Siracusa, Roberto Fai incontro con la filosofia

Siracusa, Roberto Fai incontro con la filosofia

Di recente il Professore Roberto Fai ha pubblicato un saggio molto interessante e che attira per le l’originalità del soggetto. Il titolo dell’opera è “Pastorale Arcadica. Per un Regno Giusto”. Il punto di partenza è l’Arcadia aspra e montuosa regione del Peloponneso. Come molti di voi sapranno il poeta latino Virgilio vi ambientò “Le Bucoliche”. Il saggio è una riflessione su un saggio di Monica Ferrando sull’argomento. Una straordinaria ricerca sull’Arcadia dove mediante un profondo scavo storico-letterario e filosofico-politico la regione del Peloponneso rivela il suo volto inedito e dirompente, allegorico e metaforico. “Pastorale arcadica. Per un Regno giusto” è nato come un pensiero di ringraziamento, una sorta di continuazione/prosecuzione della raffinata e originalissima ricerca della Ferrando, con l’intenzione di offrire alcuni spunti teoretici in cui il plesso “natura/storia” prova a parlare al nostro presente.

Chi è il Professore Roberto Fai? Ha curato, insieme a Pietro Barcellona e Fabio Ciaramelli, il volume “Apocalisse e post-umano. Il crepuscolo della modernità” (2007); con Mimesis ha pubblicato i saggi “Genealogie della globalizzazione. L’Europa a venire” (2009) e “Frammento e sistema. Nove istantanee sulla contemporaneità” (2013). Nel volume di Jacques Derrida, “Tentazione di Siracusa” (a cura di Caterina Resta, 2018), è presente una sua postfazione dal titolo La “fraterna inimicizia” tra filosofia e politica.

Mi puoi spiegare la genesi del saggio?

“Questo saggio nasce dalla suggestione evocata dalla lettura del corposo volume (620 pagine) di Monica Ferrando (filologa, filosofa e pittrice), Il Regno errante. L’Arcadia come paradigma politico, per l’estrema novità dei temi. Dall’idea di un’ampia recensione, sono passato ad una sorta di “commento a piè di pagina” alla sua straordinaria ricerca.”

Quali meccanismi ti hanno portato a ideare un tiolo come “Pastorale Arcadica per un regno giusto”?

“Il titolo voleva alludere al plesso Arcadia e “vita pastorale”, che ha connotato nel mito la forma di vita degli arcadi dediti alla pastorizia, anche con le suggestioni che le Bucoliche di Virgilio hanno tramandato alla cultura.”

Possiamo considerare la trama del saggio come un viaggio iniziatico?

“Sì, la trama del saggio è una sorta di iniziatico viaggio di risalita alle origini della civiltà occidentale, alla Grecia delle origini, in cui l’Arcadia raccontataci dal Periegeta Pausania nella sua Guida della Grecia è solo un punto di partenza, insieme a altre fondi storiche e culturali.”

L’idea di Dike/Giustizia cosa vuol significare?

“Gli Arcadi, proprio per lo stretto legame con la natura hanno esperito un forte legame con l’idea di “giustizia” (Dike), la loro “forma di vita” – nelle diverse città che componevano questa aspra regione montuosa del Peloponneso – è stata intrecciata ad un rispetto dell’antico Nomos divino (che noi oggi tradurremmo in “Legge”, ma che ha un forte legame con un rinvio ad una dimensione divina dell’idea di Dike, cioè giustizia), cui la ripartizione egualitaria del frutto del loro lavoro (pastorizia) dava vita a relazioni comunitarie lontane da logiche di tracotanza. Ciò ha fatto sì che l’Arcadia fosse lungo i secoli una sorta di mito sempre risorgente, un’utopia.”

In che modo il nomos si inserisce nella storia della civiltà ellenica?

