2019 (c/o CSV Lazio, Via Liberiana 17 (accanto a S. Maria Maggiore) dalle 10.30 alle 16.00. Interverranno Ermes Carretta, presidente ConVol; Emma Cavallaro, responsabile Progetto GIOeVO; Emmanuele Pavolini, dell’Università di Macerata, Giovanni Battista Sgritta, professore emerito dell’Università La Sapienza di Roma, e soprattutto insegnanti, studenti e associazioni che hanno partecipato al progetto. Il progetto GioeVo ha proposto agli studenti delle scuole superiori un percorso in tre tappe: inizialmente sono state presentate nelle classi le attività delle organizzazioni di volontariato del territorio; in secondo luogo sono state proposte esperienze di coworking nelle associazioni stesse, all’interno delle quali gli studenti sono stati accompagnati da un tutor e formati per svolgere attività di peer education (cioè educazione tra pari) su questi temi; infine è stato chiesto ai giovani di presentare ai compagni di classe l’esperienza di volontariato fatta, facendosi “propagatori” dell’esperienza stessa. Parallelamente, l’indagine ha coinvolto 720 studenti per mettere a fuoco gli effetti del progetto. Effetti che sono stati certamente positivi sui ragazzi che hanno fatto l’esperienza nelle associazioni e che hanno potuto così vedere crescere, oltre alla propria civicness (cioè l’orientamento civico), la percezione di essere informati sul volontariato a scuola, un atteggiamento positivo verso il volontariato, il coinvolgimento e l’orientamento a fare volontariato in futuro. I ragazzi infatti si sentono informati e si dicono disponibili in percentuale molto più alta dei loro compagni che non hanno fatto la stessa esperienza, e questo sia nel breve che nel lungo termine. L’esperienza nelle associazioni, tra l’altro, ha permesso loro di costruire anche dentro la scuola contatti e relazioni con altre persone coinvolte nel volontariato, e queste relazioni si sono mantenute anche alla fine dell’esperienza. L’effetto peer è invece più sfumato: evidentemente la capacità dei ragazzi di trasmettere la propria esperienza non è stata sufficiente a cambiare gli atteggiamenti. Gli aspetti positivi sono evidenti sul piano della civicness, cresciuta anche negli studenti che non hanno fatto l’esperienza di coworking: e questo è importante, perché lo sviluppo di un orientamento civico positivo, è comunque il presupposto per una disponibilità all’impegno. Ci sono aspetti positivi anche riguardo la percezione di essere informati sul volontariato a scuola (più alta a breve termine, in calo a medio termine): questo significa che c’è stato un confronto, una discussione in cui si sono sentiti coinvolti. Dall’altra parte, gli effetti della comunicazione tra pari non ha fatto venire voglia di coinvolgersi attivamente nelle associazioni. Altri aspetti interessanti emergono dalla lettura dei “Diari di Bordo” che i ragazzi hanno compilato durante il progetto, per raccontare la loro esperienza. Qui hanno dichiarano di avere acquisito competenze trasversali e di avere imparato che cosa è un’associazione, cosa significa essere volontari, cosa vuol dire sentirsi responsabili, come si devono gestire le emozioni quando si lavora con le persone fragili, e di essere gratificati dalle relazioni instaurate tra pari, con gli utenti delle associazioni e con i tutor. «In generale, possiamo dire che offrire ai giovani la possibilità di entrare in un’associazione per fare un’esperienza viva, anche se limitata nel tempo, rimane la via privilegiata per coinvolgere i giovani, i quali poi possono trasmettere la loro esperienza ai compagni, favorendo la sensibilità e la conoscenza del volontariato, anche se poi anche i compagni hanno bisogno di un’esperienza più determinante», commenta Emma Cavallaro, responsabile del progetto GioeVO. «Occorre dunque costruire rapporti sistematici e continui fra scuole e organizzazioni di volontariato, per offrire percorsi più articolati. E, naturalmente, sullo sfondo resta l’impegno, da parte delle associazioni, per accogliere e formare gli studenti con cui entrano in contatto». Per quanto riguarda il senso del progetto, secondo Emma Cavallaro, la speranza è che «i giovani che hanno fatto questa esperienza abbiano capito correttamente cosa è il volontariato e soprattutto che esso, prima di essere una disciplina, prima di essere una tipologia di attività, è una categoria dello spirito». I risultati del progetto e della ricerca sono stati pubblicati in un volumetto intitolato “Giovani e volontariati”. La versione elettronica di può scaricare dal sito www.gioevo.org, a questo link: https://docs.wixstatic.