SIRACUSA – Con una citazione di Dante e la pena del contrappasso per i corrotti nella sua Divina Commedia Stefano Zito, ex componente regionale della Commissione Antimafia e deputato all’Ars, ha aperto il convengo dedicato a “Mafia e Politica” di cui è stato moderatore e organizzatore al salone Papa Giovanni Paolo II a Siracusa. Relatori d’eccezione Gian Carlo Caselli, ex procuratore di Palermo, Guido Lo Forte, ex procuratore di Messina, Nicola Morra, presidente commissione parlamentare Antimafia nazionale e Antonino De Luca, componente commissione regionale Antimafia. “Gli intrecci della mafia con imprenditoria, politica ed economia hanno permesso a certi organismi criminali di impossessarsi di aree della nostra terra, di certi processi”, ha esordito Stefano Zito, deputato regionale all’Ars.Mafia e politica si contendono gli stessi territori, per cui o si contendono o si compattano, ha sottolineato Antonino De Luca, componente regionale della Commissione Antimafia: “La mafia nel tempo – ha affermato De Luca – si è affinata nel tempo, partendo però sempre dal controllo del territorio e si interfaccia con i vari livelli, andando a offrire il proprio pacchetto di voti perché una volta che è dentro riuscirà a condizionare elementi politici e burocratici.La mafia senza la politica non conterebbe quanto conta ma dall’altro quando le cosche si trasformano in comitati elettorali agevolano certe cose”. I primi anni ’90, quelli più caldi in cui il potere di condizionamento della mafia era ancora più forte, sono stati analizzati dagli altri ospiti allargando anche a livello nazionale. Antonino De Luca ha elaborato un excursus storico degli anni d’oro in cui gli intrecci e i rapporti tra mafia, politica, imprenditoria ed economia hanno una crescita esponenziale. E poi il “sistema Montante”, contro cui non ci si poteva ribellare perché investiva tutte le figure. “Esserci sempre e comunque, decidere l’esito dei processi democratici e condizionare, a volte ci riesce, altre no, dipende dalla fallibilità dell’essere umano. La mafia ha una strategia che muove dagli interessi che si adatta ai tempi. Se la politica volesse schiacciare la mafia, probabilmente in 10 anni ci riuscirebbe”, ha concluso De Luca.
Un lungo applauso da una platea gremita, tra cui era presente il sindaco di Palazzolo Acreide Salvatore Gallo come unico rappresentante delle istituzioni locali, ha accolto l’intervento di Gian Carlo Caselli e, a seguire, di Guido Lo Forte, i quali la mafia l’hanno combattuta da dentro con coraggio e onestà morale e professionale. “Sono davvero onorato di questo invito e di sentirmi ringraziare a nome di una intera generazione – ha affermato Caselli rispondendo ad alcune domande poste da Stefano Zito – Cultura, finanza, istituzioni, politica, imprenditoria, economia sono la spina dorsale del potere mafioso e ne spiega la forza di circa due secoli. Quando Lo Forte e io abbiamo scritto il libro “La verità sul processo Andreotti”, il popolo italiano, inconsapevolmente e in buona fede, era convinto che l’onorevole Andreotti fosse innocente. Da parte sua, invece, c’è stato un contributo non effimero, al contrario, molto forte”. Caselli, ex procuratore di Palermo, ha delineato un quadro generale dei rapporti tra mafia e politica e ha spiegato in che posizione e secondo quali modalità tale connubio si collochi nel “sistema delle fonti” del potere mafioso.
“La delegittimazione è sempre la più potente delle armi. Così si distrugge l’antimafia, perlomeno quella vera, quella più pericolosa. Nei confronti del Pool antimafia di Falcone e Borsellino si scatenò un attacco mediatico su più fronti, di immani proporzioni, con accuse di politicizzazione e di uso abnorme degli strumenti giudiziari per fini personali di potere. Cosa accadde all’epoca del suo insediamento presso la Procura di Palermo e durante gli anni del suo operato? Si verificò un analogo “linciaggio” mediatico-politico? Quali furono gli effetti sulla sua carriera e su quelle degli altri magistrati che lavoravano con lei?”, queste le domande che Stefano Zito ha posto all’ex procuratore Caselli: “La delegittimazione di Falcone e Borsellino ha avuto degli effetti dirompenti su tutti i livelli. Io c’ero quando si sventolava l’articolo di Leonardo Sciascia, al quale così gli avevano fatto credere e il quale aveva battezzato Borsellino come “antimafia”, come se andasse a cercarsi i processi antimafia per fare carriera. Ci sono dei prezzi che si devono pagare quando si svolge il proprio dovere, e non soltanto con la vita e col sangue come è successo a Falcone e Borsellino. Un prezzo pesante lo ha pagato anche Guido Lo Forte, il quale ha condotto le indagini sulle dichiarazioni dei pentiti che portano al processo al sette volte presidente del Consiglio Giulio Andreotti”.
Perché a distanza di oltre un ventennio dalle stragi del 1992 (Capaci e via D’Amelio) e del 1993 (Firenze, Milano e Roma) resta ancora in primo piano la questione della criminalità organizzata? La mafia costituisce una semplice “anomalia” del nostro Paese o, piuttosto, consiste nella esplicazione di un modello di sviluppo inquinato e inquinante che frena e ostacola lo sviluppo del Mezzogiorno e, più in generale, del nostro Paese? In che cosa consiste attualmente la politica antimafia e quali sono gli strumenti per spezzare il legame mafia-imprenditoria-politica? A queste domande ha risposto Guido Lo Forte: “Le stragi furono una vera tragedia nazionale, a seguito della quale si pensò che le coscienze fossero definitivamente scosse, pensiero che per qualche tempo si rivelò efficace. Ma ciò che si sperava fosse scomparso riprende e l’orologio torna indietro nel tempo. Dopo le stragi si ritorna gradualmente a quel sistema. Chi lo ha più efficacemente descritto è il generale Carlo Dalla Chiesa, il quale aveva definito “polipartito della mafia”, espressione indovinata e preziosa perché fa capire che esiste un sistema di potere trasversale che passa attraverso i partiti, l’economia e pian piano si ricrea dopo le stragi e di cui, ancora oggi, se ne sentono gli effetti. Dalla trasparenza siamo passati all’occulto, a zone grigie”. Dare un occhio al sistema Siracusa che si sta allargando e puntare i riflettori su certi processi è ciò che ha sottolineato Stefano Zito introducendo l’intervento di Nicola Morra, il quale a margine del convegno ha annunciato che la commissione potrebbe essere presto in città. “Esiste davvero un sistema Siracusa? Secondo noi esiste un sistema Italia in cui Siracusa si è inserita – ha commentato Nicola Morra – Noi non abbiamo il coraggio di affrontare certe verità come quella per cui Giulio Andreotti è stato riconosciuto in associazione a delinquere di stato mafioso fino a una certa data. Però sul web possiamo trovare delle immagini in cui il suo avvocato difensore esclama “Assolto, assolto, assolto!”. Questi sono processi di deresponsabilizzazione. Noi italiani abbiamo mai avuto questa volontà di arrivare a verità e, anche oggi, la vogliamo? Nessuno deve avere paura di coprire ciò che possiede con un presunto diritto alla riservatezza, e se lo fa è forse perché quello che si ha proviene da traffici illeciti. Per sconfiggere le mafie dovremmo essere più radicali in alcune scelte, anche perché in questo modo cambierà la nostra mentalità che è la strada da seguire per salvare il nostro Paese. Se tutti investissimo in conoscenza potremmo avere risultati più floridi per schiacciare i parassiti della mafia”, ha concluso Nicola Morra.