“Via via il Nomos si “secolarizza”, si sradica dal legame quasi diretto all’idea di Dike e andrà significando sempre più il carattere di legge, di norma, e ciò accadrà – ma già la tragedia greca lo attesta: basti pensare all’Orestea di Eschilo o all’Antigone di Sofocle – con l’affermarsi della potenza di Atene, che possiamo considerare come la polis speculare, contrapposta alle polesi arcadiche: come se tra “natura” (l’Arcadia) e “storia” (Atene), non poteva che essere quest’ultima la dimensione che avrebbe scandito la potenza espansiva e la trama di trasformazione epocale della “forma-di-vita” delle comunità umane lungo i millenni. Ecco il mio saggio prova a scavare – con un approccio filosofico – su questo nodo dilemmatico, natura e legge, possa trovare per il tempo a venire la sua nuova ridefinizione.”

Che figure sono Ermes e Pan?

“Ermes e Pan sono figure centrali, innanzitutto mitiche, perché il mito, per i greci, è costitutivo dei processi di conoscenza e di iscrizione stessa della vita delle popolazioni dentro le vicende e le diverse figure mitiche. Su loro non posso che rimandare al saggio nel capitolo che li riguarda, perché attraverso le loro presenze si snodano vicende e storie di grande suggestione e allegoria che si trasferiscono nell’epoca cristiana, attraverso episodi e storie, raccolte da testi di letterati del tempo.”

Come arrivi a Virgilio?

“Beh! È un esito non solo scontato, ma tutta la mia ermeneutica è costruita sul rapporto tra Platone e Virgilio, lungo un fil rouge che li tiene insieme pur su fronti diversi. È noto a tutti che Virgilio, poeta e cantore dell’Occidente, ambientò le sue Bucoliche in Arcadia. Quella vita pastorale degli Arcadi, a stretto contatto con la natura, per Virgilio ha un potente significato simbolico ed anche politico, perché ad un Virgilio disgustato dai fatti di guerra del tuo tempo nell’epoca romana, consentono al poeta, attraverso i suoi paesaggi e i suoi pastori della reale e mitica Arcadia di significare un potente gesto politico di pura poesia, quasi a rovesciare la clessidra della storia offrendo una lettura del tempo umano vicina quella di Platone nei Nomoi [Le Leggi] e di Lucrezio, «a sua volta grande poeta pastorale», che nel V libro del De Rerum natura descrive uno stato di felicità arriso agli esseri umani prima che la tracotanza del piacere e del potere li corrompesse. Ecco, è come se – dentro una forte immagine allegorica e analogica – sia Platone che Virgilio con il loro pensiero e poesia del loro tempo hanno provato a mettere l’umanità di fronte all’enorme “ingiustizia” (l’ingiusta uccisione di Socrate ad Atene) che da millenni scandisce le comunità umane, strette nel prevalere di una “Hybris” (tracotanza) del potere e delle forme del potere. Così come il rapporto “natura/storia”, oggi così tremendamente alterato dal dominio della “artificialità” che l’uomo ha raggiunto – e faccio un accenno all’attuale pandemia del Covid: non è urgente ricostruire un nuovo paradigma tra natura e tecnica, produzione e ambiente per le nostre “forme-di-vita” minacciate da tali inediti rischi? –, ci comunica che le nostre società devono saper trovare una via di uscita per assicurare alle nuove generazioni un futuro.”

Diotima rivela agli ateniesi la verità sull’Eros, perché?

“La figura di Diotima è centrale nel saggio perché lei è sia una figura mitica, profetessa e sapiente, ed è abitante di una città arcadica, Mantinea, colei che nel Simposio di Platone, come Socrate racconta, aveva svelato a quest’ultimo nascita e natura di Eros, “Amore”. Davvero significativo ed emblematico che in una cena di uomini colti della Grecia, riuniti per discettare su cosa sia l’Eros, a svelare natura sia il racconto di una donna, e di una donna proveniente dall’Arcadia: anche questo, credo, un elemento, suggestivo che provo a svelare nel mio libro.”

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