di Renato Marino
Negli anni, ho “attraversato” questa società, da cittadino, da docente, da rappresentante delle istituzioni, da volontario, da educatore, da padre, da collaboratore di alcune testate giornalistiche (“La Sicilia”, “Libertà”, “La Notizia”, “La Città”, “Radio una voce vicina” e ancora altre) ed ho vieppiu’ rafforzato l’idea (grazie ai fatti di cronaca) che il vero alleato della mafia è proprio l’antimafia di facciata, fatta di “professionisti del settore” che hanno fatto (a volte anche dentro le istituzioni) carriere eccezionali, acquisendo posizioni di grossa rendita (in tutti i sensi), sostanzialmente senza mai schierarsi concretamente contro la mafia (se non nel solo pronunciamento di intenti e/o nelle manifestazione pubbliche ad hoc predisposte). Cavalcando, al contrario, l’apparato radicato dell’antimafia parolaia, autoreferenziale e dispensatrice di “patenti di legalità”. Oggi, quindi, ancora di più di ieri, non riuscirei bene a definire la vera linea di demarcazione tre mafia e antimafia, soprattutto dopo che si è anche consolidato (processualmente) il legame(la trattativa) tra STATO e MAFIA (nelle stragi del ‘92 e del ‘93) e, ancora di più, dopo le dichiarazione di Fiammetta Borsellino sul presunto ruolo, financo, di qualche giudice, rispetto alla strage di via D’Amelio. Quindi, ogni cosa può essere l’una e l’altra allo stesso tempo, pur apparendo assolutamente inconciliabili, completamente distanti. Malgrado ciò, continuo a credere nelle istituzioni e in quella giustizia onesta fatta di magistrati seri ed integerrimi, così come a quegli uomini, rappresentanti delle forze dell’ordine, al servizio della legalità e della tutela del cittadino, che ogni giorno credono in quello che fanno, con i rischi del caso. Così come credo, incondizionatamente, ai tanti giovani e alla loro voglia di libertà, di slancio emotivo e all’amore che provano per la questa terra, tanto da non sottostare al dato empirico che, molti della mia generazione, hanno pedissequamente accettato: “portarsi i catti o pettu”. Meglio, allora, per non sbagliare, ripassare la “lezione” di fra Guglielmo ad Adso, quando i due (in “il nome della rosa”) si separano definitivamente, dopo aver vissuto, in prima persona, un’esperienza, attorno alla quale, non era stato facile comprendere la vera linea di demarcazione tra il bene e il male: “Tu hai vissuto in questi giorni, mio povero ragazzo, una serie di avvenimenti in cui ogni retta regola sembrava essersi sciolta, ma l’Anticristo può nascere dalla stessa pietà, dall’eccessivo amor di Dio o della Verità, come l’eretico nasce dal santo e l’indemoniato dal veggente, e la verità si manifesta a tratti anche negli errori del mondo, così che dobbiamo decifrarne i segni anche là dove ci appaiono oscuri e intessuti di una volontà del tutto intesa al male”.