Siracusa, La cultura popolare

Siracusa, La cultura popolare

Qualche tempo fa in uno dei miei soliti giri per gli amati Iblei mi imbattei in una fornitissima  libreria di Noto in un libro al dir poco meraviglioso. Si intitola “La Cultura Popololare”, a cura di Massimo Papa ed edito da Luigi Lombardi. Il tomo è stato possibile grazie al finanziamento di Unione Europea, Regione Siciliana, Leader+, Gal Val d’Anapo e Gal Leontinioi. Scorrendo le pagine del corposo volume – 368 pagine – ci si accorge della incredibile cultura popolare che pervade l’intero territorio siracusano ed ibleo. Come non parlare della varietà impressionante del lavoro agropastorale qui praticato? Il frumento, il grano, l’ulivo, l’arancia, la cultura zootecnica e tanto altro ancora. Per ogni tipologia si spiega fin nei minimi dettagli la procedure, le tecniche, le varietà e l’aspetto antropologico collegato a quella determinata pianta o cereale. Ad esempio l’ulivo viene definito “l’albero degli Dei”! Ma non si finisce qui. Si parla diffusamente del miele e delle caratteristiche precipue della sua coltivazione che hanno reso il nostro miele famoso in tutto il mondo. Mi riferisco a quello di Sortino. Un corposo capitolo è destinato al rapporto atavico dell’uomo ibleo con le acque. Acque intese come fiume. E qui abbiamo un magnifico scritto sull’Anapo (in greco, il fiume invisibile). C’è poi il lavoro secolare dell’uomo con il bosco e i mestieri ad essi collegati. Lo sapevate che sugli Iblei si coltiva il sughero? Come non dimenticarsi della coltivazione della canapa e del lino nel fiume Anapo. Attività antichissima e piena di fascino. Il Bieviere ha costituito un altro centro nevralgico delle attività umane nella nostra provincia. La pesca. Le piantagioni di riso attorno. L’agricoltura di qualità. Un microcosmo all’interno di quel grande cosmo che è la provincia aretua. Abbiamo i mulini e i mulinari che producevano il grano per l’alimentazione. Inoltre il complesso sistema idrico che collegava i corsi d’acqua, i canali e i mulini in un mondo unico ed affascinante. Interessanti le note sulle famiglie che detevano i succitati mulini. Autentici spaccati di una società che purtroppo non esiste più. Note preziose di storia da tramandare perché è lì che risiede la nostra cultura. Una cultura da non dimentica e anzi rivalutare. Ampio spazio è destinato alle tecniche e lavoro nel mulino ad acqua. Un parte del libro che ti fa scoprire quanto fosse essenziale l’acqua dalle nostre parte per svariati motivi per lo più essenziali e vitali. La muratura e le architetture rurali svolgono un ruolo essenziale nel paesaggio agricolo e territoriale del siracusano e dei monti iblei. Qui regna incontrastata sua regina la pietra che è il materiale principi per ogni tipo di costruzione sia esso civile che produttivo. Tutto girava attorno alla pietra. Come non dimenticare le neviere di Buccheri o i murassiccari di Canicattini bagni? Aggiungiamoci il Liberty sempre di Canicattini Bagni. I pastori aveva un bel spirito artistico e producevano manifatti artistici che anche se semplici denotavano il loro attaccamento alla terra e davano un senso antropologico alla loro vita. E poi la pittura, la scultura e il ferro battuto per la costruzione del mezzo di locomozione per eccellenza parecchi decenni fa, ossia il carretto della Sicilia orientale. Anche i segni del sacro hanno una loro importanza capitale perché rappresentano l’anima di un popolo. Quindi, chiese, cappelle, presepi, edicole votive, le stampa devote, i conventi e un insieme di costruzioni sacre che hanno il potere di farci comprendere l’animus del popolo ibleo. Da non dimenticare l’arte della tessitura con notevoli esempi a Sortino, Di notevole impatto era il settore riguardante i mobili e i gioielli popolari che dimostravano la perizia dei maestri artigiani nel plasmare opere uniche e preziose. Uniche e preziose in quanto espressione di una diffusa sensibilità artistica e del bello. Per non parlare delle tradizioni popolari dove las nostra provincia eccelle cone feste patronali memorabili quali S. Paolo e S. Sebastiano a Palazzolo, S. Alfio a lentini, S. Sofia a Sortino, S. Domenico ad Augusto e così via discorrendo. Qui si tocca la vera anima del popolo siracusano e ibleo. Mediante le feste la gente dei luoghi mette in mostra le proprie credenze, la propria federe e il proprio attaccamento al santo. Le feste dei santi non sono semplici feste, ma sono la festa per eccellenza della città che nell’abbaccio con il santo riannoda il legame fra territorio, santo e comunità. Poi c’erano le novene, il carnevale e tante altre celebrazioni e feste ad indicare una certa vivacità sociale. A ciò si collega il mondo del giocattolo e del magico. Allora nonc’erano le previsioni del tempo e ci si affidava a modalità attinenti ad un’attenta osservazione del tempo e a certe filastrocche che indicavano alcune dinamiche del tempo. Poiché non era uso scrivere per via del diffuso analfabetismo ci si riferiva agli usi, ai costumi e alla letteratura orale che racchiudevano la cultura popolare e locale di allora. Un mondo affascinanate andato quasi del tutto perso se non ci sono stata l’ora di alcune persone come Antonio Uccelllo  che si sono prodigati a preservare tutto un mondo che rischiava di scomparire del tutto. E naturalmente non si poteva finire che con la gastronomia dove la nostra provincia eccelle. La pasta martorana. Il maiale. La gallina ripiena, il cibo di natale. Infine i musei etnoantropologici che sono i sacelli dove si conservano gelosamente le succitate perle del passato in modo che l’uomo presente possa capire come era il mondo svariati decenni fa. Un libro da avere perché riguarda noi stessi e la nostra stessa identità come popolo siracusa ed appartenente all’area iblea.

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